Luco dei Marsi. Qualche volta in casa ancora la chiama “Mary”, “la mia Mary”, come quando erano in Australia dove tutte le “lady” la riconoscevano come la “maestra delle fettuccine”. In Australia, dove non aveva nemmeno un matterello e suo marito glielo costruì rompendo una zappa.
È un amore che è passato per la povertà, i sacrifici dell’emigrazione, la sofferenza per la prematura perdita di un amato nipote.
È un amore di altri tempi, di quelli scalfiti per sempre nella memoria e nella storia della Marsica.
Maria Di Giammatteo oggi ha 87 anni, Alberico Giannella, da 67 anni suo marito, ne ha 90. Tre li hanno avuti di fidanzamento. Si sono cosciuti giovanissimi, in paese, a “cogliere l’acqua alla fontana”.
E da allora non si sono più lasciati, riuscendo a mettere su una famiglia unita da affetti sinceri, che ha saldato il loro legame rendendolo indissolubile. Anche quando la vita li ha messi di fronte a difficoltà economiche, dolori insopportabili e ora agli “acciacchi” dell’età.
“Mio padre perse la mamma che era molto piccolo”, racconta a Marsicalive, la figlia Patrizia, che ha celebrato l’amore dei genitori sui social, in attesa della festa di San Valentino, per parlare di qualcosa di bello in un periodo così difficile, “all’epoca l’acqua si prendeva dalla fontana del paese. Mio padre contribuiva a tutte le attività di casa, dalle faccende domestiche alla raccolta dell’acqua. Era solo un bambino ma ci ha sempre raccontato che non si è mai tirato indietro quando c’era qualcosa da fare”.
Quando le chiediamo se secondo lei il loro amore è stato “un colpo di fulmine” fa sue le parole di sua madre Maria. “Mio padre è sempre stato un uomo molto bello. Mamma ci raccontava che era bello come un attore. Aveva gli occhi verdi, era alto, magro, con i capelli castani. Sì, fu amore a prima vista. Si conobbero così, per il paese, si misero insieme e non si sono lasciati più”, dice la figlia.
“Dopo tre anni di fidanzamento si sposarono e nacque mia sorella, Maddalena. Era il periodo del dopoguerra, erano giovani, mio padre era un uomo molto forte, robusto e sapeva che per lavorare e guadagnare di quei tempi bisognava emigrare o in Canada o in Austrialia. In Australia si andava a tagliare la canna da zucchero. Si imbarcarono sette coppie, a Napoli, il più grande aveva 27 anni. Tutti giovani che avevano già avuto un solo figlio. Mia madre aveva con sè una bambina di un anno. Mi hanno raccontato che era una nave da guerra riconvertita a nave per passeggeri. Il viaggio durò un mese. Io sono nata dopo diversi anni, quando tornarono in Italia, per questo io e mia sorella abbiamo una differenza di età di qualche anno, perché in Australia mi dissero che non pensavano a fare figli, non c’era tempo, in Australia tutto il tempo era solo per lavorare e mettere soldi da parte per tornare poi in Italia”.
Il racconto di Patrizia è un fiume in piena, sono i ricordi che hanno scaldato la sua infanzia, sono le storie che l’hanno arricchita e che non la lasceranno mai.
“Arrivati in Australia furono messi in quarantena. Ogni giorno i latifondisti raggiungevano il centro e sceglievano quelli che sarebbero potuti essere i lavoratori più validi, più forti. Mio padre lo sapeva che era una roccia. E infatti lo scelsero subito. Andò a lavorare per un siciliano, Zappalà. Era arrivato in Australia molti anni prima e lì era riuscito a mettere su una fortuna. Di quei tempi girava per controllare i suoi appezzamenti con un elicottero. Fu un datore di lavoro onesto. Il lavoro era stancante ma a tanto lavorato è sempre stato corrisposto il dovuto. Suo figlio a tutte le feste ancora chiama i miei genitori, si sentono ancora. Sono rimasti un affetto e una stima sinceri, di cui c’è da essere orgogliosi.
Mio padre tagliava la canna da zucchero e mia madre raccoglieva le foglie di tabacco. Lo hanno fatto per anni e per anni avevano come unico giorno libero la domenica. Che era il giorno in cui mia madre faceva le fettuccine. Non aveva il matterello, mio padre ruppe una zappa e le sistemò il manico. E mamma ogni domenica faceva le fettuccine come aveva visto fare a sua madre. Era velocissima. Si erano sistemati in una piccola depandance aziendale. Vivevano lì. Il titolare venne a sapere che le faceva e pian piano iniziò a spargersi la voce. E così oltre al lavoro di tutta la settimana, la domenica, mia madre ammassava anche nelle case delle lady australiane. La chiamavano e lei andava. Le dissero che chiaramente l’avrebbero pagata. Una, due, tre e poi tante altre. Lo fece per sette anni”.
Dopo sette anni Maria e Alberico tornarono in Italia. Ebbero un’altra figlia, Patrizia, che ci ha raccontato la loro storia. Acquistarono dei terreni a Fucino e Alberico continuò a lavorare instancabilmente nei campi, con alle spalle anche la sua esperienza australiana. Non solo agricoltura ma anche il lavoro nel mondo edile.
Patrizia ha avuto due figli, Tilde e Emilio.
Maddalena tre: Alberico, Alessandro e Maria Grazia.
Emilio Bisciardi, giovanissimo, prese la strada del nonno. Ai suoi diceva che i terreni del nonno erano distanti da quelli che lavorava lui ma che non li avrebbe venduti mai, perché erano la storia della sua famiglia. Nel 2014 in tragico incidente nel Fucino Emilio ha perso la vita. Aveva solo 22 anni.
Un dolore inconsolabile. “Mia madre ha sofferto come se le fosse morto un figlio”, commenta Patrizia, che è la mamma di Emilio.
Alberico e Maria da qualche anno ormai fanno i conti con qualche acciacco dovuto all’età. Quando hanno provato a spiegare loro che comunque è meglio stare in casa per via della pandemia del Covid, il padre ha detto: “Come quando ai tempi ci stavano i tedeschi”.
Quando chiediamo a Patrizia secondo lei qual è il collante che ha tenuto legati per tutti questi anni i suoi genitori risponde:
Sono cresciuti insieme.
Hanno vissuto insieme l’esperienza dell’emigrazione con sacrificio.
I sacrifici li hanno legati per sempre tanto che mai hanno messo in discussione il loro amore. Quando qualche volta mio padre le si gira e la chiama Mary e prova a dire qualche parola in inglese capisco di quanto quel periodo in Australia possa aver segnato le loro vite e di quanto possa essere stato importante.