Avezzano. Il 30 e 31 agosto avrà luogo l’atteso spettacolo “Le stanze del tempo”, prodotto dal teatro Stabile d’Abruzzo e dal teatro Lanciavicchio e sarà realizzato in modalità itinerante all’interno del Parco ARSSA di Avezzano. Si tratta di uno spettacolo che abita i luoghi della memoria creando stanze di parole, suoni e immagini. Il pubblico diviso in piccoli gruppi, le visita passando dall’una all’altra. Ogni stanza restituisce tempi, luoghi e personaggi della storia del prosciugamento del Fucino, il terzo lago d’Italia per estensione, già l’imperatore Claudio aveva provato a prosciugarlo, ma scomparirà definitivamente solo nel 1875. In ogni stanza dello spettacolo storie e leggende si fondono con elementi narrativi ricavati dai dettagli tecnici della colossale opera di ingegneria idraulica, dal patrimonio bibliografico e da paesaggi della memoria collettiva. Storie e memorie del prosciugamento del lago Fucino, una delle maggiori opere di ingegneria idraulica mai realizzate viene raccontata dalle mille voci che intorno al lago vissero o lavorarono, lo venerarono come fluido dio o lo prosciugarono fino all’ultima goccia. Una governante accoglie il pubblico e lo prepara al viaggio attraverso i corridoi e le stanze del palazzo, a piccoli gruppi gli spettatori attraversano spazi e insieme memorie, scandite da tempi diversi e complementari. Alle storie del lago e degli dei che lo abitavano, si alternano quelle del ‘grande seccatore’ Torlonia e della sua famiglia e, le ambizioni dell’imperatore Claudio, con la più grande naumachia di tutti i tempi realizzata nel 52 d.C. con cento navi e diciannovemila schiavi. Ma i traghettatori del viaggio nelle stanze del tempo, quelli che nelle stanze hanno voce per raccontare, non sono né gli imperatori e nemmeno i principi che vollero e diressero i lavori, ma figure tra il reale e l’immaginario, rappresentanti di umanità vasta e divinità minori, sono coloro che l’opera l’hanno realizzata oppure subita, che hanno toccato con le loro mani l’acqua e poi la terra, ma nessuna delle due gli è mai appartenuta. Operai scavatori, semidei scivolati via dal mondo insieme alle acque del lago, camerieri e maggiordomi di casa Torlonia, custodi del fuoco, voci, immagini e personaggi di un lago che non c’è più, si muovono tra le mura di un’antica residenza, come eco profonda di un tempo remoto ancora presente.
Una memoria collettiva scandita da un tempo frammentato e rimodulato, ogni volta diverso ad ogni passaggio di stanza. Un viaggio che restituisce l’immagine di un Abruzzo arcaico eppure al centro di profondi processi di innovazione, un Abruzzo sempre distante dalla percezione emotiva dei più, eppure in grado di trasformarsi e rinnovarsi nella sua stessa natura.