Pescara. Il 12 marzo di 160 anni fa nasceva un uomo la cui esistenza divenne ben presto il modello del “vivere inimitabile”, proposto anche attraverso la sua poetica, che gli permetteva di abbandonarsi a un’evasione immaginifica e fantastica alle frustrazioni degli individui comuni: stiamo parlando dello straordinario Gabriele D’Annunzio.
Nato nel 1863 a Pescara da una famiglia borghese, D’Annunzio sin da giovane mostrò una sensibilità innata nel cogliere lati e aspetti della società, all’epoca in piena trasformazione, come, in primis, la crisi della concezione di uomo. Lo scrittore pescarese, infatti, nelle opere che ci ha lasciato, ha raccontato, con uno stile altisonante, ricercato e sontuoso, che lo ha reso peculiare nel panorama letterario italiano e anche europeo, la caduta rovinosa e lo sgretolamento dell’immagine tradizionale dell’individuo, che in una società piena di cambiamenti, che si rivelava sempre nuova, non riusciva più a trovare il suo posto: da forte dominatore del mondo si è, di fatto, ritrovato ad essere, quasi senza accorgersene, un essere in preda ai tormenti e alle insicurezze.
Dinanzi a un mondo così mutato, irriconoscibile, l’uomo deve senz’altro reagire, e deve farlo, secondo D’Annunzio, nella maniera più potente e determinata possibile, ergendosi, cioè, dalla totale impotenza a cui si era abbandonato, alla più grandiosa onnipotenza: è così che nasce il superuomo.
Nonostante, ovviamente, siano cambiate le epoche, nel periodo di attività del Vate si avvertiva un senso di marcio, di malato nella società moderna, che andava inevitabilmente distruggendo quella che dovrebbe essere la più intima, e allo stesso tempo pura, interiorità dell’uomo; lo stesso avviene oggi, tempo in cui la realtà eccessivamente frenetica del mondo in cui siamo immersi ci porta, il più delle volte inconsapevolmente, a dimenticarci del nostro benessere.
Un io fragile e malinconico, dunque, è quello che emerge dalle suggestive parole degli scritti dannunziani, che volutamente non occultano quel fondo di tristezza e quel senso di caducità, che invece rappresentano il motore che spinge ciascun essere a vivere, ma senza dimenticare se stesso. D’Annunzio, ieri come oggi, si fa interprete di un’età complessa, di generazioni che, in ogni tempo, sono chiamate a reagire. Non a caso, “Ci siamo levati soli contro il mondo folle e vile”, come ha scritto su Twitter Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura, per celebrare i 160 anni dalla nascita del Vate, citando le sue parole sull’impresa di Fiume.