Avezzano. Antonello Tangredi, segretario Fim-Cisl a un anno dal passaggio delle consegne da Micron a Marsica Innovation/LFoundry fa un bilancio di quello che è stato fatto e quello che si potrà ancora fare. “Ritengo maturi i tempi per fare un bilancio sulla politica industriale derivante da questa transazione societaria la quale purtroppo, non ha creato le condizioni per un’adeguata transizione produttiva”, ha spiegato Tangredi, “qualcosa è cambiato rispetto ad un anno fa, oppure, come affermava il Gattopardo: “tutto cambia, perché nulla cambi?”. Dal lato LFoundry non è cambiato nulla perché, dopo la bancarotta della fabbrica tedesca di Landshut, anziché prendere esempio dal grande musicista Paganini, LFoundry ha replicato la bancarotta nello stabilimento francese di Rousset dove le cose sono andate anche peggio considerato che “i panzer tedeschi” sono stati inquisiti dalle autorità francesi per appropriazione indebita, a causa di un ammanco di cassa pari a 20 milioni di euro. Certo, bisogna riconoscere che questi tedeschi sono davvero coerenti e fanno le cose per bene raggiungendo perfino l’eccellenza in ciò che sanno fare cioè la bancarotta e la chiusura dei Wafer-Fab, esperienza collaudata a costo zero, visto che gli stabilimenti li hanno avuti in regalo (prima Landshut da Hitachi, poi Rousset da Atmel e, prossimamente, Avezzano da Micron). Dal lato ex Micron (Marsica Innovation poi), a parte il nome, è cambiato qualche cosa? Non è cambiato nulla sia nella gestione delle risorse umane sia nella comunicazione. Quest’ultima è sempre impropria carica di retorica e di tanto surrealismo. E’ basata su intravedimenti modello “verdi praterie nei Campi Elisi”, quando si sa molto bene che le baggianate raccontate non si realizzeranno mai così come non si è mai realizzato il “raddoppio” che ha propagandato per anni (modello Galeazzo Ciano nel più celebre Minculpop). La politica aziendale è subdola perché prospetta ai dipendenti e all’esterno false speranze di sopravvivenza dello stabilimento, mentre tutti sanno che LFfoundry non ha mai avuto un cliente al di fuori di chi le consegna le fabbriche (modello Carlo Fulchir della Finmek). In presenza di uno “straccio” di cliente, infatti, un minimo di commessa da qualche azienda fabless sarebbe dovuto arrivare ad Avezzano, tenuto conto che è l’unico loro Wafer-Fab. Purtroppo, questo non è successo né potrà avvenire in futuro. La gestione delle risorse umane è un disastro. Non si è mai arrivati, in 25 anni di storia, a livelli così bassi. All’atteggiamento di terrore psicologico praticato negli anni “d’oro della micron” (visti i risultati dopo 15 anni, la “m” minuscola è d’obbligo), hanno pensato bene di assumere un comportamento più “dolce” ma, nei fatti, più crudele e più cattivo. E’ dell’altro giorno, ad esempio, il rimprovero alla R.S.U. FIM, da parte del direttore delle risorse umane, “colpevole”, la R.S.U., a Suo dire, di aver inopportunamente diffuso ai lavoratori e alla stampa il risultato dell’ultimo incontro alla Confindustria dell’Aquila. Capisco il Suo nervosismo perché è figlio dell’arroganza giovanile e del fatto che non riesce a sopportare né le tesi del “prossimo”, ma, cosa più grave per Lui, non riesce ad essere credibile nelle Sue lunghe chiacchierate al tavolo sindacale. Niente di personale ma il rispetto delle persone e dei ruoli è un’altra cosa. Tornando alla gestione del personale in senso più ampio, un altro esempio potrebbe essere quello della diminuzione delle lettere di contestazione ma, per contro, è aumentato il numero dei dipendenti discriminati rispetto alla prestazione lavorativa e, di conseguenza, si potrebbe dire che questa direzione ha deciso di impoverire economicamente ed umiliare tante famiglie non per reale necessità derivante dalla perdita di posti di lavoro ma, semplicemente, per cattiveria. Prova ulteriore è rappresentata dal licenziamento discriminatorio perpetrato la scorsa settimana ai danni di un ingegnere pur in vigenza del contratto di solidarietà che, di per sé, tutela, a prescindere, tutti i lavoratori. Questo è incontrovertibile e la prova “provata” è leggibile dalla lista degli esuberi che ad arte è stata già redatta. Per non parlare ancora della “porcata” fatta con la cessione di ramo d’azienda nel 2012 e la costituzione della Micron semiconductor s.r.l. che hanno prodotto solo licenziamenti. E gli artefici sono sempre gli stessi che hanno dilapidato un patrimonio di risorse umane, scientifiche ed economiche. È bene ricordare che questo stabilimento, alla fine degli anni ’80, in termini finanziari, alla collettività è costato 587 miliardi di lire erogati a fondo perduto a Texas Instruments a cui bisogna aggiungere i 40 milioni di euro di prestito a tasso agevolato accordati e parzialmente erogati dal governo italiano affinché fosse possibile l’ultima transazione societaria, quella del 2013, per la quale, appunto, sto cercando di fare questo bilancio. Si potrebbe e dovrebbe invece riparlare del grosso rebus rappresentato dal possibile inquinamento dopo 25 anni di uso di sostanze chimiche. Di quanto costerà alla collettività la bonifica industriale del sito e della zona intorno nel momento in cui cesserà il ricorso agli ammortizzatori sociali e calerà il sipario. Credo sia giunto il momento di un’opportuna verifica ministeriale che dovrebbe portare il nostro governo a fare propria la decisione assunta da quello francese rispetto allo stabilimento di Rousset, ossia di nominare una sorta di Commissario “ad acta” che provveda a sistemare il futuro di oltre 1550 famiglie direttamente coinvolte nella fabbrica e di qualche altro centinaio che vivono all’ombra del badge ex Texas, ex Micron e di un’intera economia territoriale. Papa Francesco di recente ha ricordato un vecchio concetto caro a papa Wojtyla: “ dove manca il lavoro, manca la dignità”. Ebbene, proprio per l’importanza di questo concetto credo che non sia possibile pensare di lasciare nelle mani di questa dirigenza la speranza di creare lavoro e dignità”.