Avezzano. Il poverello di Assisi, la storia di San Francesco e il movimento francescano in Abruzzo.
Il movimento francescano in Abruzzo dall’origine al XIV secolo.
La diffusione del francescanesimo in Abruzzo iniziò quando era ancora vivo San Francesco (1181-1226).
Diversi abruzzesi conobbero il Santo e furono tra i suoi primi seguaci, come Filippo Longo di Atri, che fu presente con San Francesco all’incontro con Papa Innocenzo III; Filippo era una persona semplice, senza istruzione, ma divenne predicatore e missionario in Francia.
Tommaso da Celano fu accolto da San Francesco tra il 1214 e il 1215, era un letterato e fu il primo biografo del Santo. Si recò a predicare anche in Germania e morì nel 1260 nel monastero delle clarisse di Val de’ Varri. Il suo corpo è ora custodito nella chiesa di San Francesco a Tagliacozzo (AQ). Giovanni da Celano conobbe anch’egli personalmente San Francesco e di lui sono stati ritrovati alcuni sermoni. Illuminato da Chieti, morto nel 1282, fu vicario generale dell’Ordine dal 1221 al 1227 e poi ebbe altri importanti incarichi, sino a diventare Vescovo di Assisi.
Nel visitare diversi paesi per portare il messaggio evangelico Francesco visitò anche l’Abruzzo, nello specifico la Marsica.
Le visite di San Francesco in Abruzzo, che risultano documentate, sono quelle fatte a Celano e Pescina tra il 1215 e il 1216, riportate da Tommaso da Celano, mentre una seconda visita a Celano, citata sempre da Tommaso da Celano e anche da San Bonaventura, sarebbe da datare al 1222.
Oltre questi viaggi così documentati, diverse tradizioni sostengono che Francesco d’Assisi abbia visitato altre località abruzzesi, come Gagliano, Castelvecchio Subequo, Penne, cosa che può essere ritenuta possibile, sebbene non documentata.
Alcune tradizioni rimandavano a San Francesco anche la fondazione di conventi, ma gli storici ritengono che il Santo non abbia fondato conventi.
Il francescanesimo era comunque arrivato in Abruzzo mentre San Francesco era ancora in vita, tanto che è stata trovata documentazione dell’esistenza, già nel 1225, della custodia marsicana e della custodia pennese (per custodia era da intendersi quella che potremmo dire una circoscrizione francescana).
All’inizio del francescanesimo la presenza dei frati non era legata ai conventi, essendo essenzialmente dediti a una vita itinerante e riposando in semplici ripari. Il processo insediativo attraversò varie fasi, dall’itineranza allo stanziamento (anche in eremi, conventicoli…) e quindi alla conventualizzazione, che viene riportata agli anni trenta del XIII secolo. I primi piccoli insediamenti vennero indicati anche con il termine “locus”, più tardi entrò in uso il “convento”.
Alcuni studi rimandano il fiorire delle varie tradizioni riguardanti la presenza e l’opera di San Francesco in luoghi non citati in testimonianze scritte alle condizioni storiche del francescanesimo, che conobbe la divisione in più correnti. Infatti nacquero presto diversi orientamenti nel francescanesimo, essendovi frati maggiormente legati all’originaria povertà (personale e comunitaria) e altri invece orientati a costruire conventi, ritenuti necessari all’apostolato. Secondo alcuni studiosi quest’ultimi attribuivano a Francesco stesso la fondazione di conventi a sostegno della loro scelta.
Per capire come si sviluppò la storiografia francescana si ricorda che già nel 1260 al Capitolo Generale di Narbonne venne dato incarico a San Bonaventura di scrivere la Biografia del Santo, che fu terminata nel 1263, poi nel Capitolo Generale di Parigi del 1266 venne dato ordine di distruggere tutte le precedenti biografie di San Francesco. Per fortuna non tutto venne distrutto e “La Vita Prima”, “La Vita Seconda” e il “Trattato dei Miracoli”, scritti da Tommaso da Celano, legato al francescanesimo più spirituale e primo biografo del Santo, vennero ritrovati e ripubblicati a partire dalla fine del 1700.
Sebbene il francescanesimo si sia diffuso presto nella regione, la documentazione attuale non sempre permette di ricostruire il processo di costituzione dell’ordine francescano in Abruzzo.
Le prime fonti ci riportano il graduale passaggio dal “nomadismo” iniziale dei francescani, che si spostavano per diversi paesi, alla costituzione di conventi stanziali, a partire del 1230. Su questi primissimi insediamenti è scarsa la documentazione, anche perché allora non si preoccuparono di fare atti notarili o lasciare altri documenti scritti.
Il Capitolo Generale del 1217, vivente San Francesco, strutturò l’Ordine in dodici ampie circoscrizioni, dette Province, delle quali sei erano in Italia. Allora l’Abruzzo venne a far parte della provincia “itinerante” di Terra di Lavoro. Successivamente, essendo aumentati i frati, nel Capitolo Generale di Assisi del 1230 venne istituita un’ulteriore provincia, che corrispondeva pressochè al territorio della regione Abruzzo, che venne chiamata Provincia Pennensis; il nome fu mantenuto sino al 1457, quando diverrà Provincia Sancti Bernardini Senensis. La provincia era suddivisa in “custodie”, che comprendevano diversi insediamenti.
