Avezzano. Dacia Maraini – romanziera, poetessa, saggista, drammaturga: chiamarla solo “scrittrice” sarebbe riduttivo – torna nel capoluogo marsicano per presentare il suo nuovo romanzo, Tre donne: Una storia d’amore e disamore (Rizzoli). Come ben sanno i suoi lettori, con Dacia Maraini una presentazione non è mai solo una presentazione, ma un grande dialogo sui temi più disparati: l’amore, il razzismo, la violenza sulle donne, la memoria della Shoah. Per una conversazione simile, quale luogo è più adatto di una scuola?
Infatti, dopo aver incontrato gli studenti del Liceo Scientifico “Vitruvio Pollione” di Avezzano, l’autrice si è recata all’IIS “Galileo Galilei” per parlare del suo nuovo romanzo: la storia di tre generazioni di “femmine” – una nonna, una mamma e una figlia – che “si sopportano per necessità” ma che, alla fine, si ritrovano a “piangere di felicità”. Quello di Dacia Maraini, in realtà, è un racconto più familiare che generazionale, una storia d’amore e di amori, ma soprattutto “un libro sulla responsabilità”. È la responsabilità, secondo Dacia, il presupposto imprescindibile dell’amore (e non solo dell’amore romantico!). Perché, come ha detto Erich Fromm ne L’arte di amare, l’amore è come una pianta: ha bisogno di cure per restare vivo. In Tre donne, il simbolo dell’amore “responsabile” è Maria, la madre, traduttrice di mestiere, che rifiuta la tecnologia e coltiva l’antica arte epistolare. Tutto il contrario è Gesuina, la nonna: una moderna Mirandolina – è di fatto un’ex attrice di teatro – che ama giocare al gioco dell’amore, ma con leggerezza e dignità. Tra Gesuina e Maria si incastra la sedicenne Lori, che, nella sua certezza incrollabile di adolescente, proclama: “L’amore non esiste”. Ma dovrà ricredersi… Ha un occhio di riguardo per gli adolescenti, Dacia: parla dei difetti di un personaggio, ma le sue parole suonano come un consiglio per i più giovani quando dice che “chi non prevede le conseguenze delle sue azioni, manca di immaginazione, ed è l’immaginazione che è il nostro motore più potente”. Francesca Trinchini