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Sanità regionale, Pd: “svelate le menzogne elettorali del centrodestra”

Redazione Abruzzo di Redazione Abruzzo
28 Febbraio 2025
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Avezzano. “Nel giro delle ultime due settimane è emerso definitivamente il quadro oggettivo, reale, terribile,  dello stato della sanità abruzzese, denunciato e documentato dal governo e da tutti i centri studi  italiani. Terzultima per qualità dei servizi erogati, la Regione Abruzzo viaggia con un debito di  quasi 200 milioni di euro e nel giro di pochi anni il saldo tra mobilità attiva e passiva è arrivato a  ben 108 milioni di euro”. Hanno dichiarato Massimo Cialente, coordinatore Tavolo Sanità PD Abruzzo, Valentino Grossi, coordinatore Tavolo Sanità PD Abruzzo ed Emanuela Di Giovambattista coordinatrice Segreteria Regionale PD Abruzzo.

 

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“In dodici mesi, svelate le menzogne elettorali del centrodestra, emerge l’allarme per una crisi della  sanità inarrestabile, provocata dall’assoluta incapacità dell’accoppiata Marsilio-Verì e dei vertici  dell’assessorato e delle ASL. Allarme che dovrebbe essere condiviso da tutti gli abruzzesi, a  cominciare dalle classi dirigenti, operatori sanitari, semplici cittadini, che non dividendosi più,  finalmente, in tifosi di questo o quello schieramento, si mobilitino per recuperare un servizio  sanitario regionale che è alla base della vita e della sicurezza di ciascuno di noi e dei nostri cari. Le cause di questo tracollo sono certamente il definanziamento progressivo del Fondo sanitario  nazionale e il blocco delle assunzioni, che sono di responsabilità del governo nazionale, ma in Abruzzo perché la situazione è precipitata in pochi anni, con una retrocessione rispetto alle altre  regioni che patiscono egualmente i guasti della politica sanitaria nazionale? Mancanza di scelte  chiare, di qualsiasi programmazione, di un’idea di rilancio, di efficacia ed efficienza di tutti i  servizi, di recupero delle risorse. Risorse già scarse, gravate da sprechi, inefficienze, clientele che  hanno provocato un deficit finanziario crescente a fronte di un crollo delle prestazioni e  dell’assistenza, a partire dallo scandalo delle liste d’attesa”.

“Occorre quindi davvero”, hanno spiegato gli esponenti del Pd Abruzzo, “che le forze democratiche e sane della regione si seggano intorno a un  tavolo e comincino a capire perché l’Abruzzo ha intrapreso questa china dolorosa, dove si può e si  deve cominciare ad intervenire, e soprattutto come e in modo condiviso con i cittadini, operatori  sanitari, forze e organizzazioni sociali. È su questo progetto di confronto e condivisione che il PD  Abruzzo sarà impegnato nelle prossime settimane. Tra i milioni che gettiamo via dalla finestra in questi ultimi giorni è tornato di grande attualità il  tema, drammatico per la sanità abruzzese, del saldo netto della mobilità interregionale che ci vede  perdere, nel 2023, ben 108 milioni di euro. La classifica delle regioni con il miglior saldo di  mobilità vede in testa Emilia, Lombardia, Veneto, Toscana, e in piccola parte il Molise. Le peggiori  sono Abruzzo, Lazio, Sicilia, Campania. Risultato? La miglior sanità delle regioni del Nord, la  paghiamo noi abruzzesi e meridionali. Nel 2023 ciascuno di noi ha “bruciato” 85,15 euro ciascuno.  Ma allora chiediamoci perché i cittadini si spostano in altre regioni per curarsi. Se escludiamo cause  familiari o di residenza temporanea (es. studenti fuori sede), da un lato incide indubbiamente la  residenza “di confine”. Nel nostro caso indubbiamente ciò vale per l’area più a nord della provincia  di Teramo. Ma molto è legato sia ad una mancanza di servizi o strutture (esempio alte specialità per  interventi complessi) sia alla lunghezza delle liste d’attesa sia alla scarsa fiducia nelle strutture della  propria regione.  La maggior parte degli spostamenti avviene infatti, dato nazionale, per motivi legati al  conseguimento di un maggiore successo nella qualità dell’erogazione, in strutture diverse da quelle  della regione di appartenenza”.

