Canistro. Con due distinte note di diffida, la società Santa Croce, proprietaria dello stabilimento di Canistro e dell’omonimo marchio di acqua minerale, ha intimato alla Regione di sbloccare due questioni sulle quali da mesi l’ente non si pronuncia “causando lo stallo dell’attività, il licenziamento dei lavoratori, ingenti danni all’impresa e anche all’erario e ai cittadini perché l’acqua finisce nel fiume”. In una si reitera la richiesta di concedere la possibilità di captare acqua dalla sorgente Santa Croce Fiuggino, di cui la società dell’imprenditore molisano Camillo Colella detiene la concessione fino all’ottobre prossimo, non utilizzata finora perché, fino a qualche mese fa, era titolare della concessione della sorgente Sponga, che ha una portata superiore, alla quale sono stati messi i sigilli al culmine di un duro braccio di ferro tra le parti.
La Santa Croce ha chiesto più volte la riattivazione per riavviare la produzione e riassumere una decina di dipendenti dei 75 licenziati. La Regione ha rinviato il sopralluogo fissato per domani, 21 febbraio, al 28. Nella seconda diffida, la società per azioni chiede la restituzione dei circa 8 milioni di litri di acqua imbottigliata e sei serbatoi di accumulo di acqua, bloccati nello stabilimento da un sequestro amministrativo risalente a inizio novembre, firmato da dirigente regionale del servizio Risorse del territorio e attività estrattive Iris Flacco, con la motivazione che quell’acqua era stata captata dopo la revoca della concessione. Anche in questo caso l’ente non risponde alle istanze di dissequestro.
In entrambi i casi, la Santa Croce accusa la Regione di commettere “atti illegittimi” e di “colpevole inerzia”, minacciando richieste di risarcimento milionarie.
Tutto questo in un clima reso molto teso dall’attesa del pronunciamento del Tar, che ha tenuto udienza l’8 febbraio, sul ricorso sempre della Santa Croce che chiede l’annullamento del nuovo bando indetto dalla Regione per assegnare in concessione la sorgente Sponga.
Fuori dall’aula, gli ex lavoratori e le loro famiglie hanno duramente contestato Colella e i suoi legali, chiedendo a gran voce il respingimento da parte del Tar del ricorso per procedere al più presto al nuovo affidamento perché contano di essere riassunti prima del termine degli ammortizzatori sociali.
“Per riattivare la piccola sorgente, sulla quale abbiamo una regolare concessione, abbiamo dato seguito a tutti controlli e a tutte le prescrizioni della Regione – spiega Colella – Tuttavia i dirigenti, in testa la Flacco, appoggiati dal vice presidente, Giovanni Lolli, e dal sottosegretario Mario Mazzocca, trovano ogni volta cavilli per far passare il tempo e impedirci di ripartire”.
Secondo l’imprenditore, “non è un caso che il sopralluogo programmato con grave ritardo per domani sia stato rinviato di una settimana. E chissà se il prossimo si farà con certezza. Siamo in regola e siamo fermi – fa notare – È inaudito quanto accade in questo ente, ma noi continueremo a denunciare e a chiedere anche danni milionari alla Regione e, in solido, ai responsabili”.
Per quanto riguarda la prima questione sollevata dalle lettere della Santa Croce, entrambe a firma del legale rappresentante, Nicola Montanaro, si spiega che l’azienda è titolare dal 2007, quando arrivò a Canistro, rimpiazzando la Faroni, della concessione mineraria per l’estrazione e sfruttamento delle acque minerali “Santa Croce-Fiuggino”, in località Cottardo nel comune di Canistro.
Sorgente che, però, non è stata di fatto utilizzata in questi anni perché l’attività di imbottigliamento è stata trasferita nell’attuale stabilimento, in località Piane Paduli, che utilizzava l’acqua della sorgente Sponga.
Viene ricordato, tuttavia, che la Santa Croce ha “regolarmente provveduto al pagamento degli oneri concessori”, della sorgente Fiuggino e che la Regione “non ha mai contestato carenze documentali tecniche, urbanistiche, concessorie e amministrative concernenti la suddetta sorgente”.
Dopo che sono stati messi i sigilli alla sorgente Sponga, si sottolinea ancora nella lettera, la Santa Croce ha chiesto di attivare nuovamente la captazione delle acque minerali della sorgente Fiuggino, attraverso la realizzazione di collegamento idraulico alle condotte del nuovo stabilimento, “al fine di limitare i danni che stava subendo (e che tutt’ora subisce) per l’interruzione dell’attività di produzione e imbottigliamento”.
La risposta della Regione è stata però, come si spiega nella diffida, l’avvio del procedimento per la revoca anche della concessione Fiuggino “contestando la mancata esecuzione delle condizioni disposte nel provvedimento di rinnovo della concessione risalente al 22.10.2007, procedimento amministrativo che alla data odierna ancora non si è concluso”.
Per la Santa Croce, l’ennesimo atto della dirigente Flacco “finalizzato a impedire alla scrivente società la prosecuzione di qualsiasi attività produttiva e il mantenimento dei livelli occupazionali”.
Inoltre, con un’ispezione del 16 dicembre 2016, la Regione ha contestato una tubazione interrata, “inserita nell’ultima vasca di decantazione del cunicolo di presa della concessione Fiuggino”, e che l’acqua di quella sorgente presentava una “commistione con altre acque”, che ne metteva in dubbio il suo essere oligominerale, chiedendo, insomma, di sospendere la validità del decreto di riconoscimento delle caratteristiche oligominerali della sorgente Fiuggino.
Nella lettera, la Santa Croce giudica tali osservazioni della Regione “palesemente errate e illegittime”.
Ricorda poi che si è comunque proceduto alla rimozione della tubatura contestata e anche a effettuare le analisi chimico fisiche e batteriologiche su campioni consegnati all’Università “Federico II” di Napoli, prelevati alla presenza dei responsabili della Asl.
La Santa Croce diffida, dunque, la Regione a effettuare urgentemente un nuovo sopralluogo “avendo la società ottemperato a tutte le richieste”, al fine di rilasciare le autorizzazioni necessarie alla prosecuzione dell’attività estrattiva dalla sorgente fiuggino, ai fini dell’imbottigliamento.
Nella seconda diffida, invece, la società chiede la restituzione dei circa 8 milioni di litri di acqua imbottigliata e 6 serbatoi di accumulo di acqua, sequestrati il 6 e 9 novembre 2016.
In questo caso, si argomenta, sono trascorsi due mesi dal sequestro cautelare disposto dalla Regione, e che, in base a quanto previsto dalla legge numero 689 del 1981, il bene va restituito, se entro questi termini non è stata emessa un’ordinanza ingiunzione di pagamento, o non si è proceduto alla confisca dei beni sequestrati. Il che, si precisa, “non è avvenuto”.
Per la Santa Croce è pertanto “intollerabile che il dirigente di un servizio regionale continui a trascurare l’emissione di atti dovuti” e a “eludere i propri doveri”. Le diffide sono state preparate dal legale Roberto Fasciani.