Una lettera aperta rivolta ai propri clienti, a tutti quelli che in questi giorni hanno chiamato per sapere se il ristorante si sarebbe attrezzato per posizionare i tavoli all’aperto.
A tutti quelli che hanno inviato un messaggio per suggerire le più disparate soluzioni e ragionare con i titolari sulle migliori modalità da mettere in pratica per poter riaprire secondo le disposizioni.
A loro vanno queste parole che, dopo giorni di riflessione, escono dalla bocca (e dal cuore) di un ristoratore marsicano.
Un giovane imprenditore che – proprio come molti altri – ha deciso di non riaprire nonostante la disponibilità di uno spazio all’aperto che, però, non gli avrebbe dato la possibilità di agire secondo la sua idea di ristorazione.
“Caro cliente,
no, ho deciso di non riaprire. Ti spiego le mie motivazioni, proprio come ho fatto con tutti quelli che mi hanno chiamato in quest’ultima settimana per sapere se riaprissimo. Alla notizia della possibilità di erogare il servizio del pranzo e della cena all’aperto, ho provato un mix di rabbia ma anche consapevolezza del fatto che qualche spiraglio si stava riaprendo. Il mio locale si sviluppa totalmente all’interno. Ho un ampio parcheggio fuori e una piazzola laterale su cui avrei potuto posizionare tavoli e gazebi ma non l’ho fatto. Ti starai chiedendo “perché? Dopo tutto questo tempo di stop non hai voglia di riaprire?”. La mia decisione è stata dettata da quello che per me rappresenta la ristorazione. Non si tratta solo di cibo, per me è un’esperienza. Un’esperienza che deve essere vissuta appieno. E’ sentirsi in un ambiente familiare, è mangiare guardando dalle vetrate il Velino in lontananza, è vedere all’opera le persone che sono nel dietro le quinte in cucina che preparano i piatti. Il mio locale l’ho progettato per questo, per essere vissuto. Che emozione si potrebbe provare nel mettere 4/5 tavolini fuori con il traffico della statale accanto o con postazioni improvvisate che non reggono al brutto tempo? Ammiro, però, i colleghi che hanno deciso di intraprendere questa avventura e sono vicino a chi invece lo spazio esterno non ce l’ha a disposizione. Noi rimaniamo in attesa, pronti ad abbracciarti e coccolarti nella speranza che ci siano le condizioni per tornare a fare il nostro lavoro, che poi non è solo un lavoro… è vita”.
Andrea di Stefano e lo staff di Je Tizzone.