Avezzano. Cinquantunesimo appuntamento con Psicotime, la rubrica in collaborazione con la psicologa Giulia D’Ascanio. Ti capita mai di sentirti eccessivamente in colpa per quello che hai fatto, detto, o addirittura, solo pensato? Se questa sensazione è persistente, può minare fortemente le tue scelte e il tuo benessere. Il senso di colpa è quella spiacevole e dolorosa percezione di indegnità, vergogna e dispiacere legata a qualcosa che hai fatto/detto in passato, più o meno recente. Rappresenta una forma di disagio, una trappola cognitiva legata a qualcosa che non è più possibile modificare (il passato), ma che ti appare tanto minaccioso da assorbire molta parte delle tue energie, a volte anche nel tentativo di cambiare qualcosa.
Distinguiamo tra due tipi di sensi di colpa:
- Senso di colpa residuo: è quello che ti viene inculcato sin da bambino e che viene utilizzato da genitori, educatori, persone care e tutti coloro che hanno influenza sui processi educativi, come strumento di sottomissione alle “regole” della società: “se fai così sei un cattivo bambino”, oppure “dovresti vergognarti per aver detto/fatto la tal cosa”, o ancora “se andrai via di casa mi farai morire di crepacuore” e così via… chi non si è mai sentito dire qualcosa del genere? Questa forma di senso di colpa è sottile ma onnipresente ed emerge nei numerosi autorimproveri che ti indirizzi, ed ogni volta che ti scusi troppo per aver commesso un errore (scorgerai facilmente in esso il tentativo di esorcizzare la paura di non essere approvato).
- Senso di colpa autoimposto: è questo il caso in cui ti senti immobilizzato nel presente dal dolore e dalla vergogna che ti autoinfliggi come punizione, per aver violato una norma del tuo codice morale (o creduto tale). Ci troviamo in tal caso di fronte ad emozioni molto più tormentose delle precedenti. E’ questo il caso del senso di colpa come scelta. In questo ultimo caso, infatti, si “sceglie” più o meno consapevolmente il senso di colpa come compromesso di minor resistenza (resistenza al cambiamento che altrimenti sarebbe necessario fare) e di adattamento (alle richieste/aspettative altrui):
- Come forma di espiazione per sentirti sollevato dal dolore di aver violato le tue norme morali (o credute tali)
- Per evocare la pena ed il perdono altrui (incapace di perdonare te stesso)
- Per guadagnarti l’approvazione e la protezione degli altri
- Per farti compatire ed ottenere attenzione
- Per deresponsabilizzarti nei confronti dei tuoi comportamenti (la colpa è degli “altri” che ti fanno sentire in colpa…)
- Per non impegnarti in un processo di rivalutazione e cambiamento dei tuoi valori e comportamenti. Infatti, è meno impegnativo vivere dolendosi per ciò che si è fatto (e che peraltro non potrà MAI e dico MAI essere modificato), piuttosto che rimboccarsi le maniche e crescere, comprendere i propri errori e far sì di non commetterli ancora.
Invece di tentare di modificare il passato – che per sua natura modificabile non è – occorre modificare il tuo atteggiamento nei confronti di ciò che desta in te i sensi di colpa: si tratta molto spesso di retaggi culturali che hai assorbito in maniera più o meno passiva.
Alcuni spunti per gestire il senso di colpa:
- Diciamo a noi stessi che abbiamo fatto il meglio che potevamo fare; magari quando abbiamo agito eravamo troppo arrabbiati, ansiosi, tristi, distratti per essere pienamente lucidi. Dobbiamo sforzarci di accettare il fatto che, in alcune particolari circostanze psicologiche o fisiche non possiamo dare il meglio e questo è assolutamente normale.
- Serve considerare che, al momento del nostro comportamento scorretto, non sapevamo quello che abbiamo capito successivamente. E’ crudele arrabbiarci con noi stessi per aver commesso un errore che non avremmo commesso se solo avessimo avuto tutte le informazioni e le conoscenze che al tempo dell’errore non avevamo.
- Attribuiamo a noi stessi solo le nostre responsabilità. Facciamo un esempio, ci capita di fare un incidente in auto. Chiediamoci: “avrei realmente potuto prevenirlo?”. Un incidente è certamente qualcosa che non capita di proposito. Proviamo a riflettere sulle cause reali dell’incidente e attribuiamo a ognuna di queste variabili il giusto peso.
- Domandiamoci se i nostri standard di comportamento sono adeguati o sono troppo elevati. Potremmo scoprire che la nostra famiglia di origine ci ha incoraggiati ad adottare questi standard poco realistici e poco rispettosi di quello che siamo e dei limiti umani che, come tutti, anche noi abbiamo.
- Noi non siamo responsabili della vita degli altri. Facciamo un esempio, ci sentiamo in colpa perché un caro amico si sente giù e ci ha chiesto di andarlo a trovare e noi abbiamo rifiutato per via di un impegno preso in precedenza e difficile da cancellare. E’ normale sentirsi in colpa e rimproverarsi per non essergli stato vicino ed è certamente difficile allontanare il pensiero che se fossimo stati a casa sua avremmo potuto supportarlo di più. In questo modo, però, non siamo pienamente realistici e non ci accorgiamo di aver adottato totalmente una prospettiva nella quale noi siamo responsabili dei comportamenti e delle emozioni degli altri. Sentire di essere responsabili della vita di qualcun altro e di ciò che fa non è certamente realistico e non ci aiuta a rasserenarci e a dare il giusto peso alle cose.
Giulia D’Ascanio, Psicologa Clinica