Avezzano. L’ordigno bellico ritrovato giovedì scorso in un cantiere di via Opi, uno dei più grandi mai ritrovati in Italia, è diventato motivo di discussione per l’intera città. Ripercorriamo la storia e i dettagli tecnici dell’ordigno e cerchiamo di capire quale sarà l’impatto sulla città del piano di evacuazione.
La bomba in questione è una Mark 65, nome in codice AN-M65, dal peso di mille libbre. Dei circa 450 kg di peso totale, circa 230 kg sono di esplosivo. L’ordigno è stato sviluppato per l’esercito americano a partire dal 1939, ed è stato ampiamente utilizzato prima nella seconda guerra mondiale e poi in quella del Vietnam. La peculiarità dell’AN-M65 è tutta nel suo innovativo design, che dava due vantaggi fondamentali rispetto alle precedenti: anzitutto aveva un involucro in acciaio più leggero, che gli consentiva di trasportare fino al 15% in più di esplosivo, e poi l’involucro venne studiato per ridurre al minimo l’attrito con l’aria, poiché i bombardieri statunitensi iniziavano a trasportare le bombe all’esterno dell’aereo e non più nel vano bombe interno. La forma della Mark 65 fu talmente innovativa, che lo stesso design è ancora in uso oggi sulle moderne serie Mark 80. La Mark 65 appartiene alla famiglia delle bombe di tipo teleguidate. Attraverso una piccola modifica, che prevedeva l’aggiunta di un giroscopio, un bengala di tracciamento ottico e il radiocomando per ricevere e inviare gli ordini dall’aereo, era possibile lanciarla anche da 9. 000 metri e poi usare un sistema di correzione a infrarosso, che tramite joystick teleguidava la bomba fino ad avere una precisione al suolo di circa 400 metri di raggio.
Ma cosa prevede il piano di evacuazione, che dovrebbe avvenire domenica 26 febbraio? Impossibile sapere nei dettagli il piano degli artificieri, ma si può prendere spunto da quello che l’esercito ha già fatto in passato, ad esempio ad Arma di Taggia, in Liguria, oppure vicino al Po, dove rispettivamente a maggio e a ottobre dell’anno scorso sono state ritrovate due bombe identiche a quella ritrovata nel cantiere di via Opi ad Avezzano. La delicata attività di bonifica dovrebbe iniziare con la rimozione delle spolette, che potrebbe avvenire o sul posto, oppure in una cava predisposta, dove in seguito verrà fatta brillare anche la bomba. La rimozione delle spolette dovrebbe essere effettuata a distanza di sicurezza, mediante uno strumento meccanico chiamato “chiave a razzo”. Poi potrebbe essere disattivata tramite uno speciale macchinario, denominato “swordfish”, che permette di tagliare l’involucro dell’ordigno grazie ad un getto di acqua e sabbia granitica ad elevatissima pressione, a “bruciare” l’esplosivo contenuto all’interno, evitandone quindi la detonazione. Ad ogni modo per sicurezza nella cava potrebbe essere creata la cosiddetta “camera di espansione”, realizzata con materiale di rafforzamento inerte e progettata per contenere gli effetti scheggianti, pressori e sonori prodotti in caso di esplosione accidentale dell’ordigno durante la delicata fase di rimozione delle spolette. Tutto ciò ovviamente viene fatto per ridurre qualsiasi rischio per le strutture in prossimità dell’ordigno in fase di bonifica.
Quali saranno i quartieri interessati dall’evacuazione? Stando alle specifiche del sito UN Safer Guard, con 250 kg di esplosivo sarà necessario evacuare un’area di circa 1.4 chilometri di raggio. In realtà l’esplosione è potenzialmente distruttiva fino a 800 metri, ma le schegge e i detriti potrebbero arrivare fino a 1.4 chilometri, zona che le autorità provvederanno quindi ad evacuare probabilmente tra sabato 25 e domenica 26. Nella mappa seguente si può notare quale sarebbe il raggio d’azione della potenziale esplosione (in rosso) e il raggio fin dove potrebbero arrivare i detriti in caso di deflagrazione della bomba (in giallo), che dovrebbero corrispondere più o meno all’area che verrà evacuata dalle autorità. Più o meno si calcola che verranno evacuate circa 20.000 persone.