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Pubblico bendato per La Bambina dei fiammiferi, lo spettacolo di narrazione e suggestioni sensoriali in scena con suoni, odori e sapori

Giorgia D'Ascanio di Giorgia D'Ascanio
12 Dicembre 2018
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Avezzano. Spettacolo di narrazione e suggestioni sensoriali con canzoni, suoni, odori, sapori per dieci attori, una musicista ed un piccolo gruppo di spettatori bendati. Musiche e canzoni di Paolo Capodacqua eseguite dal vivo da Germana Rossi. Sarà questo l’evento che si terrà domenica 4 gennaio al Castello Orsini di Avezzano, alle ore 16, 17, 18, 19 e 20. Parteicperanno: Santo Cicco, Laura Tiberi, Martina Di Genova , Roberto Mascioletti,  Antonella Di Camillo, Eleonora Cipolloni , Enrico Di Giambattista, Fiorenza Matarazzi, Renato Barattucci,  Germana Rossi e la partecipazione straordinaria di  Giorgia Musiche e canzoni di  Paolo Capodacqua  eseguite dal vivo da Germana Rossi. Ideazione e regia:  Mario Fracassi.

“La Bambina dei fiammiferi”da H. C. Andersen “Era la vigilia dell’ultimo dell’anno. Il sole era già tramontato. Nevicava e faceva molto freddo. La piccola fiammiferaia vagava per la città, cercando invano di vendere fiammiferi. La gente passava incurante della bimba. La piccina si accovacciò sulla neve per ripararsi dal freddo, per scaldarsi accende un fiammifero e…”.

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Usando la sua energia per qualcosa che può sembrare effimero, la bambina crea una sua vita fantastica, una vita più piacevole di qualsiasi altra cosa su cui possa posare lo sguardo. Ogni fantasia portata dai fiammiferi accesi, però, si estingue, e di nuovo la bimba è nel gelo. Ogni fiammifero acceso crea l’incanto di una scena familiare,
l’illusione di un calore, di un’intimità e di tanta bellezza. I bambini, per indole e temperamento, sono inclini ad abbandonarsi alle suggestioni delle loro fantasticherie e dei loro giochi per la realizzazione dei loro desideri. E i fiammiferi della bambina sono come i nostri sogni, costituiti di materia immaginifica che continua ad incidere sul mondo  con la sua intensità utopica. Ma, uno dietro l’altro, i fiammiferi si  spengono e l’ultima apparizione che si avvera è quella della nonna, l’unica persona che le avesse mai voluto bene, che prende in braccio la bimba per portarla con sé, lì dove l’amore e la bellezza non hanno mai fine. È assolutamente necessario prenotarsi.

Il progetto artistico. “Lo spettacolo “La Bambina dei fiammiferi” è il frutto di un progetto con cui indagare il senso profondo di questa dimensione conosciuta, temuta, interrogata, rimossa che è l’ascoltare le storie al buio. Proprio quel “buio che può rappresentare il terrore, il nulla, ciò che si oppone  violentemente alla chiarezza della parola, alla trasparenza  di ciò che si vede, alla luce che esplora la conoscenza, e invece  è qualcosa che deve essere portato in  superficie, perché questo è il cammino della conoscenza. in cui capita di sognare quando la coscienza diurna si mette  da parte. Abbiamo cominciato anni fa a lavorare con “l’immagine sensoriale” sentendo che quello che stavamo cercando era una forma di teatro che ci potesse far sentire più impegnati nella ricerca di strade
di relazione con lo spettatore più profonde. Cercavamo una forma di teatro che coinvolgesse più profondamente lo spettatore permettendogli di camminare sul confine tra il concreto e l’illusorio lasciandosi prendere con piacere dalla propria immaginazione”.

“Quel che abbiamo voluto sperimentare è la possibilità di guardare e far guardare oltre la vista. Questa che può sembrare una semplice “fuga per la tangente”, simile al delirio, alla allucinazione, alla visione magica, tuttavia
contiene al suo interno delle istanze e delle strategie in grado di mettere in discussione il confine tra la normalità e l’alterità per costruire degli spettacoli fatti con la stessa materia del sogno, spettacoli come rappresentazione di pure immagini. Si vede veramente quando la realtà che vediamo passa attraverso il nostro cuore, la nostra
interiorità, la nostra memoria e diventa parte di noi. Quando ci capita di vedere veramente, nel senso più pieno del termine, allora questa visione ha anche un effetto necessario: quello di farci vedere come noi siamo. Il sogno, come materiale simbolico, metaforico e icastico è il nostro modello esplorativo perché libero di scartare in deviazioni  imprevedibili dove lo spazio e il tempo verranno a trasformarsi.  L’immaginazione può debordare, tagliando tutti i rapporti di somiglianza  del “come” tra il reale e l’immaginario.

“Era l’ultimo giorno dell’anno: faceva molto freddo e cominciava a nevicare. Una povera bambina camminava per la strada”, è l’inizio della nota fiaba di Hans Christian Andersen La piccola fiammiferaia, un’icona favolistica che, insieme alle altre scritte dal noto autore, si è impressa nel nostro immaginario collettivo animando la fantasia di
adulti e piccini. Da sempre, la triste sorte di questa misera fanciulla affamata e congelata dal freddo che cercava di vendere fiammiferi per comprarsi un pezzo di pane, è stata oggetto di trasposizioni teatrali e filmiche, spesso trite e ritrite, con incursioni e chiavi di lettura di ogni genere. Del resto c’è da dire che il repertorio favolistico, specie
quello di H.C. Andersen, presenta un terreno fertile e malleabile a qualunque rifacimento, benché rimanga inalterata la narrazione. Ma, una rilettura singolare ed ingegnosa di questa fiaba, con tanto di apprezzamenti, giunge dal Florian, Teatro d’Innovazione di Pescara, per  la regia di Mario Fracassi, presentata in diversi appuntamenti e in più  repliche pomeridiane. In questo caso non si è di fronte ad una rivisitazione o ad una particolare ambientazione della storia, bensì ad un lavoro sullo spettatore: alla rappresentazione si assiste
rigorosamente bendati e seduti con attorno gli attori che raccontano la  storia.

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