Questa maggiore strutturazione ci consente di avere maggiori informazioni sugli insediamenti francescani in Abruzzo fra XIII e XIV secolo. Nella serie dei conventi e delle custodie francescane, redatta tra il 1260 e il 1270, si riportano 4 Custodie e 31 insediamenti (anche se non ne riporta i nomi). Un’altra fonte fondamentale in questo senso è il “Provinciale Ordinis Fratrum Minorum”, redatto tra il 1334 e il 1344 da Fra Paolino da Venezia, che riporta 6 Custodie francescane e 41 insediamenti nel territorio della provincia abruzzese.
Le sei Custodie comprese nella Provincia Pennese, che corrispondeva all’Abruzzo, erano dunque:
- la Custodia Teatina con i conventi di Chieti, Pescara, Francavilla, Ortona, Lanciano, Palena, Guardiagrele, Bucchianico;
- la Custodia Pennese con i conventi di Penne, Loreto, Catignano, Alanno, Tocco, Manoppello;
- la Custodia Atriana con i conventi di Atri, Cellino, Valle, Città Sant’Angelo, Silvi, Montesilvano;
- la Custodia Aprutina con i conventi di Santa Giusta, Teramo, Campli, Civitella del Tronto, Controguerra, Sant’Omero, San Flaviano (Giulianova), Morrodoro;
- la Custodia Aquilana con i conventi di Aquila, Fontecchio, Castelvecchio, Ofena, Popoli, Sulmona;
- la Custodia Marsicana con i conventi di Pescina, Celano, Avezzano, Corvaro (ora provincia di Rieti), Tagliacozzo, San Pietro in Albe, Balsorano.
Sull’origine dei conventi più antichi non sempre si hanno notizie certe.
Un cenno va fatto a Tommaso da Celano, che fu tra i primi seguaci di San Francesco, ritenuto autore del famoso Dies Irae, al quale si attribuisce la fondazione delle prime comunità francescane in Celano e Tagliacozzo, inizialmente ospitate in strutture semplici che poi diedero origine ai conventi e alle chiese che hanno segnato la storia di questi paesi.
È verosimile, considerando quanto riportato da Tommaso da Celano e da San Bonaventura, che Celano sia stato il primo paese in Abruzzo a offrire un “locus” ai Francescani quando il santo era ancora in vita, ma non doveva essere una struttura imponente come quella poi fatta costruire dal Conte di Celano. Lo storico Muzio Febonio (1597-1663) scrive di aver letto un documento allora conservato nel convento di Celano (ora non più reperibile), nel quale si riportava che il 21 aprile del 1256 il Conte di Celano Ruggero aveva dato inizio alla costruzione della chiesa del Beato Francesco a Celano ponendo la prima pietra.
Anche a Tagliacozzo vi fu un primitivo insediamento dei francescani in una chiesetta, detta “Santa Maria extra muros” di dimensione ridotte e circondata da grotte, che fu il primo “locus Sancti Francisci”. Secondo un’antica tradizione questo primitivo luogo fu anche abitato da Tommaso da Celano. Nel 1252 si diede inizio all’ampliamento di questo luogo per realizzare una chiesa e un convento accoglienti e Innocenzo IV elargiva 40 giorni di indulgenza a coloro che sostenevano l’edificazione della nuova chiesa.
Non potendo ricordare tutti i conventi vogliamo fare un breve riferimento al Convento di San Francesco in Penne, ora non più esistente perché distrutto tra il 1858 e il 1859 per creare uno spazio più vasto dinanzi alla porta di San Nicola. La tradizione vuole che il convento fosse nato dalla presenza di San Francesco a Penne nel 1215, visita in realtà non riportata nelle testimonianze francescane.
I francescani si insediarono comunque presto a Penne, in un romitorio vicino alla chiesetta dedicata alla Beatissima Vergine, nel prato detto di San Nicola; questo luogo divenne poi, nel 1225, sede della custodia pennese e nel 1230 anche sede della provincia pennese, che, come già detto, comprendeva il territorio regionale. Tra il XIII e il XIV secolo vennero edificati la chiesa e il vero e proprio convento che ebbero una lunga storia sino all’abbattimento del XIX secolo.
Una menzione va fatta anche per il Convento di san Francesco di Castelvecchio Subequo, noto per la reliquia del sangue di San Francesco, che sarebbe stato costruito inglobando la chiesetta di Santa Maria a’ piedi Pontano, donata, secondo la tradizione, dai Conti di Celano proprio a San Francesco. Presso la chiesetta ci sarebbe stato dapprima un semplice primo insediamento dei francescani, poi nel 1267 venne disposta l’edificazione di un convento consono alle necessità dei frati e di una chiesa più ampia, che venne realizzata inglobando la struttura più antica e consacrata nel 1288.
Dal XIV secolo si conserva nella chiesa la reliquia del sangue di San Francesco, dono dei Conti di Celano.
