L’Aquila. Urla, minacce e recriminazioni. L’incontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky si è trasformato in un duello durissimo e senza precedenti nello Studio Ovale, luogo simbolo della diplomazia americana che in oltre due secoli di storia ha ospitato i colloqui tra gli inquilini della Casa Bianca e centinaia di leader stranieri.
Sotto lo sguardo attonito di reporter e membri del governo americano, il presidente e il suo vice JD Vance hanno messo all’angolo il leader ucraino che non è riuscito a rispondere a tono, complice anche la mancanza di un interprete, di solito presente in queste occasioni ufficiali. Venti minuti ad altissima tensione che si sono conclusi con la partenza anticipata di Zelensky dalla Casa Bianca, senza una conferenza stampa, senza la firma sull’intesa sulle terre rare e soprattutto senza un accordo che possa portare pace in Ucraina. L’incontro, alla fine di una settimana intensa di negoziati che ha visto alternarsi a Washington il presidente francese Emmanuel Macron e il premier britannico Keir Starmer, non era iniziato sotto i migliori auspici con Trump che aveva accusato Zelensky di essere un “dittatore”.
Ma sembrava aver preso una piega migliore quando lo stesso presidente americano, alla vigilia del colloquio, aveva corretto il tiro esprimendo “grande rispetto” per il leader di Kiev. E, invece, al di là dei convenevoli iniziali la situazione è subito degenerata. Ad accendere la miccia di un rapporto incrinato almeno dal 2019 – quando il presidente ucraino si rifiutò di indagare sui rapporti tra Hunter Biden e la società energetica ucraina Burisma come chiesto dall’allora presidente Trump – è stata l’entrata a gamba tesa del numero due del tycoon, che ha accusato il presidente ucraino di aver mancato di rispetto agli Stati Uniti.
“Dovresti ringraziare il presidente per aver cercato di coinvolgerti in questo colloquio”, ha attaccato l’ex senatore dell’Ohio che ha poi ricordato la visita di Zelensky in Pennsylvania per visitare una fabbrica di armi durante l’ultima campagna elettorale a bordo dell’Air Force One di Joe Biden. Visibilmente in difficoltà, il presidente ucraino ha provato a parlare al suo interlocutore del dramma che il suo popolo vive da tre anni. “Sei mai stato in Ucraina? Voi avete un bell’oceano e non sentite gli effetti della guerra ma li sentirete”, ha avvertito.
A quel punto, il commander-in-chief rimasto in silenzio durante gli attacchi del suo vice contro l’ospite straniero non si è più tenuto, ha preso la parola, segnato la fine della conversazione e, almeno per il momento, di qualsiasi accordo. “Non dirci cosa proveremo, noi staremo bene e saremo forti”, ha tuonato Trump progressivamente alzando la voce fino ad accusare Zelensky di “giocare con la terza guerra mondiale”. “O fai un accordo o noi ci tiriamo fuori”, è stata la minaccia del tycoon nel silenzio dello Studio Ovale di fronte ai giornalisti ammutoliti e all’ambasciatrice ucraina a Washington, Oksana Makarova, accasciata sulla sedie con la testa tra le mani. “Se noi ci tiriamo fuori, te la dovrai vedere da solo e non credo andrà tanto bene”, ha incalzato il tycoon.
“Senza le nostre armi avresti perso la guerra in 15 giorni”, ha insistito il presidente, che ha perfino definito il suo omologo “non molto intelligente”. Che i colloqui sarebbero stati tesi si era intuito già dalle prime battute quando, mentre Zelensky rivendicava che Trump “è dalla parte dell’Ucraina”, il presidente americano rimarcava di “essere nel mezzo, sia con Kiev che con Mosca”. Oppure nel momento in cui il leader ucraino ha avvertito di non voler fare compromessi con “il killer Putin”:
The Donald ha replicato che “senza compromessi non si fanno accordi” e che doveva prepararsi ad accettarne qualcuno. Ma nessuno poteva immaginare questo epilogo. La pietra tombale sul bilaterale è stato il post su Truth poco dopo l’uscita dallo Studio Ovale. “Può tornare quando sarà pronto per la pace”, ha scritto il presidente che, secondo Fox news, avrebbe chiesto esplicitamente a Zelensky di lasciare la residenza. E ora? Saltati gli accordi – la Casa Bianca ha confermato che neppure l’intesa sui minerali è stata siglata – l’unica possibilità per la pace a questo punto è che il dialogo tra Washington e Kiev riprende attraverso canali meno ufficiali, ad esempio tramite il dipartimento di Stato di Marco Rubio, il più strenuo sostenitore dell’Ucraina tra i repubblicani e nell’amministrazione americana.
Il primo a reagire in un’Europa sotto shock è stato il presidente francese Emmanuel Macron: “C’è un aggressore russo, bisogna rispettare chi lo combatte dall’inizio”, ha detto il capo dell’Eliseo. “Caro Zelensky e cari amici ucraini, non siete soli”, ha scritto su X il premier polacco e presidente di turno dell’Ue, Donald Tusk. Mentre Mosca gongola: “Il porco insolente ha finalmente ricevuto una bella sberla nello Studio Ovale. E Donald Trump ha ragione: il regime di Kiev sta giocando con la terza guerra mondiale”, ha commentato l’ex presidente Dmitri Medvedev.