L’Aquila. Servono un cambio di passo nella gestione dell’emergenza e nuovi rapidi interventi per l’abbattimento ed il contrasto al proliferare dei cinghiali per tutelare i cittadini e fermare la diffusione della Peste Suina Africana che mette a rischio la sopravvivenza di allevamenti e di un intero comparto strategico, che genera un importante fatturato anche in Abruzzo e garantisce occupazione. È quanto chiesto Coldiretti Abruzzo in occasione della protesta di agricoltori, allevatori e cittadini questa mattina a L’Aquila in piazza dell’Emiciclo, contemporaneamente alla manifestazione che si è svolta a Roma in piazza SS. Apostoli e in molte altre piazze italiane. Centinaia di bandiere, cappellini e palloni aerostatici hanno invaso simbolicamente la piazza antistante il consiglio regionale. Stessa piazza, stesso scenario, stesso problema di un anno fa, quando l’8 luglio 2021 Coldiretti denunciò una situazione drammatica per cittadini e imprese.
Così sul palco allestito per l’iniziativa, questa mattina si sono susseguiti gli interventi del presidente di Coldiretti Abruzzo Silvano Di Primio e dei presidenti delle federazioni provinciali di Coldiretti Pier Carmine Tilli (Chieti) e Emanuela Ripani (Teramo) che hanno ribadito “il peso insostenibile sul territorio abruzzese della irrisolta presenza dei cinghiali” accompagnati da sindaci e amministratori provenienti da tutto Abruzzo e dai referenti di associazioni e enti di promozione turistica. Presenti anche i consiglieri regionali Giorgio Fedele, Silvio Paolucci, Pierpaolo Petrucci e Americo Di Benedetto (che, in qualità di candidato sindaco della città dell’Aquila ha dichiarato solidarietà agli agricoltori pur non volendo intervenire per non creare turbativa nella campagna elettorale) nonchè l’assessore regionale all’agricoltura Emanuele Imprudente, al quale Coldiretti aveva chiesto – e ha ribadito questa mattina – un intervento definitivo per un problema che rischia di avere conseguenze ancora più pesanti.
Il presidente Silvano Di Primio ha evidenziato che “il carico di fauna selvatica sta mettendo a rischio il diritto di produrre ma sta sollevando anche problemi per l’incolumità delle persone e problematiche di carattere sociale più ampio di cui si discute da troppo”. “Eravamo qui meno di un anno fa – ha evidenziato Di Primio – ma purtroppo non è cambiato nulla. Anzi la situazione è peggiorata. Le misure fino ad ora adottate o ipotizzate, dalle recinzioni elettrificate ai piani di sterilizzazione, non hanno portato a risultati significativi sulla riduzione della presenza dei cinghiali – ha detto Di Primio – servono dunque azioni più incisive, come gli abbattimenti, fondamentali per la sicurezza dei cittadini e la salute degli animali negli allevamenti. Serve –salvaguardare le imprese agricole e i cittadini con strumenti più efficaci di contenimento della fauna selvatica e auspichiamo che, in tal senso, l’Abruzzo sia pioniere a livello nazionale anche in considerazione del fatto che la nostra regione”.
Una situazione preoccupante a cui si aggiungono gli allarmanti eventi legati alla peste suina africana nella vicina regione Lazio. “A preoccupare è infatti il pericolo concreto che la contaminazione portata dai cinghiali – evidenzia Coldiretti Abruzzo – arrivi anche qui mettendo a rischio allevamenti di maiali, le produzioni più tipiche della salumeria e l’economia delle aree più interne e svantaggiate. Le misure adottate in caso di ritrovamento di cinghiali infetti prevedono infatti abbattimenti cautelativi di maiali, vincoli al trasporto di animali e limitazioni alle esportazioni di salumi che da gennaio 2022 hanno già causato all’Italia la perdita di circa 20 milioni di euro al mese. La diffusione della peste suina portata dai cinghiali – continua Coldiretti – minaccia dunque le esportazioni Made in Italy con effetti drammatici per l’economia del Paese.
“Serve un intervento immediato e capillare di limitazione effettiva della popolazione dei cinghiali con abbattimenti lungo tutto il territorio regionale” ha detto il presidente Di Primio nel sottolineare che “siamo costretti ad affrontare questa emergenza perché è mancata l’azione di prevenzione. Ora – ha aggiunto – non ci possiamo permettere alcun rinvio, ma è invece necessario utilizzare subito tutti gli strumenti utili a salvaguardare gli allevamenti, i posti di lavoro e le esportazioni, con il contenimento della peste suina africana sia livello nazionale che locale”. Richiesta su cui è intervenuto l’assessore Imprudente che si è detto “consapevole di un problema complesso ma per il quale si aprono in questo momento storico alcuni spiragli di luce”. L’assessore ha illustrato il provvedimento regionale di allargamento ad altri soggetti deputati all’attività di controllo e ha comunicato che la conferenza degli assessori all’agricoltura di tutte le regioni ha presentato al Governo una proposta di legge che è stata fatta propria dal sottosegretario all’ambiente Vania Gava che prevede la modifica alla legge nazionale attualmente vigente attraverso l’estensione di due mesi nel calendario venatorio del periodo di caccia al cinghiale; l’autorizzazione dei piani di abbattimento anche per motivi sanitari, per la difesa delle produzioni zootecniche, agricole e forestali nonché della sicurezza pubblica; la possibilità di cacciare gli ungulati anche nelle zone vietate alla caccia e nei contesti urbani; la facoltà di impiego nelle azioni di contenimento dei carabinieri forestali, della polizia locale e dei proprietari o conduttori dei fondi, oltre ai selecontrollori.
Coldiretti ricorda che, alla domanda su chi debba risolvere il problema sull’emergenza cinghiali, oltre le metà degli italiani (53%) è dell’opinjone che spetti alle Regioni, mentre per un 25% è compito del Governo e un 22% tocca ai Comuni. In tale scenario anche l’Autorità per la sicurezza alimentare Europea (EFSA) ha lanciato un appello agli Stati dell’Unione Europea chiedendo misure straordinarie per evitare l’accesso dei cinghiali al cibo e ridurne del numero di capi per limitare il rischio di diffusione della peste suina africana (psa) che colpisce gli animali ma non l’uomo. “La maggioranza degli italiani considera l’eccessiva presenza degli animali selvatici una vera e propria emergenza nazionale che incide sulla sicurezza delle persone oltre che sull’economia e sul lavoro, specie nelle zone più svantaggiate. Abbiamo bisogno – aggiunge Di Primio – di interventi mirati e su larga scala per ridurre la minaccia dei cinghiali a livello nazionale”.
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