Un altro convento la cui storia è segnata dalla presenza di una reliquia è il convento di Lanciano, che conserva il “Miracolo Eucaristico”. I frati si stabilirono inizialmente a Lanciano in una zona piuttosto periferica, ove era sita una vecchia chiesa dedicata ai Santi Legonziano e Domiziano, nella quale nell’VIII secolo era avvenuto un grande miracolo, quando nelle mani di un monaco il pane si era mutato in carne e il vino in sangue. Ciò veniva custodito gelosamente in questa chiesa, sulla quale i francescani edificarono una chiesa più ampia e il convento e nel 1252 il Papa Innocenzo IV concesse l’indulgenza a chi contribuiva alla sua costruzione. La chiesa costruita dai francescani venne ad accogliere la miracolosa reliquia.
In Abruzzo il Francescanesimo attecchì con più fortuna rispetto ad altre regioni, tanto che nel 1376 L’Aquila ospitò il Capitolo Generale dell’Ordine. Se numerosi erano i conventi dei frati, secondo i pochi documenti disponibili anche l’Ordine di Santa Chiara, che prese origine con la monacazione della Santa, aveva un numero consistente di insediamenti nel territorio regionale già nel XIII secolo.
Il Monastero di San Francesco (o del Beato Francesco) a Gagliano Aterno è precedente al 1271. Il Monastero delle Clarisse di Goriano Sicoli esisteva già nel 1289. Il Monastero di S. Maria in Apinianici a Pescina è citato in un documento nel 1255. Santa Scolastica di Baullo si trova citata nel 1286, quando si rinnova e si conferma la sua concessione alle monache dell’ordine di Santa Chiara.
In Abruzzo si svilupparono molto precocemente, ancora vivente San Francesco, anche le congregazioni terziarie, destinate ai laici, tanto che la primitiva Regola del Terzo Ordine e le costituzioni del 1289 sono state reperite proprio nei codici abruzzesi di Capestrano e dell’Aquila.
Già nel finire del XIII secolo c’era in Abruzzo e in particolar modo a L’Aquila un ben radicata comunità di terziari.
– La nascita dell’Ordine dei frati minori osservanti e la sua diffusione in Abruzzo
I frati francescani, detti comunque minori perché con quel nome venivano chiamati da San Francesco, si distinsero negli anni in due diverse correnti, quella degli osservanti, legati alla spiritualità e all’austerità originaria, che nella loro prima stagione svolgevano il loro servizio ospitati in romitori e conventicoli lontani dalle città, mentre i conventuali volevano promuovere l’apostolato, costruendo a tal fine conventi nei centri abitati e sviluppando gli studi teologici. Così, secondo alcuni studi, i conventuali spesso propagandavano nei loro scritti che i propri conventi erano stati fondati dallo stesso Santo, per sostenere indirettamente di essere veri seguaci di Francesco, anche valorizzando reliquie francescane che potessero dare ulteriore credibilità storica ai loro conventi. Di contro gli osservanti valorizzavano quelli che tra loro facevano miracoli e i molti che furono santificati.
La riforma degli osservanti fu approvata nel Concilio di Costanza nel 1415 e subito si diffuse in Abruzzo. Nel 1517 con la bolla “Ite vos” di Papa Leone X i frati minori verranno a separarsi definitivamente nei due ordini detti dei frati minori conventuali e dei frati minori osservanti.
La divisione fra conventuali e osservanti toccò anche l’Abruzzo e nel secolo XV diversi francescani, legati all’Abruzzo per la nascita o per il servizio svolto, ebbero un ruolo importante nello sviluppo dell’ordine.
L’osservanza ebbe come primo insediamento in Abruzzo il Convento di San Giuliano, fondato alla periferia della città dell’Aquila nel 1415, per interessamento di frate Giovanni da Stroncone. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1418, frate Domenico da Genova tra il 1419 e il 1421 fondò i conventini di Sant’Andrea in Chieti, di S. Cristoforo a Penne e di San Giovanni Battista a Roccamontepiano.
Inizialmente furono figure importanti dell’osservanza in Abruzzo Giovanni da Stroncone e il citato Domenico da Genova, ma la diffusione dell’osservanza nella regione fu fortemente legata a Giovanni da Capestrano, figura di grande rilevanza nell’Ordine, come pure fu importante la presenza a L’Aquila di Bernardino da Siena. Nella storia del francescanesimo di questo secolo troviamo dunque molte figure influenti legate all’Abruzzo.
Nel 1420 furono infatti fondati per iniziativa degli osservanti diversi importanti conventi, come quelli di Chieti e Penne, già menzionati, mentre a Lanciano furono fondati prima Santa Maria di Frisa (ex chiesa cistercense) nel 1424 e poi Sant’Angelo nel 1430. Nel 1440 venne fondata Santa Maria delle Grazie di Ortona, nel 1443 il convento di San Nicola a Sulmona, nel 1445 quello di San Leonardo in Atri e nel 1446 quelli di Teramo, dedicato a Santa Maria delle Grazie. Nacquero altri conventi in centri più piccoli, come Roccamontepiano, Campli, Ocre, Caramanico, Orsogna, mentre nella Marsica l’osservanza si stabilì nell’importante borgo feudale di Celano, dove nel XV secolo si diedeo inizio alla costruzione della chiesa di Santa Maria in Valleverde con il sostegno della famiglia dei Conti di Celano, sebbene l’opera fu poi conclusa solo all’inizio del secolo XVI.
