La prima scena cruda che ho visto la notte del terremoto è stata quella dell’ospedale di Amatrice pericolante. Sembrava fatto di cartapesta, i pazienti erano fuori, sanguinanti, curati in un pronto soccorso a cielo aperto.
Tra le macerie, però, c’era anche la scuola crollata. Solo il giorno dopo ho saputo che era stata sottoposta a lavori di “miglioramento sismico” (non adeguamento) per 160mila euro su 700mila di investimento.
Insomma, ospedali, scuole, caserme, municipio. Gli edifici che dovevano resistere sono crollati o inagibili.
Quando arrivai all’Aquila quella mattina del 2009 vidi un dramma inaspettato. Arrivando ad Amatrice, invece, ho trovato una scena già vista.
Mi sono chiesto: possibile che L’Aquila non abbia insegnato nulla? Possibile che in sette anni nessuno abbia pensato a mettere in sicurezza questi edifici? In fondo siamo lì, vicino all’Aquila, e si sa che quella zona è a rischio. Era stata già spazzata via dal terremoto 400 anni fa.
E ora ci risiamo. Le stesse paure che si ebbero dopo il terremoto del 2009 ce l’abbiamo anche adesso. Le mamme non vogliono più mandare i figli nelle nostre vecchie scuole. E forse hanno ragione. E anche quando queste scuole sono sicure, c’è diffidenza.
Non si guarda più ai documenti, si guarda ai sentimenti, si va al di là della legalità e si arriva all’emotività.
Così in tutto l’entroterra abruzzese, partendo da Avezzano fino a Sulmona, passando per Celano, Tagliacozzo, San Benedetto e tanti altri comuni del territorio, monta la protesta dei genitori che rivendicano scuole sicure, anzi, più spesso rivendicano scuole nuove, oppure dei semplici container.
E fino a maggio? Quelle vecchie scuole andavano bene a tutti? Alle opposizioni comunali? Ai genitori? Ai sindaci? Tutti avevano dimenticato il terremoto dell’Aquila?
Questa non è più, adesso, una protesta contro le scuole che non sono sicure, è una rivolta contro il sistema. E’ una ribellione contro la politica, contro i tecnici e contro lo Stato stesso, visto che su tutti c’è una totale sfiducia. E spesso e volentieri è anche occasione di strumentalizzazione politica.
E’ vero, le amministrazioni sono colpevoli di aver affrontato il problema solo ora, oppure di averlo affrontato in modo poco incisivo come richiederebbe fare dopo un terremoto che fa trecento morti.
Ma anche chi, proprio adesso, e solo adesso protesta, è altrettanto colpevole di aver taciuto finora, come se fino al 24 agosto tali questioni fossero di poco conto, o non contassero nulla, tanto da non essere affrontate per niente. Quindi ognuno faccia il mea culpa e si metta a disposizione in modo costruttivo per trovare una soluzione senza estremismi e faziosità, ma con serietà.
Ma è mai possibile essere sempre così approssimativi anche per questioni così importanti come la sicurezza, e la sicurezza dei bambini?
Solo ora ci si accorge che le scuole tra qualche mese saranno inagibili. E sì, perché per la legge italiana e per un raffazzonato sistema di calcolo di coefficienti, le scuole che erano a norma fino al 24 agosto ora non lo sono più, e quelle che sono a norma oggi tra qualche mese non lo saranno più per scadenza del ciclo di vita calcolato in base al tempo e ai rilievi tecnici. Cosa c’è di più assurdo!
Come può una scuola, carte alla mano, resistere al terremoto il 31 dicembre e non resistere più, secondo la legge, il primo gennaio?
Ed è naturale che poi i genitori chiedano i moduli sostitutivi anche dove le scuole sono a norma, cioè rientrano nei parametri.
Ed è naturale che l’emotività predomini sulla legalità quando quest’ultima lascia a desiderare. @pietroguida