Grazie a My Zona, in questi ultimi mesi vi abbiamo raccontato di percorsi naturalistici, di montagna, di piccoli borghi quasi disabitati che però ancora custodiscono ricchezze, materiali e immateriali. My Zona è un’app in cui ognuno di voi può tracciare i suoi luoghi del cuore, tutti quei posti che magari non conoscono ancora in tantissimi ma che difficilmente, una volta che si attraversano, si dimenticano.
In questo articolo troverete uno di questi posti.
La storia che sto per raccontarvi è la storia di una passeggiata nella piana di Rocca di Cambio, paesino della provincia dell’Aquila, dove ho trovato le tracce di un racconto che in paese tutti conoscono: fa parte di quel bagaglio di “cultura che non si tocca”, che si tramanda di padre in figlio, di generazione in generazione: fatta di credenze popolari, di posti, di natura, di misteri.
Nel paese d’Abruzzo più alto di tutto l’Appennino (1434 metri sul livello del mare) quando un bambino fa qualcosa che non va fatto, i nonni (per la fortuna di chi li ha ancora, qualche volta si tratta di bisnonni) non dicono come in molti altri borghi di montagna: “Attento all’uomo nero” per intimorirlo e richiamarlo a più consoni e educati comportamenti ma dicono: “Smettila, sennò arriva ‘U Tronte'”.
Questa è la storia di una passeggiata fatta ad agosto, dopo una giornata di lavoro. Quando tutti si apprestavano a sedersi a cena, insieme a un’amica e in compagnia dei nostri bambini, ho preferito sgranchirmi un po’ le gambe e concedermi una camminata nella piana che precede il paese. È questa una terra di lupi, è la terra del silenzio e di una natura che seppur segnata dall’arrivo di impianti sciistici e quindi di tanti turisti, è ancora rimasta intatta nel suo fascino e nella sua storia. Perché quando i turisti non ci sono, il respiro rimane quello dei pochissimi abitanti rimasti e degli animali simboli dell’Abruzzo.
I lupi: animali tanto affascinati quanto sfuggenti, inafferabili e indomabili. Non si vedono, non si sentono ma ci sono.
Lungo il percorso tracciato dalla cartellonistica del Parco naturale regionale Sirente Velino e da diversi interventi del Comune, tra progetti europei datati ormai anni, che segnano percorsi turistici fruibili anche in bici, ce n’è uno di cartello che ha attirato in particolare la nostra attenzione. Fa parte di un progetto denominato Memoria dell’Acqua.
Lungo questo percorso si tocca la località “Pozzo Caldaio”. Caratteristico inghiottitoio carsico, situato nella parte più depressa dei due altipiani carsici (Ovindoli -Rovere e Rocca di Mezzo – Terranera) dove convengono tutte le acque degli altipiani che successivamente, dopo un percorso sotterraneo di vari chilometri, raggiungono e creano le famose “Grotte di Stiffe” nella valle del fiume Aterno.
Su questa area insistono un inghiottitoio principale e numerosi piccoli inghiottitoi satelliti che nella credenza popolare venivano ritenuti pericolosi, soprattutto per i bambini, che se inavvertitamente vi cadevano dentro, venivano risucchiati e trasportati fino alle Grotte di Stiffe. Per tale ragione le mamme raccomandavano ai loro figli di non recarsi mai in questo luogo che loro definivano infernale. Per accrescere il loro spavento raccontavano di un uomo altissimo denominato “U Tronte” che trascinava lunghe catene legando i bambini che incontrava e facendoli prigionieri.
La storia l’hanno letta ad alta voce i nostri bambini, incuriositi chiaramente da quello scritto misterioso e anche un po’ pauroso. Tornati in paese abbiamo chiesto in giro de “U Tronte”. Ci hanno confermato la storia, la paura e il mistero.
Cos’è MyZona? È un’applicazione con cui tracciare i posti del cuore, i miei, i vostri! Quelli che avete visitato per la prima volta, scoperti magari per caso. Scaricatela da qui e lasciate la vostra Zona del Cuore, arricchitela con le vostre recensioni e entrate con noi nella grande community di MyZona.