San Giovanni da Capestrano (1386-1456), personaggio fondamentale nella storia dell’osservanza, era ovviamente legato all’Abruzzo, essendo nato a Capestrano (in provincia dell’Aquila) da padre tedesco e madre abruzzese. Studiò diritto a Perugia ove fu anche capitano del popolo, poi si convertì e divenne frate nell’ordine degli osservanti. Svolse il suo ministero in varie località italiane ed europee e conobbe anche San Bernardino da Siena. Giovanni da Capestrano in Abruzzo ricoprì un ruolo fondamentale per l’edificazione di diversi conventi, tra questi va ricordata la costruzione del convento di Capestrano, suo paese natale, realizzato grazie all’atto pubblico di donazione del suolo e del permesso di edificazione firmati nel 1447 dalla Contessa Covella della famiglia dei Conti di Celano, che ebbero un ruolo importante nell’edificazione di vari conventi francescani.
Giovanni da Capestrano è ricordato anche per aver contribuito alla stesura del trattato di pace del 1428, concordato tra le città di Lanciano e Ortona, che, avendo entrambe un porto, erano entrate in conflitto per interessi commerciali. Il contributo offerto dal santo per la pacificazione diede vita ai due conventi dell’osservanza eretti nelle città di Lanciano e Ortona, il già citato Sant’Angelo della Pace a Lanciano e Santa Maria della Pace in Ortona.
Altro personaggio importante dell’ordine degli osservanti è stato San Giacomo della Marca (1393-1476), nato nelle Marche, ritenuto promotore del convento di Santa Maria delle Grazie in Teramo (1446).
La storia del francescanesimo abruzzese fu segnata dalla straordinaria presenza di San Bernardino da Siena, considerato una delle “colonne” dell’osservanza per aver dato un forte contributo all’organizzazione del suo ordine, il quale trascorse l’ultimo periodo della sua vita a L’Aquila, dove morì nel 1444. La fama del personaggio fu occasione per la costruzione in città della grande basilica, che nel 1472 fu conclusa e dedicata appunto a San Bernardino, del quale accolse le spoglie. Se il convento di San Giuliano era sorto in posizione appartata, secondo il primitivo stile dell’osservanza, di fatto, nel tempo, anche gli osservanti, pur mantenendo la loro austerità, edificarono grandi strutture nei centri urbani e promossero gli studi, come fecero appunto a L’Aquila con la costruzione della grande basilica. L’Aquila divenne pertanto un centro di fondamentale importanza per l’ordine degli osservanti e ospitò, nel 1495, la celebrazione del Capitolo Generale dell’Osservanza.
San Bernardino da Siena, pur essendo arrivato all’Aquila sul finire della sua vita, segnò il volto e la storia della città per l’edificazione della chiesa che accoglie il suo corpo
L’attiva presenza dell’osservanza in Abruzzo aveva portato alla creazione di diversi conventi.
Nella città dell’Aquila e nel suo circondario vi erano quattro conventi, il già citato convento di San Giuliano, quelli di Arischia e di Sant’Antimo presso Paganica, oltre la grande struttura di San Bernardino.
Si narra che la fondazione di San Bernardino fu fortemente voluta da Giovanni da Capestrano e affidata a Giacomo della Marca per conservare il corpo del santo senese morto all’Aquila. Dal 22 settembre 1451 la cancelleria pontificia rilasciò un numero cospicuo di lettere a favore della fabbrica del complesso conventuale. Per assicurare alla costruzione dell’opera un congruo sostegno economico, con atto pontificio si dispose l’indulgenza per chi contribuiva alla costruzione e al mantenimento della stessa. La costruzione subì un rallentamento a causa del terremoto del 1463, ma per la determinazione dell’ordine e della cittadinanza i lavori furono portati avanti. Completati i lavori, nel 1472, in occasione della traslazione del corpo del santo, venne reiterata l’indulgenza a tutti coloro che visitavano la chiesa in quella occasione e per tutti gli anni a seguire nel giorno della sua festa. Nel 1490 per terminare la chiesa Innocenzo VIII concesse un’ulteriore indulgenza, questa volta plenaria.
Si ricorda che gli osservanti aprirono nel XVI secolo altri conventi, tra i quali Santa Maria della Pietà a Loreto Aprutino, Santa Maria della Cona a Tossicia, Santa Maria della Pietà a Ripa Teatina, Sant’Antonio di Padova in Palena, Santa Maria degli Angeli in Pezzano, Crognaleto in Propezzano, Santa Chiara in Bucchianico, SS, Sette Fratelli in Mosciano S. Angelo, Santissima Concezione in Pacentro, Sant’Antonio Abate in Rapino, Santa Maria delle Grazie in Calascio, Santa Maria Monte Oliveto in Castilenti.
