Avezzano. Processo contro Andrea Leombruni per l’uccisione dell’orsa Amarena, morta per un colpo di fucile la notte tra il 31 agosto e il primo settembre 2023 a san Benedetto dei Marsi, l’udienza, inizialmente fissata per il 23 dicembre 2024 e poi rinviata, si terrà domai nel tribunale di Avezzano. L’orsa, negli anni divenuta simbolo del parco nazionale, era mamma di 4 cuccioli gemelli.
Leombruni lo scorso dicembre era già stato convocato per una prima udienza in tribunale, davanti al gup ma gli atti erano tornati in Procura per un vizio procedurale. L’uomo è accusato di uccisione di animale e di aver agito con l’aggravante della crudeltà.
“Nel procedimento penale contro LEOMBRUNI Andrea per l’uccisione dell’orsa Amarena (avvenuta il 1° settembre di due anni fa) che vedrà la seconda udienza domani, 24 giugno 2025, alle ore 13, davanti al Tribunale di Avezzano, Appennino Ecosistema sarà presente come parte civile”. E’ la nota dell’associazione Appennino Ecosistema.
“L’Associazione Appennino Ecosistema, infatti, fa parte della Global Alliance for the Rights of Nature, un’alleanza internazionale di centinaia di esperti, associazioni e istituzioni impegnati a far riconoscere i diritti della Natura come soggetto giuridico da rispettare in quanto tale (https://www.garn.org/our-members/). In questo senso, l’Associazione si propone come “tutore” degli interessi dell’ecosistema appenninico, in attesa che anche l’ordinamento giuridico italiano gli conferisca i diritti soggettivi che merita, dopo il primo passo compiuto nel 2022 con l’introduzione tra i principi fondamentali della nostra Costituzione della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, definiti più volte dalla Corte Costituzionale come “interessi pubblici di valore costituzionale primario ed assoluto”. Appennino Ecosistema parteciperà anche alla manifestazione promossa per le ore 12 di domani davanti al Tribunale di Avezzano dall’Associazione Animalisti Italiani, con l’adesione di molte altre associazioni.
Appennino Ecosistema chiederà al Pubblico Ministero di procedere penalmente contro il responsabile dell’uccisione dell’orsa Amarena non semplicemente per il reato di uccisione di animali (art. 544-bis c.p., applicabile a chiunque uccida qualsiasi animale senza necessità o per crudeltà, con una pena irrisoria della reclusione da 4 mesi a 2 anni, con la necessità di dover dimostrare il dolo del reo), ma anche per i ben più appropriati e gravi reati di uccisione di specie selvatiche animali protette (art. 727-bis c.p., che vieta
l’uccisione di esemplari appartenenti ad una specie animale selvatica protetta, con la pena dell’arresto da 1 a 6 mesi o l’ammenda fino a € 4.000, in questo caso senza necessità di dover dimostrare il dolo del reo) e soprattutto di inquinamento ambientale (art. 452-bis o almeno 452-quater, che punisce con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da € 10.000 a 100.000 “chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili di un ecosistema, della biodiversità, della flora o della fauna”), introdotti nel nostro codice penale solo nel 2011 (il primo) e nel 2015 (il secondo) in recepimento della Direttiva UE sulla tutela penale dell’ambiente (Dir. 2008/99/CE). Infatti, sostiene il Presidente di Appennino Ecosistema (il giuri-ecologo
Bruno Petriccione), “l’uccisione di una femmina di orso bruno marsicano, entità biologica
gravemente minacciata di estinzione e per questo tutelata in modo prioritario a livello nazionale, europeo e mondiale, costituisce certamente una gravissima minaccia ed un grave danno concreto alle possibilità di sopravvivenza dell’orso bruno marsicano (decurtando la sua già esigua popolazione del 5%) e quindi un grave danno al suo habitat, all’ecosistema del quale è parte fondamentale ed in generale alla biodiversità di tutti gli
Appennini Centrali. I nuovi gravi reati di delitto ambientale citati sono stati introdotti solo nel 2015 nel nostro ordinamento giuridico a seguito della paventata apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia, da parte della Commissione Europea, per l’insufficienza delle norme penali italiane poste a tutela dell’enorme patrimonio di biodiversità dell’UE, successivamente alla precedente uccisione volontaria di un orso bruno marsicano, rimasta impunita, avvenuta a Pettorano sul Gizio nel 2014. Porre allo stesso livello l’offensività dell’uccisione di un orso bruno marsicano e quella di una gallina sarebbe un assurdo giuridico, oltre che una gravissima offesa a tutti i cittadini onesti e rispettosi della fauna e della flora selvatiche, che continuano a sforzarsi di far
parte di comunità umane in equilibrio con tutte le altre componenti dell’ecosistema”.