Tagliacozzo. Uno dei più preoccupanti campanelli d’allarme che segnala lo smarrimento dello Spirito repubblicano da parte della nostra società è l’uso disinvolto, spregiudicato e fazioso che talvolta si fa della storia nazionale uso che può persino arrivare a manomettere le fondamenta sui cui è stata edificata la struttura del nostro vivere associato e la stessa coscienza collettiva che quella struttura vivifica. A questi campanelli d’allarme è assimilabile, per ragioni di metodo e di merito, la scelta della Giunta Di Marco Testa di intitolare una strada allo storico segretario del Movimento Sociale Italiano Giorgio Almirante. Innanzitutto, la questione di metodo. Non si prende una decisione tanto divisiva, che riguarda un pezzo della nostra storia nazionale pieno di ferite ancora aperte, nel chiuso della stanza dove si riuniscono i cinque componenti della Giunta comunale. Tanto meno si prende in
quattro, vista la posizione di buon senso assunta dall’Assessore alla Cultura Gabriele Venturini che non ha dato –proprio per ragioni di metodo- il proprio assenso alla delibera proposta dal Sindaco. E soprattutto non si prende senza che preliminarmente si sia favorita una riflessione larga, serena e di alto profilo sui significati e le ragioni di una scelta di toponomastica che rappresenta incontestabilmente anche una controversa opzione politico-culturale; opzione che non riguarda e non coinvolge solo i quattro che quella scelta l’hanno fatta, ma l’intero paese.
Altra anomalia risiede nella genesi di questa operazione, promossa per iniziativa unilaterale di un partito politico (FdI) che fa risalire le proprie radici ideologiche e culturali proprio alla figura in questione. Se la proposta e la volontà di un gruppo di giovani militanti politici di tributare quello che considerano il proprio padre nobile è legittima, non altrettanto lo è la scelta di imporre quella legittima ma minoritaria aspirazione a tutto il resto della cittadinanza. Questo è detto sperando che sia chiaro che chi impone non sono coloro che avanzano la proposta bensì chi effettivamente la applica agli altri cioè, in questo caso, il Sindaco e i tre (perché ci piace ricordare che anche la Giunta si è divisa sul voto alla delibera) assessori. E a poco vale fare riferimento a altre intitolazioni avvenute in passato con procedure simili, perché qui si parla di un personaggio così indubbiamente controverso (e questo è detto ancora a prescindere dai giudizi di merito sul personaggio stesso) che un tale iter fa somigliare molto la decisione a una vera e propria provocazione oppure a una mossa elettoralistica fatta per strizzare l’occhio a qualche specifica area politica, il che forse darebbe all’operazione un profilo addirittura peggiore.
Sì, perché in ultimo è la tempistica ad apparire curiosa: la petizione presentata da FdI, infatti, risale a circa un anno fa. Perché viene tirata fuori solo oggi, a meno di un anno dalle prossime elezioni amministrative e dopo che in seno alla maggioranza è nato un gruppo che sin dal’inizio si è posto in una posizione di forte dialettica con il Sindaco? Non foss’altro per senso del pudore, è bene fermare qui l’argomentazione su questo punto perché sia autonomamente chi legge a dare una risposta a questo interrogativo.
Qualcosa però urge dire anche nel merito di quel nome, di quella figura, di quella storia. E’ questa soprattutto a qualificare in negativo un’intitolazione che non in alcun modo è paragonabile a nessun’altra, né riguardante politici e statisti di qualsiasi altro orientamento né uomini di cultura, di spettacolo o di scienza. Chi era Giorgio Almirante? Brevemente, la risposta può essere articolata su tre diverse fasi del suo impegno politico.
1) Un esponente del regime fascista che fu a lungo impegnato in ruoli di responsabilità nell’apparato repressivo e propagandistico della dittatura mussoliniana, fino a diventare redattore capo de “La difesa della razza”, rivista che fungeva da contrappunto teorico alla tragica svolta che il regime impartì alla Nazione con l’approvazione delle leggi razziali del 1938. Proprio su quella rivista, in un articolo del 1942, Giorgio Almirante scrisse: «Nel nostro operare di italiani, di cittadini, di combattenti, nel nostro credere, obbedire, combattere, noi siamo esclusivamente e gelosamente fascisti. Esclusivamente e gelosamente fascisti siamo nella teoria e nella pratica del razzismo».