I frati non si dedicavano solo all’apostolato, ma anche ad attività sociali.
Per iniziativa degli osservanti nacquero in Abruzzo, tra la seconda metà del XV secolo e la prima metà del XVII, ventisei Monti di Pietà (vi erano quelli del grano e quelli dei “denari”), i primi a costituirsi nella seconda metà del XV secolo furono quelli di Teramo, L’Aquila e Sulmona.
Va detto che dall’Ordine dei Frati Minori Osservanti si svilupparono altri rami, tra questi quello dei Riformati (1532) che in Abruzzo si stabilirono in diversi conventi, come il citato Convento di San Giuliano dell’Aquila, che era stato il primo fondato dagli osservanti in Abruzzo e divenne il primo convento dei Riformati in Abruzzo nel 1592. I Riformati, nel 1897, con Papa Leone XIII vengono riuniti, insieme agli Osservanti e alle altre “famiglie” nate dall’Osservanza, nell’Ordine dei Frati Minori.
– Conventuali, Osservanti, Cappuccini e Riformati in Abruzzo dal XVI al XVII secolo
Nel XV secolo il francescanesimo aveva creato conventi e chiese sia nell’area costiera che in quella interna dell’Abruzzo. Nelle città che erano sedi vescovili e nei centri comunque importanti dal punto di vista economico e amministrativo si riscontrava la presenza di insediamenti sia dei conventuali che
degli osservanti.
I conventuali erano particolarmente dediti alla cultura e agli studi teologici, molti seguirono studi universitari e tra loro vi furono anche personaggi di spicco abruzzesi. Tra i principali si ricorda Vincenzo di L’Aquila che nel 1554 pubblicò a Venezia lo scritto “De Dei hominisque operibus”. Un illustre frate originario di Tagliacozzo, Padre Properzio Resta, uomo di grande cultura che fu anche consacrato vescovo, nel 1599 stampò a Roma “De vera et falsa sapienza”.
Anche tra gli osservanti vi furono religiosi molto dotti, tra gli abruzzesi ricordiamo Padre Mario da Calascio, studioso di Sacra Scrittura, esperto di lingue orientali ed ebraista, che a Roma, nella Basilica di Santa Maria in Aracoeli, venne incaricato dell’insegnamento dell’ebraico. Nel 1621 pubblicò a Roma “Concordanze Bibliche Ebraiche”.
Per quanto attiene le circoscrizioni provinciali e custodiali nelle quali era organizzata la presenza francescana in Abruzzo esse restarono pressoché immutate sino al XVI secolo.
La Provincia del territorio abruzzese, che dal 1230 si chiamava Provincia Pennese, nel 1457 cambiò il nome in Provincia di San Bernardino, che era morto a L’Aquila. La Provincia, come già detto, era divisa in sei custodie che, per lo più, tenevano conto del territorio delle varie diocesi e prendevano il nome dalla città sede del vescovo. Si trattava della Custodia Pennensis, dal nome della città di Penne, la Custodia Atriana, da Atri, la Custodia Aprutina, per la zona di Teramo, la Custodia Teatina, così chiamata per l’antico nome di Chieti, la Custodia Aquilana, facente capo alla città dell’Aquila, e la Custodia Marsicana, relativa all’area della Marsica.
Era inserita nel territorio della Custodia Aquilana anche la zona di Sulmona, sebbene questa fosse una diocesi a sé stante.
Il territorio abruzzese di Vasto, a sud della Valle del Sangro, era aggregato al territorio della Provincia pugliese-molisana di sant’Angelo.
Nel territorio abruzzese nel XV secolo erano diffusi i conventi degli osservanti e quelli dei conventuali, in seguito, nel XVI secolo, con la nascita dei Cappuccini, dei quali si dirà dopo, vennero aperti anche conventi dei Cappuccini, e con il distaccarsi dei frati Riformati dall’osservanza alcuni conventi vennero ad essere gestiti dal nuovo ramo del francescanesimo.
Nel 1649 Papa Innocenzo X, al fine di attuare la riforma degli ordini religiosi, già discussa nel Concilio di Trento (1545-1563), istituì la “Congregazione sullo stato dei religiosi” e con la Bolla “Instaurandae regularis disciplinae” del 1652 dispose le indicazioni per la soppressione di conventi, anche per evitare la dispersione dei religiosi in comunità troppo piccole. Con tali disposizioni furono chiusi 457 conventi che facevano capo ai frati conventuali, dei quali 23 appartenevano alla provincia di San Bernardino, che corrispondeva all’incirca al territorio abruzzese. Non sono pervenute notizie certe sulla soppressione dei conventi degli osservanti, dei quali sappiamo che nel 1651 avevano 33 conventi in Abruzzo, se non per la soppressione di quelli di Monteodorisio e di Goriano Valli, che in seguito vennero riaperti.
La disposizione scatenò un malcontento generale, tanto che il Papa con il decreto “Ut in parvis” del 1654 dispose nuove norme che consentirono di riaprire 215 conventi dei conventuali, così nella provincia di San Bernardino ne vennero riaperti 8.
