Avezzano. Le piogge incessanti degli ultimi giorni hanno sommerso gran parte della piana del Fucino, con allagamenti dei terreni agricoli e danni in molte aziende.
Oltre 10 comuni della Marsica hanno chiesto lo stato di calamità naturale per i danni ricevuti dalle incessanti piogge.
Ieri il prefetto Cinzia Torraco dell’Aquila ha convocato sindaci, associazioni di categoria e la Regione Abruzzo, per trovare una soluzione.
Si è appreso che la prefettura non escluderebbe l’ipotesi di attivare la protezione civile. Anche le associazioni di categoria dell’agricoltura, prime nel lanciare l’allarme, stanno monitorando la situazione ed iniziando a quantificare i danni. Ieri durante la riunione in prefettura è stata sollevata la problematica della pulizia dei fossi di scolo delle acque piovane.
“In questo momento non ci appassiona per niente sapere di chi è la competenza della pulizia di questi canali – dichiara il direttore della Coldiretti Domenico Roselli – è da anni che va avanti questa storia sulle responsabilità. Il fatto certo è che esistono dei fossi di scolo che non funzionano, non fanno defluire l’acqua piovana, in particolar modo nella zona di Avezzano, Luco dei Marsi e Trasacco”. Anche il Presidente della Confagricoltura Fabrizio Lobene ha dichiarato che “esistono dei pozzi secondari di pertinenza comunale che spesso non vengono correttamente puliti, c’è da dire però che nonostante tutto questo danno il Consorzio di Bonifica Liri Garigliano ha fatto un ottimo lavoro tanto da preservare, da queste incessanti piogge, la gran parte dei terreni agricoli. C’è un limbo da sistemare sui pozzi comunali – continua Lobene – è necessario definire una volta per tutte a chi spetta la manutenzione; molti agricoltori avevano iniziato a farla autonomamente ma sono stati fermati dalle autorità di competenza in quanto non autorizzati”.
Intanto le aziende iniziano a conteggiare i danni. “Ad oggi non so dire a quanto ammonta il danno di questa alluvione – continua Roselli direttore Coldiretti – perché questi allagamenti non portano soltanto la perdita della semina già messa a terra o residua nei capannoni, ma anche e soprattutto un ritardo nel processo di produzione e vendita del bene stesso”.