Correva l’anno 1892, e un pianista moriva all’età di 27 anni. Era Alexandre Levy. Forse, “La maledizione dei 27” parte da qui.
Quest’espressione, coniata negli anni ’70, indica quel gruppo di giovani artisti legati da un talento ineguagliabile, ma allo stesso tempo uniti da un destino crudele che ha stroncato loro la vita alla prematura età di 27 anni. Di fatto, questo numero divenne il simbolo maledetto del rock. Ed è proprio negli anni ’70 che alcune di queste anime maledette vennero a mancare creando un vuoto incolmabile nel cuore dei loro fan e di tutti coloro che apprezzavano, e ancora apprezzano, la loro musica; insieme a quel vuoto, li travolse un’inquietudine inarrestabile. Uno dei nomi più importanti è senza dubbio quello di Janis Joplin, icona indiscussa del rock anni ’60-’70. Riconosciuta per l’intensità delle sue interpretazioni, fu inserita nella “Rock and Roll Hall of Fame” e posta nella classifica dei 100 cantanti più importanti di tutti i tempi. Ventisette anni, morta per overdose di eroina. In seguito ricordiamo Jimi Hendrix, considerato il più grande chitarrista di tutti i tempi: si rese precursore del sound e di strutture che sarebbero state le future evoluzioni del rock. La “Rock and Roll Hall of Fame” ricorda anche lui. Ventisette anni, morto per soffocamento causato da vomito, sopraggiunto in seguito ad un cocktail di alcool e tranquillanti. Troviamo poi il “Dioniso” degli anni ’60, Jim Morrison, uno dei più importanti esponenti della rivoluzione culturale nonché uno dei massimi simboli dell’inquietudine giovanile, per questo soprannominato anche “il poeta maledetto”. È stato inserito al 22° posto nella classifica dei “50 più grandi cantanti del rock”. Ventisette anni, morto a Parigi per probabile arresto cardiaco, in circostanze mai del tutto chiarite. Ancora Kurt Cobain, il frontman tormentato dei Nirvana. Sebbene non amasse essere definito “il portavoce di una generazione”, ne divenne un idolo vero e proprio arrivando a influenzare sia la sua generazione, quella cosiddetta “grunge” degli anni ’90, sia quelle successive. Ventisette anni, fucile calibro 20, un colpo in testa. Diceva Amy Winehouse “Tutto mi dà ispirazione… Tutto ciò che accade nella vita”. Una vita breve, magari, ma che non le ha impedito di diventare l’anima soul del XX secolo. Ventisette anni, premiazioni, canzoni indimenticabili, morta per presunto abuso di alcool. Ventisette anni e tante storie. Storie di artisti che sono stati e sono tutt’ora pilastri della musica, ma che, forse, hanno bruciato il loro dono più importante: la vita. Quella vita che gli ha regalato la gioia di fare della musica il loro lavoro e di lasciare un testamento fatto di note.
*(Parole di Neil Young menzionate nel messaggio di addio di Kurt Cobain)
Luna Costantini, Lia Pietrosante e Federica Di Domenico *
*articolo tratto dal giornalino del Liceo Scientifico Vitruvio Pollione