Avezzano. “No, mi dico! Ho cercato nell’apposito dizionario e ho trovato che “sobrietà” ha equivalenti con temperanza, misura, moderatezza, castigatezza… ma “censura” no!
Perché poi tirar fuori quest’argomento in occasione della giornata del 25 aprile?
Il termine “censura” ha molti significati. Quello più attinente è il controllo compiuto da un’Autorità su opere, atti, manifestazioni che potrebbero offendere lo Stato, la religione, la morale…”. Inizia così una nota scritta da Gino Milano, responsabile dell’associazione Rindertimi, ripresa e diffusa dal Centro giuridico del Cittadino, coordinato da Augusto di Bastiano.
“Ripeto ancora a me stesso: cos’ha a che fare tale accostamento di parole per il 25 aprile, festa di liberazione del popolo italiano dall’oppressione fascista e dall’occupazione nazista? Giornata di gioiosa memoria per tutti, ancora di più a 80 anni da quel giorno che riaprì le porte alla democrazia, alla libertà, alla partecipazione civica e politica, alla ricerca di un Ordinamento di diritti e doveri per tutti, sorvegliati da una Costituzione unanimemente riconosciuta nel mondo libero come la più avanzata, sia sotto il profilo umanistico che giuridico.
Poi mi domando: perché gli Organismi governativi italiani raccomandano “sobrietà” a una festa così popolare, significativa, bella e importante per tutti gli italiani di ieri e di oggi? Chi inviterebbe al proprio compleanno parenti ed amici per dire loro “mi raccomando, siate temperanti, castigati. Mangiate poca torta, non aprite lo spumante, non fate rumore e andatevene presto…”?
MI domando ancora: ma non è che si voglia “silenziare” il senso di questa giornata? Che si voglia ridurre la partecipazione a pochi gesti formalistici e, talvolta, anche caratterizzati da ipocrisia istituzionale? Che si voglia “svuotare” di significato la memoria di questa giornata, impedendo che possa dire qualcosa OGGI sulla vita democratica che stiamo attraversando e richiamare il tempo della Resistenza, della Solidarietà, dell’Accoglienza? Quelli, infatti, furono i sentimenti dell’impegno dei Partigiani nella lotta di liberazione. Ma anche dei Militari internati che rimasero fedeli alla PATRIA e non si affiliarono ai repubblichini di Salò o all’esercito tedesco. E delle tante FAMIGLIE che ovunque in Italia ospitarono nelle proprie abitazioni soldati alleati, sfollati, ricercati politici. E dei tanti cristiani che, in nome di un DIO di fraternità e di misericordia, aprirono le porte di case, conventi e chiese per accogliere ebrei e persone in difficoltà, sottraendoli alle rappresaglie nazifasciste e alle deportazioni nei campi di sterminio.
(Chiedo venia; ho fatto riferimento a parole espressive di senso e di fede (Dio, Patria, Famiglia), vergognosamente piegate nella triade propagandistica del Minculpop fascista, ma riusate in questo nostro tempo con lo stesso stile di allora).
Perché “restringere” a sobrietà una tale memoria? Per rispetto della morte di Papa Francesco? È un motivo assolutamente non pertinente. Nelle chiese, nelle comunità, nelle famiglie cristiane non si è accorciato il tempo della preghiera e dell’ascolto della Parola di Dio. Al contrario: si è ovunque arricchito di lodi, suppliche e ringraziamenti per aver donato alla Chiesa e al mondo un testimone del Vangelo della pace, e più intensamente si dilata la richiesta a Dio di dare continuità spirituale al nuovo successore di Pietro.
Non si contengono i tempi, gli interventi, le partecipazioni, i richiami essenziali. Li si estendono e li si moltiplicano, con gioia e dolore, con rinnovato vigore, con la forza inclusiva dell’adesione.
E allora mi chiedo – infine – se in quella “sobrietà” governativa imposta a questo ottantesimo del 25 aprile 1945 non si rinvengano residui di quel precedente ventennio in cui la censura fascista consistette in un’attività di controllo sistematico della comunicazione e, in particolare, della libertà di espressione, di pensiero, di parola, di stampa, e nella repressione della libertà di associazione, di assemblea, di manifestazione…
Ma non può essere, mi dico. Il fascismo è morto quel 25 aprile!
O qualcuno vuol farcelo dimenticare con nuove leggi, nuove regole, nuove ipocrisie?”.