Dopo la riforma di Innocenzo X, nel 1690, restavano nel territorio abruzzese sia gli osservanti, con 33 conventi sia i conventuali con 42 conventi. Per i Cappuccini, che costituivano un altro ramo della famiglia francescana, sono pervenuti documenti dai quali risulta che nel 1650 avevano in Abruzzo 30 conventi, dei quali solo San Giuseppe a L’Aquila venne chiuso al tempo di Innocenzo X, mentre poi venne riaperto nel 1674. I Riformati nel 1680 avevano 12 conventi e non risulta che avessero subito soppressioni.
Le monache clarisse, che sin dal XIII secolo erano presenti in Abruzzo, nel XVII secolo avevano nel territorio regionale 24 monasteri e non vi furono chiusure con le disposizioni innocenziane.
– Cappuccini in Abruzzo nei secoli XVII e XVIII
Nel XVI secolo dalla “famiglia” francescana si sviluppò un altro ramo, quando, intorno al 1525, Matteo da Bascio (1495-1552), francescano osservante ordinato sacerdote nelle Marche, convinto che lo stile di vita condotto dai francescani del suo tempo non era quello che san Francesco aveva immaginato, scelse di tornare allo stile di vita originario in solitudine e penitenza.
Nel 1528 con la bolla “Religionis zelus” di Clemente VII venne concesso a Matteo e ai suoi seguaci di vivere da eremiti e di andare ovunque predicando ai poveri e accogliendo novizi. A loro venne concesso anche di portare la barba e l’abito con il cappuccio. Nel 1529 si dedicarono alla stesura delle “Costituzioni delli frati Minori detti della Vita eremitica”, improntate a povertà e umiltà. Nel 1535 furono discusse nuove costituzioni, promulgate nel 1536, che restarono valide, tranne lievi modifiche, sino al 1968.
I francescani eremiti furono inizialmente sotto la protezione dei Conventuali, solo nel 1619 con la bolla papale “Alias Felicis recordationis” fu riconosciuta l’indipendenza dei Cappuccini dal generale dei Conventuali.
Questi frati eremiti, per via della loro scelta di portare il cappuccio, vennero chiamati Cappuccini, nome che compare nei documenti pontifici nel 1534.
Papa Gregorio XIII, nel 1574, permise ai Cappuccini di insediarsi in “Francia e in tutte le altre parti del mondo e di erigervi case, luoghi, custodie e province”, autorizzandone, nei fatti, la diffusione al di fuori dell’Italia.
Nel tempo i Cappuccini, pur mantenendo fede al voto di povertà radicale, passarono dalla vita eremitica all’edificazione di conventi, utili per svolgere il loro ruolo di predicatori nei paesi e nelle città. La riforma cappuccina era nata per riscoprire l’originaria povertà, non solo personale ma anche comunitaria, e poneva regole rigorose, così le chiese e i conventi non erano proprietà dei cappuccini e ci si atteneva a quanto stabilito nel 1245 da Innocenzo IV, che, riprendendo le precedenti disposizioni di Gregorio IX, dichiarava che i beni immobili dei frati minori erano di proprietà della sede apostolica.
L’Ordine dei Cappuccini, che si affiancò agli altri due ordini maggiori (conventuali e osservanti), si stabilì anche in Abruzzo, quando fra Matteo Silvestri da Leonessa, medico di nobili natali che aveva rinunciato a tutto ed era entrato nella famiglia cappuccina, fondò a L’Aquila nel 1540 il primo convento Cappuccino che fu dedicato a San Giuseppe.
Inizialmente i Cappuccini abruzzesi erano parte della Provincia religiosa di Roma, ma già nel 1575 eressero la Provincia di San Bernardino che, tra la fine del ‘500 e i primi due decenni del secolo successivo, venne a costituire ventotto conventi. I loro conventi erano in genere costruiti un po’ lontani dall’abitato e spesso avevano un orto, le loro celle erano piccole e povere.
La Provincia, che come per gli altri Ordine prese il nome di San Bernardino, comprendeva sostanzialmente il territorio regionale, che era diviso in tre custodie: quelle di Penne e Chieti, che comprendevano i conventi della fascia adriatica, e quella dell’Aquila, che comprendeva, oltre l’aquilano, anche il territorio marsicano e sulmonese.
I Cappuccini divennero presenti su tutto il territorio dell’Abruzzo, da Tagliacozzo, quasi al confine della Provincia Romana, ai principali centri dell’interno sino alle città della costiera adriatica.
Per lo più i Cappuccini si insediarono nei maggiori centri della regione, che erano in grado di ospitare e reggere economicamente una terza comunità francescana, dopo aver accolto i conventuali e gli osservanti. Negli Annali dell’Ordine del 1620 si riscontra la presenza di conventi cappuccini innanzitutto nelle città che erano sedi vescovili, come L’Aquila, Avezzano, Sulmona, Teramo, Atri, Penne, Chieti, Lanciano, dove avevano già una propria sede sia i Conventuali che gli Osservanti. L’elenco del 1620 segnala anche la presenza cappuccina in centri minori, come Civitella del Tronto e Campli e ben presto anche Tocco a Casauria, registrato per la prima volta negli Annali nel 1626. In tale elenco notiamo anche Giulianova e Caramanico.
