L’Aquila. Si divide tra la costa e le montagne. Entra nei salotti televisivi e buca lo schermo tanto da far pensare a una possibile faccia a faccia con il sindaco di Firenze Matteo Renzi. Ma il presidente della Regione, Gianni Chiodi, a tutto questo non ci pensa. Si deve occupare del suo Abruzzo, della sua terra da risanare e rilanciare. Deve pensare ai bilanci, materia sua, e all’innovazione, alla rinascita del capoluogo e alla creazione delle nuove province. In che modo Chiodi pensa di realizzare tutto questo? L’ha spiegato in una lunga intervista a MarsicaLive in modo chiaro e dettagliato.
Presidente Chiodi, lei è riuscito in una mission impossibile, attuando una politica di risanamento economico per la Regione Abruzzo e facendola passare da fortemente indebitata a virtuosa. Quanto è stato difficile organizzare il piano di riordino dei conti?
La missione che lei definisce “impossibile” è stata “possibile” grazie alle famiglie e alle imprese abruzzesi che da prima del nostro insediamento sopportano una tra le più alte pressioni fiscali d’Italia. La vera sfida non è stata quella di organizzare tecnicamente il piano di riordino dei conti, ma condividerlo e far comprendere agli abruzzesi che mettere a posto i conti significa ridare speranza a loro stessi, liberando risorse per la crescita e lo sviluppo. All’inizio del percorso ho incontrato resistenze enormi, ma ora ho segnali sempre più decisi che tale concetto stia passando. Non si tratta di una operazione semplicemente contabile, ma è una scelta profondamente politica, per ridare fiato ad una regione che si avviava ineluttabilmente verso la via di un declino irreversibile. Oggi tutti gli indicatori ci mostrano che avendo alleggerito la presenza della mano pubblica regionale si ampliano i margini di crescita. Nel 2011 siamo stati tra le prime regioni in termini di incremento del prodotto interno lordo e nel 2012 saremo tra le regioni che meglio stanno affrontando la devastante crisi che si è riacutizzata nel mondo. Nel 2013 primari istituti nazionali di ricerca economica ci dicono che l’Abruzzo avrà il migliore tasso di sviluppo del Paese.
La scure dei tagli ha colpito il numero dei dipendenti regionali, assorbito numerose agenzie, ridotto consorzi fidi. C’erano così tanti costi eccessivi a gravare sui conti della regione?
Si, i margini per tagliare la spesa senza interferire sui servizi e sui compiti fondamentali delle pubbliche amministrazioni sono enormi. Spesso è bastato razionalizzare procedure eseguite per anni in modo sbagliato e inefficiente, accorpare uffici, eliminare duplicati per risparmiare cifre considerevoli. Questo è un metodo che dovrebbe essere replicato anche a livello nazionale, abbandonando la via dei tagli lineari e colpire nel merito le numerose e pesanti inefficienze. La macchina pubblica deve occuparsi di ciò che è necessario, deve abbandonare campi dove non è giustificata la sua presenza. Spesso ricordiamo la macchina statale della prima repubblica come quella macchina che produceva “pomodori di stato”, ma, ancora oggi, se ci guardiamo bene intorno lo Stato è presente in troppe questioni che non lo riguardano o lo riguardano marginalmente.
Una delle situazioni più critiche era la gestione del sistema sanitario. I tagli hanno messo in ordine i conti, ma il servizio è migliorato o peggiorato? Quale il reale stato di assistenza ed efficienza dei nostri ospedali?
Le sue scelte politiche, specie quelle in materia economica, sono diventate un esempio da seguire. Anche l’Europa le ha dato atto di essere riuscito in una difficile impresa. Gli abruzzesi hanno capito le sue scelte coraggiose e spesso impopolari?
Credo di si. E l’attuale situazione politica del Paese ci sta dando una mano nell’individuare quelle esperienze di amministrazione virtuose. L’attenzione dei media nazionali nei confronti dell’ “Abruzzo virtuoso” è la dimostrazione di tutto ciò.
È difficile dirlo. Siamo dentro una crisi epocale e non passeggera. Sono messi in discussione i riferimenti e le regole economiche che hanno informato l’economia occidentale per 30 anni. Abbiamo bisogno di una sorta di “new deal” o di una specie di “reaganomics” che ci hanno fatto uscire dalle pesanti crisi degli anni venti e degli anni settanta. Credo che, qualunque sia il politico o la parte politica che si faccia carico di individuare un percorso di uscita dalla crisi di oggi, la ricetta non possa non contenere ingredienti come “meno stato” e “meno tasse”, ma questa volta sul serio, senza finte. Lo Stato deve fare solo ciò che è strettamente necessario che faccia, e che lo faccia meglio, e le aliquote fiscali, conseguentemente, devono essere ragionevoli in modo tale da renderne accettabile il convinto pagamento. Oggi si pretende che i cittadini e le imprese vedano prelevato oltre la metà del proprio reddito per avere in cambio servizi che i privati possono realizzare con costi più bassi e servizi scadenti nei settori dove lo Stato deve riaffermare la propria presenza.
Il prossimo step dovrebbe essere un piano di crescita e sviluppo. Di cosa ha bisogno la regione per avere un sistema produttivo competitivo?
L’ho già accennato. Meno Stato, meno Regione, meno Provincia e meno Comune: in una parola meno burocrazia. E dall’altro lato meno tasse per liberare risorse che vadano al risparmio e ai consumi. L’Abruzzo che si difende oggi è trainato dai mercati esteri, non bisogna lasciare il mercato nazionale. Gli investimenti pubblici devono riguardare le infrastrutture materiali e immateriali. Rendere il territorio accessibile e appetibile. Reti di comunicazione e telecomunicazione efficienti e risorse umane qualificate.
Il suo partito, il Pdl, negli ultimi tempi sembra stia attraversando un periodo di crisi di identità, quali le ragioni di questo malessere e della perdita di consensi?
Non è la cisi di un partito, ma quella del ruolo della politica. Nei partiti, abbiamo tutti troppo dimenticato il merito e la partecipazione. Chi ha dimenticato questi due principi con meno prepotenza oggi sta un pochino meglio. Solo un pochino però!
Stando ad indiscrezioni di questi giorni lei potrebbe essere uno dei possibili candidati premier per il centrodestra alle elezioni della prossima primavera. Il Presidente Berlusconi le ha chiesto la sua disponibilità? La sua grande esperienza nella gestione rigorosa della cosa pubblica al servizio di tutto il Paese, accetterebbe la sfida?
Sono indiscrezioni non fondate. Per l’Abruzzo, e non per me, mi inorgoglisce il fatto che si parli di “regione virtuosa” e come modello da applicare anche a livello nazionale.
Qualsiasi sfida tra un giovane amministratore dell’area progressista e un giovane amministratore dell’area moderata sarebbe una interessante novità nello scenario politico italiano. Gianluca Rubeo