Avezzano. Sono passati scarsi due mesi dall’ultima volta in cui abbiamo affrontato il discorso relativo alle amministrative nella Marsica. In meno di sessanta giorni la nostra vita ha subito uno scossone a causa della pandemia in itinere, facendoci piombare nell’incertezza e nella paura, tanto per la salute nostra e di quella dei nostri cari, quanto per le prospettive economiche, presenti e future, tutt’altro che positive. I report finanziari più aggiornati, infatti, sono concordi nel paragonare questa crisi a quella del 1929, con una perdita di quasi 11 punti percentuale sul Pil italiano. Una crisi, insomma, che a inizio anno non era neanche lontanamente immaginabile e che oggi ci costringe a fare i conti con una realtà durissima dalla quale non sarà facile uscirne.
Sanità e crisi economica, con conseguenti e relativi effetti domino, sono due tra gli argomenti più discussi del momento ma anche di qualsiasi campagna elettorale che si rispetti. Punti imprescindibili per aspiranti amministratori, cui far leva per cercare consensi e, quindi, voti da spendere alle urne. Temi di incredibile sensibilità e importanza da affrontare e discutere nella giusta misura in quanto cuore pulsante di ogni comunità. Le prossime elezioni comunali saranno diverse, profondamente diverse da quelle che si prospettavano a inizio anno. Il dramma Coronavirus ha messo in luce, una volta di più, come la realtà marsicana sia slegata dal contesto provinciale e totalmente indifferente nell’ambito di quello regionale. Il che non è minimamente accettabile.
Potremmo quasi definirla come una realtà a sé stante, autoreferente, incapace, suo malgrado, di attirare attenzioni oltre i propri confini. Nel corso degli anni abbiamo assistito, spesso inermi, altrettanto spesso sbigottiti e infastiditi, a una disparità di trattamento talmente plateale da stuzzicare l’interesse anche di chi, normalmente, si disinteressa della vita pubblica. Non di rado abbiamo constatato come benefici fatti recapitare lontano dal nostro territorio abbiano rappresentato una diminutio ai danni dei nostri trentasette Comuni e dei loro 137mila abitanti. Lontano da logiche campanilistiche e divisorie, è un dato di fatto che la Marsica, specialmente negli ultimi anni, è sprofondata in uno stato di pericoloso appiattimento, con l’asticella della proposta economica, sanitaria, culturale, sportiva, assistenziale e chi più ne ha più metta, ormai sempre più puntata verso il basso.
I giovani del posto sono passati dal vedere negli spostamenti lontano da casa non più un’opportunità ma un’inevitabile scelta. Coloro che rappresentano il futuro di questa terra, quindi, sono costretti a emigrare in cerca di fortuna, non negli Stati Uniti o in Irlanda come facevano i nostri avi, ma in altre città italiane che assumono le sembianze di “Terra Promessa”. La sanità marsicana è sempre più claudicante, con l’ospedale di Avezzano che a cadenza temporale vede chiudere i propri reparti, con una preoccupante scarsità di investimenti sulla struttura stessa. Si parla, si ipotizza, si lavora al nuovo ospedale ma l’emergenza Coronavirus ha investito il progetti di nuovi, e numerosi, punti interrogativi. Senza contare quelli che si riflettono sulle strutture di Tagliacozzo e Pescina, centri che dovrebbero essere strategici, sia per le realtà territoriali del posto che per assistenza al presidio ospedaliero avezzanese, lavorando per diminuirne la mole di lavoro e consentendo, quindi, di avere una rete sanitaria più capillare, efficiente e tempestiva.
La Marsica è passata dall’ipotizzare la ZES (Zona Economica Speciale) a dover sperare nelle donazioni di privati, nel buon cuore di imprenditori locali e nei tanti, tantissimi sacrifici che ogni giorno le amministrazioni locali dei trentasette Comuni portano avanti, tra lotte contro la burocrazia e crisi interne. Un lavoro che spesso paga, ma che in molti casi resta anche intangibile. Lo sport e la cultura, volano di economia, di risorse, di possibilità e alternative provano a rialzare la testa a ogni crisi, a ogni emergenza, a ogni difficoltà, ma, analogamente agli settori sopra citati, spesso non combattano ad armi pari con altre aree del territorio abruzzese. Qualcuno dia risposta, inoltre, di cosa ne sarà dall’università di Giurisprudenza di Avezzano, passata dall’essere una straordinaria risorsa per il territorio all’essere, per qualcuno, addirittura considerata un peso. E dire che è dalla formazione dei nostri giovani che dovremmo ripartire.
Non sappiamo come e se mai verranno sviluppate e potenziate le reti infrastrutturali. Ormai ci siamo rassegnati a slogan di propaganda, retorica e frasi fatte, talmente strumentalizzate a mero copia-incolla da non destare neanche più l’interesse del giornalista di turno. Con buona pace di quegli instancabili pendolari che ogni giorno affrontano viaggi in condizioni proibitive. Di argomenti ce ne sarebbero ancora molti da elencare, come il bacino idrico del Fucino, la messa in sicurezza delle strade, l’illuminazione ai bordi delle stesse, la capacità di attrarre investimenti da fuori, la fondamentale lotta per sviluppare un flusso turistico, il restyling dei centri urbani, gli investimenti sui servizi per portatori di disabilità o la creazione di centri per anziani. Giusto per citare i primi temi che vengono in mente.
Appare chiaro e del tutto evidente come occorra una doppia fase per rilanciare la Marsica. In primis un maggiore coordinamento e una vera, concreta, comunione di intenti tra tutte le amministrazioni comunali del territorio. I ragionamenti vadano sviluppati in un’ottica collettiva e non più autoreferenziale. Si lavori per politiche di medio-lungo termine (senza tralasciare le urgenze del momento, va da sé) capaci di profetizzare un minimo di positività per il futuro. Pensieri e preoccupazioni vadano espressi in egual misura nell’ambito dell’emergenza Coronavirus che durerà ancora a lungo, ma che aprano, al tempo stesso, finestre sul domani, sul come potremo raccogliere i frutti dei semi gettati in questi mesi, sul come avremo la possibilità di vedere la luce in fondo a un tunnel che appare buio più che mai.
E’ una possibile fase zero per la nostra società e quindi anche per la nostra politica. Basta con logiche spartitorie, clientelari, parentali. Basta con gli orticelli ad personam. Basta con le politiche atte a screditare invece che a costruire. Basta con urla e insulti reciproci. A parlare dovranno essere solo ed esclusivamente i fatti, quelli a favore della gente, degli abitanti di questa bellissima terra. Verso la popolazione di questa meravigliosa Marsica, così ricca di storia, cultura e dignità che troppo spesso viene relegata a un ruolo di secondo, se non terzo, piano. E’ il momento di voltare pagina e lasciarsi il peggiore passato alle spalle per edificare un nuovo futuro, più roseo, più positivo, e vedere quindi la luce in fondo al tunnel. Ripartire dall’unità e non dai personalismi. Rialzare la testa come popolo, guidati da una classe politica coraggiosa, determinata e si, anche unita nelle battaglie. Unità, ora più che mai.