Celano. Storia, teatro, arte. E inclusione. Il tutto realizzato in una cornice suggestiva, che stimola l’immaginazione di grandi e piccoli, da sempre.
È stato un evento davvero straordinario, quello organizzato domenica, al Castello Piccolomini di Celano, che ha aperto una kermesse che animerà una domenica al mese fino a giugno, le stanze del museo più visitato d’Abruzzo.
“Le maschere e il mestiere della commedia” è stato il primo appuntamento del progetto TEATRARTE, ideato dalla dottoressa Marina Nuovo, coordinatrice dell’ufficio servizi educativi della direzione regionale Musei Abruzzo, da domani nuova direttrice del Castello di Celano e da Stefania Evandro, direttrice artistica del Teatro Lanciavicchio.
Il teatro, per vedere fuori così poter essere in grado di capire meglio dentro di sé. Il teatro come estati, come lo si concepiva in Grecia, con Dioniso. Il teatro entrato nel Colosseo, ai tempi dei romani, dove si andava ad assistere a un “gioco” tra animali e gladiatori, per celebrare la gioia, lo spettacolo.
Tra maschere e momenti di approfondimento, l’attrice Evandro, del Lanciavicchio, compagnia che insieme all’Associazione AntiquaE e alla società cooperativa AMBeCÒ è concessionaria dei Servizi Educativi al Piccolomini, ha letteralmente catturato la platea per tutto il pomeriggio.
Tra le fila del pubblico, si sono seduti di fianco un nutrito gruppo di sordi della sezione provinciale dell’Aquila dell’Ensi, Ente nazionale sordi, accompagnati dal presidente Francesco Mastropietro e tante altre persone che hanno potuto partecipare a un incontro davvero unico nel suo genere. A comunicare correttamente con i sordi è intervenuta l’interprete della lingua italiana dei segni, Valentina Di Stefano, con la quale si è subito creata una grande empatia anche da parte di chi non aveva problemi di udito. Grazie all’arte si è creata sin da subito una platea unita, coesa. Grazie al teatro, strumento di comunicazione efficace, per chiunque. Proprio come commentato poi dal presidente Mastropietro, che ha auspicato un nuovo appuntamento come quello realizzato domenica, dove ha regnato l’inclusione, lo scambio di emozioni. “Bellissimo”, ha esclamato qualcuno lasciando la sala alla fine della rappresentazione, “davvero complimenti”.
Evandro ha accompagnato i presenti in un segmento della storia del teatro che passa per le maschere e la loro importanza per gli attori, prima e dopo che quest’arte diventasse un mestiere. La maschera, prima ancora che nel teatro, strumento essenziale anche in riti che mettono in comunicazione con altri mondi. Dopo greci e romani uno stop durato mille anni. Mille anni di silenzio prima che arrivasse la commedia dell’arte, che ha visto per la prima volta gli attori pagati per il proprio mestiere, che era quello di offrire la propria arte. Il pubblico paga, l’attore di esibisce.
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Ma non solo. Perché si è accennato, tramite la ricerca di immagini e riferimenti storici, alle rappresentazioni sacre, alla chiesa, che ha scelto il teatro per raccontare la vita di Gesù, tramite rappresentazioni sacre, come la passione di Cristo. “Una storia sacra che ognuno percepisce in modo diverso”, ha spiegato Evandro, “ma in cui tutti si ritrovano.
Una lezione che ha raccontato del primo atto notarile del 1545 che registrò la costituzione di una compagnia di comici professionisti, la compagnia di Ser Maphio, che ha descritto la figura del Gobbo di Notre Dame, catturando l’attenzione anche dei più giovani in sala, che nel giorno della festa del popolo, diventava il re del festa e che alla fine ha portato le maschere tra il pubblico. Tra quelle che hanno destato più curiosità, quella balinese, che narra di un teatro orientale lontano nel tempo, forma di comunicazione con qualcosa che si trova “al di là delle nuvole”.
E poi la figura del saltimbanco, del ciarlatano, del cantastorie e del giullare. Di attori che seducono il pubblico, che fanno riflettere le persone e che per questo a volte sono entrati in conflitto con il potere. Qui il ricordo degli editti medievali che ne vietavano l’ingresso in città. A fine evento, grazie anche alla brillante collaborazione dell’attrice del Lanciavicchio, Rita Scognamiglio, i presenti hanno potuto cimentarsi in un vero e proprio laboratorio teatrale, filo conduttore di una giornata che ha dato il via a un progetto ambizioso, quanto prezioso e molto stimolante.
“Mi piace pensare al museo nella sua etimologia più essenziale”, ha commentato alla fine della manifestazione la nuova direttrice del Castello, Marina Nuovo, che entrerà nella nuova veste dirigenziale domani 15 febbraio, succedendo a Geltrude Di Matteo, “museo vuol dire casa delle muse. Mi piace pensare il museo come casa del teatro, della musica, dell’astronomia, concepirlo come un grande tempio delle muse”.