Avezzano. L’appello del papa che ha richiamato la Chiesa all’accoglienza dei profughi è stato raccolto dal vescovo dei Marsi Pietro Santoro, che ha invitato il mondo religioso a mettere a disposizione parrocchie e strutture e prende con sé una famiglia di rifugiati. Molti sacerdoti e comunità religiose sostengono però di non avere a disposizione locali idonei a un soggiorno dignitoso per le famiglie di profughi. “La nostra diocesi”, afferma il vescovo nella lettera, “ha accolto e accoglie 34 migranti, profughi e richiedenti protezione internazionale nella casa d’accoglienza della Caritas e nella parrocchia di Sante Marie. Ma non possiamo disattendere l’ulteriore invito di papa Francesco: «Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ospiti una famiglia di profughi»”. Bergoglio si è rivolto ai vescovi d’Europa «perché nelle loro diocesi sostengano questo appello». “La Chiesa locale dei Marsi”, afferma il vescovo, “non può tirarsi indietro. Io stesso ho deciso di ospitare una famiglia in episcopio”. Non per tutti i religiosi, però, è semplice o possibile aderire a questo appello. C’è chi già si occupa di volontariato e non ha ulteriori risorse, oppure chi non ha strutture idonee a disposizione. Ma c’è anche chi, come padre Attilio Terenzio, ritiene che non basta avere locali per fare accoglienza ma che “è necessario dare insieme all’accoglienza anche la dignità ai profughi. Non possiamo utilizzare i nostri spazi per quel tipo di accoglienza”, spiega, “perché parliamo di luoghi adatti a svolgere funzioni diverse. Sarebbe invece opportuno trovare sistemazioni idonee e pagarle, come degli appartamenti, in collaborazione con le amministrazioni comunali e offrire anche un posto di lavoro al capofamiglia in modo da dar loro autonomia”. Questa è la linea di molti sacerdoti marsicani che accolgono a loro volta l’appello del papa e del vescovo, ma che sottolineano che non si possono tenere immigrati stipati nelle canoniche e che non tutti devono fare la stessa cosa e che bisognerebbe affidare questo compito a chi all’interno della Chiesa, può garantire oltre all’accoglienza, anche altro, come dialogo con l’impiego di mediatori culturali e dignità.