Si tenga presente che erano operanti anche altri ordini religiosi, come Agostiniani, Serviti, Celestini, etc.., i Cappuccini andavano, dunque, ad incrementare il già consistente numero di comunità regolari in Abruzzo.
Nel giro di un cinquantennio l’incremento delle comunità era stato notevole e il loro numero restò stabile per molto tempo; solo per alcuni anni, nella seconda metà del ‘700 vennero incorporati nella Provincia di San Bernardino le sedi di Leonessa, Amatrice e Montereale.
Nella fondazione dei conventi e nel reperimento dei mezzi economici necessari alla loro sussistenza importante, oltre al sostegno dei fedeli, fu il contributo di benefattori appartenenti alla nobiltà e ai ceti abbienti.
Lo sviluppo di ogni Ordine era legato alla svolgimento di attività pastorali, quali la predicazione, l’istruzione, etc.. Per i Cappuccini l’istruzione era importante solo per fini interni, mentre un’attività nella quale erano molto impegnati era quella della predicazione, specialmente tra il popolo, oltre alla questua, finalizzata alla ricerca di cibo e tessuti per le esigenze dei frati, dato che fino al XVIII secolo ai Cappuccini, legati ad una rigorosa povertà, era vietato l’acquisto attraverso il denaro.
I predicatori erano scelti con cura e preparati a questa attività. Cicli di predicazione si tenevano in particolare durante la quaresima e l’avvento, e in queste occasioni i predicatori erano impegnati anche al di fuori del proprio convento. I guardiani, cioè i responsabili dei conventi, non potevano allontanarsi invece dalle loro comunità e potevano predicare in occasioni meno impegnative, come le novene, mentre i lettori avevano il compito di insegnare all’interno della comunità.
Importante divenne per i Cappuccini anche amministrare il sacramento della confessione, inizialmente solo a favore dei membri dell’ordine, poi anche al di fuori di esso. A questa attività si preparavano con lo studio, tra l’altro utilizzando i “Libri dei casi di coscienza”, che erano raccolte di episodi ipotetici, o realmente accaduti e confessati.
Nell’attività pastorale dei Cappuccini rientra ovviamente anche il servizio liturgico, svolto con la celebrazione di messe e altre funzioni nelle chiese annesse ai conventi, aperte al pubblico, sebbene non potevano accedervi folle consistenti, data la modesta dimensione delle chiese, che, secondo le Costituzioni del 1536, dovevano essere semplici e di dimensioni molto ridotte. La liturgia eucaristica per i fedeli doveva essere garantita, mentre erano esclusi privilegi personali o familiari.
In quei secoli lontani in occasione delle epidemie e delle carestie tutte le famiglie francescane si impegnarono nel servizio dei poveri e dei malati, ma i Cappuccini furono in prima linea nell’assistenza degli appestati. La drammatica diffusione della peste tra il XVI e il XVII secolo fu occasione per consolidare il rapporto tra i Cappuccini e la società dell’epoca e ricordiamo tutti il famoso Fra Cristofaro dei Promessi Sposi e il suo servizio ai malati di peste. Diversi documenti riportano informazioni sulle epidemie che travagliarono l’Abruzzo, come altri territori, e sul ruolo di assistenza svolto dai frati. In tal senso si ricorda il “Processo delli morti in servizio delli appestati”, nel quale sono riportate le testimonianze giurate dei Cappuccini abruzzesi sulla peste del 1656-1657 e sull’eroico soccorso dato dai frati nei lazzaretti. L’ondata di peste che aveva colpito drammaticamente l’Italia in quegli anni produsse anche in Abruzzo un disastroso calo della popolazione e così la comunità cappuccina d’Abruzzo ne risentì pesantemente nei decenni successivi con riduzione dei frati nei conventi, soprattutto per la diminuzione dei novizi.
Il secolo XVII fu drammatico per via delle epidemie di peste, ma il secolo XVIII conobbe numerose carestie, che colpirono diverse zone, tra cui l’Abruzzo e anche in questo caso i Cappuccini soccorsero come potevano i poveri, anche condividendo quanto veniva offerto dai benefattori.
I frati non dovevano stare in ozio, così tra loro vi furono bravi artigiani, ricordati con il nome di “marangoni”, che lavoravano il legno, la pietra, i metalli; erano soprattutto dediti alla falegnameria e in particolare alla realizzazione di arredi sacri, come tabernacoli, crocefissi etc.., come anche a fabbricare librerie per le biblioteche. Nei documenti del 1737 si cita il tabernacolo ligneo destinato al convento di Luco dei Marsi, da realizzarsi a Raiano, nel 1736 venne collocato nella chiesa di Sant’Antonio da Padova in Tocco Casauria un tabernacolo di pregio, mentre nel 1755 si riporta la realizzazione del tabernacolo per il convento di Pescara. Nel ‘700 fu realizzato anche un tabernacolo ligneo per la chiesa di Santa Maria in Vico (Avezzano), la quale fu poi totalmente distrutta dal terremoto del 1915.
