Situato nel comune di Collelongo, a poco più di mille metri sul livello del mare, Amplero è uno tra i siti archeologici più suggestivi da visitare. L’insediamento, che risale agli inizi dell’età del ferro e arriva fino a dopo il Bellum Marsicum e l’alleanza dei Marsi con Roma, è un lodevole esempio di architettura urbanistica di questo popolo guerriero. Scoperto per caso da un pastore verso la fine degli anni settanta, nel corso degli anni il sito è stato oggetto di diverse campagne di scavo, principalmente a cura dell’università di Pisa, che diedero alla luce numerosi ritrovamenti disseminati lungo l’antica via di comunicazione tra il lago Fucino e la Vallelonga. Grazie a questi recuperi è stato possibile conoscere usi e costumi di un’intera comunità marsa-romana, dall’età del ferro fino a quella della Roma imperiale. L’area archeologica, utilizzata fino all’età tardo-repubblicana (I secolo a.C.), era interamente fortificata per circa un ettaro di estensione e, come altri esempi di città marsiche e sannitiche, era circondata da un muro di 350 metri e protetta da ben tre file di fossati. All’interno di questa cinta sono stati portati alla luce un’area di culto con diversi edifici templari, una cisterna scavata nella roccia viva e un santuario, all’interno del quale sono state rinvenute numerose statuine in terracotta raffiguranti prevalentemente immagini di donne. Questo rafforza l’idea che il culto degli abitanti fosse tutto per una qualche divinità femminile.
Tutt’intorno, a poca distanza dall’insediamento, sono stati rinvenuti diversi nuclei di necropoli. Il più importante conta oltre 50 tombe, grazie alle quali è stato possibile ricostruire i riti funerari degli antichi Marsi e molti aspetti delle loro caratteristiche fisiche. I ritrovamenti più numerosi sono stati di lapidi e steli funerarie, ma anche Kardiophylkes, dischi corazza decorati che in battaglia servivano a proteggere il cuore. Eppure i reperti più interessanti sono senza dubbio quelli spuntati dalla tomba n°14: due letti funerari realizzati con oltre 700 frammenti di osso. L’utilizzo di materiali pregiati non lascia alcun dubbio sul fatto che questi due letti non servissero nella vita comune, ma che furono invece creati per la sepoltura di qualche capofamiglia particolarmente autorevole. Le misure sono 178 x 50 cm e l’elemento più caratteristico sono sicuramente i quattro volti con la barba raffigurati sui cilindri che sorreggono il piano del letto. Agli angoli, invece, vi sono raffigurazioni di animali fantastici quali grifi, draghi e mostri marini con code di serpenti, tutte figure che nella mitologia comune rappresentano la morte.
Fu possibile ricostruire integralmente solo uno dei due, ma c’è un altro aspetto che rende il letto di Amplero un reperto unico al mondo: è stato il primo ad essere stato riprodotto con tecnologie di scansioni e intagli al laser. Sotto l’occhio esperto e vigile di Cesare Letta, venne scansionato tridimensionalmente e in seguito, sempre con tecnologia laser, riprodotto fedelmente intagliandolo nel legno. Grazie a questa tecnica all’avanguardia, per la prima volta utilizzata su un’opera d’arte e in seguito utilizzata anche per la clonazione dei bronzi di Riace, è stato così possibile lasciarne una copia fedelissima presso il museo archeologico di Palazzo Botticelli di Collelongo, l’originale, invece, è stato trasferito presso il museo archeologico di Chieti. Per tutti quelli che non hanno ancora avuto modo di apprezzare dal vivo questo capolavoro, è doveroso ricordare che un letto simile a quello ritrovato nella necropoli di Amplero, è stato ritrovato sulla Cassia e si ritiene sia appartenuto a Lucio Vero, co-imperatore di Marco Aurelio. Questo esemplare è attualmente esposto al Metropolitan Museum di New York.
Chiunque volesse approfondire la storia della necropoli di Amplero può contattare il prof. Giuseppe Grossi, uno dei maggiori studiosi ed esperti del sito e che, oltre ad essere direttore tecnico dell’Archeoclub della Marsica, è anche il direttore del Museo Archeologico di Palazzo Botticelli di Collelongo.
Francesco Proia
(autore del romanzo “Polvere di Lago”)