“Rajca” significa radice in dialetto aquilano. Una parola che assume tanti significati. Quelli di attaccamento al proprio territorio e alle proprie tradizioni, certamente; ma, anche, in questo caso, il voler indicare uno degli ingredienti essenziali alla base di una produzione di qualità. E già, perché se decidi di produrre liquori tipici che possano anche essere ambasciatori di un territorio, ecco allora che tutto dipende dalle…radici. Rajca è il piccolo progetto imprenditoriale di Gianni, Roberto e Marco, amici da una vita con il pallino dei liquori ad infusione (www.rajca.it)
Ho incontrato Marco Durante qualche mese fa, nel mini-laboratorio di di via del Commercio a Navelli (AQ). “Abbiamo voluto trasformare la passione per la produzione artigianale dei liquori tradizionali e tipici della zona in una iniziativa commerciale, per dare un contributo alla diffusione delle eccellenze del territorio, che nonostante le terribili difficoltà degli ultimi anni, ha tantissimo da offrire“, mi ha raccontato.
“Produciamo liquori artigianali con materia prima selezionata di alta qualità. Soltanto dopo un’ostinata ricerca delle migliori radici di genziana, amarene, liquirizia e mele cotogne abbiamo iniziato ad elaborare le nostre ricette, facendo un numero infinito di esperimenti sempre a partire da quello che abbiamo appreso dalle tradizioni della nostra città“.
La produzione è ancora in quantità “confidenziali”, ma questi veri e propri elisir alcolici vanno a ruba e tale è la richiesta sul mercato locale, che difficilmente ne troverete al di fuori del circondario aquilano. Anche se, i progetti iniziali, giocoforza rallentati dalla pandemia, prevedevano una vendita online e l’apertura all’esportazione verso l’estero.
In attesa che il progetto Rajca riparta alla grande, con un paio di novità sul fronte amari che vi racconteremo presto, vi dico brevemente la mia su quello che ho assaggiato.
La genziana si chiama Zirè, dal nome di un antico gioco popolare aquilano (una sorta di “baseball” con un bastone e un pezzetto di legno). La radice, in questo caso, viene dal Nord Italia e dalla Francia, perché in Abruzzo la genziana è specie protetta che non può essere raccolta liberamente, mentre la base vino è presa nel chietino. Il classico dopo-pasto della tradizione abruzzese, mi è parso interpretato in una chiave abbastanza moderna; non dolce, per carità, ma comunque con un residuo zuccherino che equilibra la proverbiale nota amaricante della radice, rendendola più “abbordabile” anche a palati meno estremi.
Il liquore alla liquirizia, quella di Atri presa dalla storica azienda Menozzi De Rosa, si chiama La Monachella, come il tradizionale fazzoletto che tutte le nonne aquilane hanno portato sul capo almeno una volta nella vita. Nel bicchiere scorre a fatica, tale è la concentrazione e le densità; si ha la sensazione di bere liquirizia allo stato puro! L’alcol fa vettore però, e lo aiuta a scendere nello stomaco, lasciando un retrogusto infinito, puro e coinvolgente.
La ratafia Rajca Quattro Canto’ è preparata con le visciole dei contadini locali, denocciolate a mano, una per una. Il liquore di fine pasto che gli abruzzesi hanno sempre offerto agli amici, come testimonianza di rispetto e cordialità, è il classico profluvio di aromi vinosi e fruttati, a cui è impossibile resistere. Anche qui ho notato un uso un po’ “generoso” dello zucchero, che lo rende un prodotto un po’ “piacione” ma pieno, appagante e persistente.
Per finire, il prodotto forse più originale e che più di discosta dalla tradizione: un liquore alla mela cotogna, Tingolo, che parte da una base grappa e aggiunge in infusione questa varietà di frutta rigorosamente autoctona, raccolta sempre da contadini dell’aquilano, privata della buccia e poi messa a macerare in modo da restituire i profumi e sapori tipici del territorio, senza ricorso a chimica o artefazioni varie. Qui sono le note floreali e del frutto ad esprimersi con grande intensità, sia al naso che in bocca, dove il sorso è caldo e confortevole, caratterizzato da eleganza e potenza allo stesso tempo. Una bevuta davvero originale.
Insomma, passione, voglia di sperimentare e senso di appartenenza verso il territorio animano i protagonisti di questa bella avventura made-in-L’Aquila. Provateli anche voi e fateci sapere.