Avezzano. Dopo qualche giorno dall’incontro alla Confindustria dell’Aquila la Fim – Cisl interviene sulla cessione di LFoundry a un nuovo colosso cinese ed esprime la sua preoccupazione per una situazione piuttosto complicata.
“La contingenza dei tempi e dei temi, impone una presa di posizione per la quale, la Fim – Cisl, non può essere confusa con altri e neanche con la “politica” che, come al solito, senza conoscere neanche un preambolo di un settore e di una vertenza così complicata, ha espresso soddisfazione e elargito ringraziamenti, senza senso, all’annuncio della “vendita dello stabilimento”.
Nel merito, si tratta del quinto passaggio di consegne in 30 anni, il quarto negli ultimi 6.
Il tutto con una sola certezza: di “italiano” non è rimasto niente, a parte il passaggio senza soluzione di continuità dei lavoratori, salvaguardati, ancora da una volta, solo dal Contratto di Solidarietà che, è bene ricordarlo, durerà, per il momento, fino alla fine di maggio 2020 ed è pagato dall’INPS.
Per il resto, è solo un’ intesa per la vendita del mitico stabilimento di Avezzano, realizzato 30 anni fa (con il prezioso contributo di 587 miliardi di lire a fondo perduto, da parte dello Stato italiano); un’operazione finanziaria fra la SMIC che, “finalmente” si smarca definitivamente dall’Italia, la neonata Jiangsu cas – igbt tech e la cessione definitiva del “vecchio” 30 % di proprietà italo-tedesca.
Insomma, solo un affare finanziario per pochi, tanta incertezza per tanti.
Preoccupazione alimentata dalla preoccupazione derivante dall’auspicato funzionamento del nuovo sistema operativo il cosiddetto MES che, dovrebbe entrare in funzione il 24 aprile prossimo (quello della Micron spirerà il 23). L’affare, pare di aver capito che, potrebbe concludersi, solo se il nuovo software dovesse funzionare e, a valle di quel risultato, dovrebbe essere messo in atto il processo per il cambio tecnologico, cioè, il passaggio dalla produzione di Cmos a Power: cosa molto complicata, tenuto conto della storia della fabbrica e di quella che dovrebbe essere la nuova impostazione industriale, ovvero, progettare e produrre nello stesso sito.
Agli effetti pratici, questa “intesa di vendita”, stando a ciò che è stato dichiarato dai responsabili aziendali “cedenti”, è stata preannunciata al Ministero competente (non è dato sapere con quale risultato !!) qualche giorno prima dell’annuncio ufficiale di domenica scorsa ma, a quanto pare, nessuno dei “ministeriali” sapeva niente: est modus in rebus.
La Fim – Cisl, nell’autonomia della propria integrità morale e sindacale, dopo aver ricordato di essere stata attrice perspicace nella realizzazione del contratto di solidarietà vigente, in quanto, unica “scialuppa di salvataggio in un mare in tempesta”, ha rimarcato che, negli ultimi 11 anni, sottoscrivendo ogni accordo per gli ammortizzatori sociali, finalizzati alla salvaguardia dei posti di lavoro, ha chiesto ai lavoratori ogni tipo di sacrificio, alfine di accompagnarli verso spiagge più tranquille ma, l’incertezza, ancora una volta, regna sovrana sui loro destini: questo è inaccettabile. Un intero territorio, dopo il “flash” della Smic, ripiomba nell’incubo socio-economico e si troverà a rivivere ancora per mesi in ansia per le sorti del “SUO” storico stabilimento: non è ammissibile.
Sperare nell’immediata convocazione al MISE (Ministero dello Sviluppo Economico), dove, tra l’altro, dovrebbe essere chiarito dalla LFoundry e dalla SMIC, il recente passato e, soprattutto, il reale intendimento industriale futuro, significa davvero aggrapparsi all’ultima scialuppa in mare, sperando di trovarvi il posto e una bussola attendibile.
Se lo stato dell’informazione aziendale è quello ascoltato il 3 aprile, la FIM-CISL è seriamente preoccupata”.