Canistro. La convocazione urgente di una riunione tecnica in Regione Abruzzo “alla presenza di dirigenti e forze politiche”, per procedere alla rimodulazione “in chiave meno restrittiva” dell’oramai imminente accreditamento di posti letto, non più nella sola Ortopedia, ma anche in Urologia, “secondo il modello, previsto dalla normativa, di multidisciplinarità dipartimentale”. L’istanza è stata inoltrata di nuovo, questa volta con un parere legale dell’avvocato Tommaso Marchese, del foro di Pescara, docente all’Università Lum, dai vertici della clinica Ini di Canistro (L’Aquila) all’amministrazione regionale. Nel documento la Ini, che fa parte della divisione del gruppo nazionale guidato dalla famiglia Faroni, si ribadisce la legittimità e la fattibilità della rimodulazione in senso più largo, che consentirebbe di salvaguardare un centro di eccellenza per la diagnosi e cura delle patologie urologiche, altrimenti a rischio. La Ini evidenzia, a tal proposito, che la proposta non prevede aumenti di spesa e di posti letto, e che “nelle prestazioni di Urologia si registra l’80 per cento di mobilità attiva”. La Ini ritiene urgente una risposta sulla fattibilità, visto che sono in corso i lavori di ristrutturazione edilizia e la riorganizzazione degli spazi e delle funzioni della clinica, in vista dell’oramai imminente scadenza del 1° gennaio 2018. “Abbiamo ampie motivazioni per ritenere che la nostra istanza possa essere vagliata e accolta dalla Regione, in tal senso un tavolo tecnico alla presenza della politica della provincia dell’Aquila e della regione, a nostro avviso, potrà essere utilissimo per fugare ogni dubbio – spiega il direttore amministrativo, Daniela Stati – Facciamo appello che si faccia presto perché la proprietà deve programmare scelte precise in vista della scadenza di fine anno, quando dovremo adeguarci alla mono-specialistica che ci è stata assegnata”. La Stati auspica di “ricevere a stretto giro data e luogo dell’incontro tecnico tanto da poter permettere alla proprietà della casa di cura di essere presente con tecnici e legali al fine di consentire ai direttori e ai dirigenti regionali di individuare una soluzione”. “Mi auguro che l’assessore Paolucci si sia prodigato a porre il quesito al ministero della Salute perché la nostro domanda è stata posta agli inizi di ottobre”, aggiunge ancora, “La richiesta della convocazione urgente del tavolo tecnico era stata già inoltrata il 27 ottobre scorso all’assessore regionale alla Sanità Silvio Paolucci e ai vertici della sanità regionale, in particolare al capo del dipartimento regionale, Angelo Muraglia, e al direttore generale della Asl numero 1 Avezzano-Sulmona-L’Aquila, Rinaldo Tordera. Il nuovo appello fa seguito alla richiesta di rimodulazione già recapitata e illustrata il 6 ottobre scorso dal direttore Stati, in audizione nella quinta commissione (Sanità) del Consiglio regionale. Il decreto commissariale del 12 settembre 2016, facendo seguito al decreto numero 70 del 2017 del ministro Beatrice Lorenzin, aveva disposto la riconversione della casa di cura in struttura “mono-specialistica” di Ortopedia e Traumatologia, con l’assegnazione di 30 posti letto, di cui 28 in regime ordinario e 2 in regime di day-hospital, nonché di 5 posti letto di recupero e riabilitazione funzionale. Come confermato dal parere legale dello studio Marchese, è invece possibile arrivare a una riconversione alternativa e più congrua, seguendo il modello della “multidisciplinarietà dipartimentale”, e non più della mono-specialistica, con l’assegnazione di 23 posti letto di Ortopedia e Traumatologia, di cui 1 in regime di day-hospital, a cui si aggiungono questa volta 7 posti letto di Urologia di cui 1 in day-hospital. Il decreto Lorenzin ha, tuttavia, demandato la definizione e l’applicazione a una specifica intesa in sede di conferenza Stato-Regioni, che si sarebbe dovuta sottoscrivere entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto stesso. Passaggio mai avvenuto. E dunque, sostiene il parere legale, possono essere le Regioni e le Asl ad avere la facoltà di stabilire le modalità attuative del decreto, applicando appunto il principio delle “attività affini e complementari”, area funzionale operativa chirurgica. La mancata sottoscrizione dell’intesa Stato-Regioni, si legge infatti nel parere legale, “non determina alcuna preclusione, né sospensione relativamente all’applicazione della normativa” e, inoltre, “non costituisce oggetto specifico dell’Intesa la definizione in termini normativi delle strutture mono-specialistiche, bensì l’individuazione di elenchi ricognitivi delle stesse, evidentemente in relazione a presupposti adottati nelle diverse realtà regionali”. “La norma – sottolinea ancora il parere legale – esclude che il mancato raggiungimento dell’intesa Stato-Regioni possa dar luogo all’esercizio del potere sostitutivo dello Stato”. Secondo la Ini, la Regione può insomma procedere senza problemi alla rimodulazione. Richiamando l’articolo 117 della Costituzione, il parere ricorda infatti che “la tutela della salute costituisce materia di legislazione regionale concorrente, in relazione alla quale la potestà legislativa delle Regioni si esercita nell’ambito dei principi fondamentali, la cui determinazione è riservata alla legislazione dello Stato”. Entrando poi nel merito della proposta l’avvocato ricorda che la normativa vigente raccomanda proprio il modello dipartimentale, sull’aggregazione delle singole discipline in Aree funzionali omogenee (Afo), rispetto al modello mono-specialistico. Nella legge 549 del 1995 è scritto, infatti, che “l’organizzazione interna degli ospedali deve osservare il modello dipartimentale al fine di consentire a servizi affini e complementari di operare in forma coordinata per evitare ritardi, disfunzioni e distorto utilizzo di risorse finanziarie”. Principio recepito anche dalla normativa regionale, visto che nella legge regionale numero 6 del 2017 viene enunciato, tra i princìpi generali del riordino della rete ospedaliera, pubblica e privata, anche “il modello organizzativo basato su dipartimenti integrati”.