“Analizzando correttamente e scrupolosamente i dati sulla mobilità sanitaria elaborati dall’Agenzia  regionale, emerge proprio questo dato”. Hanno continuato gli esponenti Pd. “A fronte di una rete ospedaliera ampia di numero, con  numerose specialità, doppioni delle stesse, considerando sia pubblico che privato, osserviamo una  scarsa occupazione dei posti letto e, nelle diverse specialità, importanti indici di mobilità passiva.  Recentemente si è ipotizzato che il dato drammatico della mobilità sanitaria passiva sia una  conseguenza di un limite posto anni fa al tetto annuo delle prestazioni concesse alle case di cura  private della nostra regione. Analizzando i numeri, a partire da quelli delle prestazioni che più di  tutte creano mobilità passiva, si possono fare ulteriori riflessioni.   Abbiamo preso ad esempio la voce più alta, quella relativa a “Sostituzione delle articolazioni  maggiori o reimpianto degli arti inferiori” (ad esempio protesi d’anca) riferiti all’anno 2023. Il dato  aggregato di sole quattro strutture private evidenzia che le stesse effettuano quasi 3000 interventi  l’anno, a fronte di circa 2000 interventi effettuati in tutti gli ospedali pubblici della nostra regione.  Questo significa che l’Abruzzo possiede ospedali pubblici che devono comunque tenere aperti  reparti di degenza, assicurare personale, attrezzature e quant’altro, ma le cui potenzialità non  vengono saturate. Questo vale per molti dei DRG (Raggruppamenti omogenei di diagnosi) che  portano al dato della mobilità passiva ingravescente.  

 

 

Cosa fare allora? Anzitutto un’analisi serena, corretta, scrupolosa, sincera e obiettiva dei dati della  mobilità, sia quella attiva, sia di quella passiva; approfondire la quantità, efficacia ed efficienza di  tutti i servizi, area per area, DRG per DRG, individuarne caratteristiche e probabili cause di aspetti  positivi o negativi; individuare per ciascuna specialità e prestazione di alta specificità uno o al  massimo due centri regionali, sui quali investire con maggiore intensità, non solo rispetto allo  specifico reparto, ma a tutti i servizi e strutture sinergiche. Questo non vuol dire chiudere, ad  esempio, i diversi reparti di chirurgia generale, piuttosto che di neurologia, ma potenziarne al  massimo uno o due. Per alcuni interventi a lunga lista d’attesa si potrebbero creare centri di  riferimento, come con successo si è fatto ad Ortona con “l’ospedale delle donne” , esperienza da  incentivare ulteriormente. Per creare questi centri regionali, gli investimenti non saranno  eccessivamente dispendiosi in attrezzature particolari (i reparti già esistono) ma dovranno essere  rivolti soprattutto all’attrazione del capitale umano, al quale offrire la possibilità di coinvolgersi su  obiettivi precisi da raggiungere, unica vera gratificazione professionale. Riteniamo che l’unica  strada non solo per arginare la mobilità passiva ma anche per ottenere mobilità attiva sia la  creazione di centri di eccellenza capaci di attrarre e formare professionisti di valore. E’  indispensabile, quindi, avviare una interlocuzione seria con le due Facoltà mediche, per condividere  il progetto di costruzione di tali centri di riferimento regionale, oltre ad estendere gli accordi di  confine.  Noi pensiamo che se la Regione deve comunque garantire una rete ospedaliera, una serie di reparti e altre prestazioni, tanto vale che le stesse funzionino al meglio, a pieno regime finanziandosi al  massimo, proprio perché assicurino una prestazione di alta e rassicurante qualità. In questo modo si  offre salute ai propri cittadini, se ne evita la migrazione in altre realtà e magari si può anche  perseguire l’obiettivo di implementare la mobilità attiva”.

 

Tags: abruzzoospedale avezzanoospedaliPdsanità
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