2) Un dirigente della Repubblica Sociale Italiana di Salò, che dopo l’8 settembre del 1943, divise l’Italia in due costituendosi nel Nord del Paese come estremo baluardo tanto dell’ormai decaduto regime fascista quanto dell’alleanza con la Germania nazista; Repubblica che sostenne l’operazione Achse con la quale Adolf Hitler invase la penisola italiana. Tagliacozzo porta le tracce di quel periodo tragico, visto che fu per diversi mesi interessata dall’occupazione tedesca e che fu proprio in quei mesi teatro di alcuni atroci crimini che i nazisti, alleati della RSI, perpetrarono ai danni di giovani patrioti come Luigi Consoli, Luigi Del Monaco e i fratelli Mario e Bruno Durante, ai quali sono dedicate due lapidi nei luoghi delle rispettive esecuzioni. Della RSI Almirante divenne prima capo-manipolo, partecipando a diverse spedizioni anti-partigiane come quella della Val d’Aosta, e poi capo di gabinetto del Min.Cul.Pop.
3) Dopo la liberazione e con l’avvento della Repubblica Democratica sancita dalla Costituzione del ’48, fu fondatore e segretario del MSI. Almirante non rinnegò mai il suo passato fascista né si mostrò mai pentito delle sue azioni di quel periodo. Inoltre interpretò il ruolo che la pregiudiziale anti-fascista, principio su cui si è basata l’intera dialettica politica della prima fase della repubblica, assegnava al suo partito in maniera ambigua e ancora tutta da studiare. In particolare, poco chiari rimangono ancora oggi i rapporti che intercorsero tra il MSI e gli organizzatori del tentato Colpo di Stato guidato dal Principe Borghese, dal Fronte Nazionale e da altri gruppi dell’estrema destra, su cui pesano persino elementi che suggeriscono un coinvolgimento dell’Amministrazione statunitense e di un pezzo della mafia palermitana. Certo è invece che Almirante non nascose mai le sue simpatie per le soluzioni autoritarie che si affermarono in parecchie parti del mondo in chiave anti-socialista. In particolare, nel 1975 (nel pieno dell’avanzata elettorale del PCI) Almirante si dichiarò favorevole a attuare in Italia una soluzione sul modello del “regime dei Colonnelli”, che nel frattempo in Grecia si rendeva colpevole di atroci repressioni oltre che della sospensione di tutte le libertà civili e politiche, con il quale il MSI coltivava intensi rapporti politici internazionali. Inoltre è ancora molto opaco il ruolo svolto dal MSI durante il periodo delle stragi di estrema destra che, a partire dal 12 dicembre 1969, costituirono il cuore di quella che venne chiamata “strategia della tensione”.
Alla luce di queste considerazioni, occorre ricordare che è solo combattendo contro tutto ciò che Almirante ha rappresentato e rappresenta che l’Italia ha potuto riconquistare la propria libertà e la propria dignità, che così è nata la nostra Repubblica, che così è stata scritta la nostra Costituzione democratica, repubblicana e anti-fascista. E’ per questo che sarebbe quanto meno inopportuno, da parte di un Comune, cioè di un’Istituzione della Repubblica, intitolare una strada a un uomo che si colloca chiaramente al di fuori dell’alto Spirito repubblicano e costituzionale su cui è stata ricostruita l’Italia dopo la tragedia della guerra fascista; è per questo che non è tollerabile quello che si profila a tutti gli effetti come un insulto a quanti hanno sacrificato finanche la vita per la libertà della patria, quattro dei quali sono ricordati a Tagliacozzo con delle lapidi che –a proposito– è stato ingiusto da parte di questa Amministrazione smettere di onorare.
La scelta più saggia sarebbe quella di sospendere la delibera N°92 dello scorso 23 maggio e avviare una riflessione sul modo e sui criteri con i quali si interviene sulla toponomastica e sul profilo culturale di un paese che non può non rivendicare la propria identità democratica, che è quella della Nazione di cui è parte. Non c’è alcuna fretta di prendere, con le modalità scelte dall’Amministrazione, una tale decisione, da cui certamente non dipende il futuro di Tagliacozzo e lo stile di vita dei tagliacozzani e che altrettanto certamente non sarà neanche utile a occultare –come forse era nelle intenzioni di qualcuno– il clamoroso, conclamato e largamente riconosciuto fallimento amministrativo del Sindaco e dei pochi che gli sono rimasti attorno.
Marco Montelisciani
Sinistra Ecologia Libertà – Circolo di Tagliacozzo