– L’impegno francescano nella carità e nelle missioni
Quando Papa Innocenzo X nel XVI secolo promosse la soppressione di diversi conventi, come già riportato sopra, acquisirono importanza le relazioni sull’attività dei conventi, che ci dicono molto anche su quanto veniva fatto nel campo dell’istruzione e della carità.
Sono note le attività svolte dai francescani al tempo della peste, come si è già ricordato parlando dei Cappuccini. Tutto il mondo francescano nel corso della peste fu impegnato tra il popolo abruzzese, Anche tra i Riformati, che si erano separati dall’osservanza, vi furono frati che nei lazzaretti diedero assistenza agli appestati nella terribile epidemia del 1656, come Fra Riccardo da Loreto nel lazzaretto di Raiano, dove fu colpito dalla malattia e morì, stessa sorte ebbero nello stesso anno Fra Giuseppe da Penne, che fu con gli appestati del suo paese e Frate Arcangelo da Ocre, che diede assistenza agli appestati di Ovindoli.
L’attenzione verso i poveri venne espressa nella storia francescano in più modi, tanto che diversi conventi erano dotati di foresteria per accogliere non solo i pellegrini, ma anche i poveri che non avevano una casa o una capanna in cui rifugiarsi.
Esistevano foresterie nei conventi di Avezzano, Celano, Penne, Tocco, Francavilla, Civitaretenga, Ofena, Popoli, Scanno, Sulmona e L’Aquila.
I frati venivano aiutati nell’assistenza dai terziari francescani e dalle confraternite nate intorno alle chiese.
Un altro aspetto della carità francescana era quella rivolta ai frati anziani o malati, che venivano assistiti nelle infermerie, che furono presenti in Avezzano, Penne, Loreto Aprutini, L’Aquila, Carapelle, Popoli e Sulmona. Dal 1643 fu consentito alle infermerie di accogliere anche i non religiosi.
In diversi conventi, come San Bernardino a L’Aquila, Sant’Andrea a Chieti, Madonna delle Grazie a Teramo, nel XVII secolo furono aperte farmacie dove religiosi specializzati confezionavano medicine a base di erbe.
Un altro aspetto importante dell’impegno francescano fu l’impegno per l’evangelizzazione dei popoli che si affacciavano nel bacino mediterraneo, impegno che era presente sin dall’inizio della loro storia. Nei due testi della regola minoritica –quello redatto nel 1221, comunemente indicato con il titolo di Regula non bullata e quello approvato da Onorio III nel 1223, la Regula bullata – vi è un capitolo apposito per «i frati che vanno tra i saraceni e gli altri infedeli»; la strategia suggerita, particolarmente nel testo del 1221, è quella dell’approccio pacifico: «non facciano liti né contese, ma siano soggetti ad ogni umana creatura per amore di Dio». Di fatto tale atteggiamento consentì ai frati Minori, nel primo secolo della loro storia, di addentrarsi e di stabilirsi nelle regioni del medio ed estremo Oriente. La scoperta di nuove terre e la progressiva penetrazione nelle zone più interne dell’Africa, realizzate tra secolo XV e XVI, aprirono nuovi spazi per l’opera di evangelizzazione. Anche i frati abruzzesi si impegnarono nelle missioni, a titolo esemplificativo ricordiamo alcune figure. Nel 1689 Padre Marcellino Canzano da Atri iniziò il suo ministero in Congo e restò in Africa sino al 1703, anno in cui tornò in Italia, ritirandosi nel convento di Atri. Egli raccontò ciò che aveva visto e vissuto in Africa in un manoscritto dal titolo “Giornate apostoliche fatte nelle missioni d’Angola e Congo e nell’Etiopia.”
Il francescano Carlo Orazi da Castorano, che ricordiamo perché seppure non nato in Abruzzo era parte della provincia di San Bernardino, fu missionario in Cina per 34 anni e amministratore apostolico di Pechino dal 1721 al 1734. Nel suo impegno di portare la fede anche in Cina si occupò dei problemi nati in merito alla compatibilità delle usanze cinesi con la fede cattolica e compilò un dizionario cinese. Anziano tornò in patria e morì nel 1759.
In tempi a noi più vicini operò come missionario Padre Salvatore Lilli, dell’ordine dei frati minori, abruzzese, nato il 19 giugno 1853 a Cappadocia (in provincia dell’Aquila). Vestì l’abito francescano il 24 luglio 1870 e prese i voti il 6 agosto 1871. Partì il 1873 per i luoghi santi della Palestina e l’anno seguente si spostò a Gerusalemme, dove continuò gli studi e divenne sacerdote il 6 aprile 1878.
Prestò servizio per due anni nelle basiliche custodite dai francescani in Terra Santa, poi, fu inviato in Armenia Minore (zona compresa nell’attuale Turchia), dove fu missionario per 15 anni. Nel 1890 scoppiò il colera e si dedicò all’assistenza dei malati. Quando i turchi operarono massacri tra i cattolici armeni egli venne a trovarsi coinvolto, avendo rifiutato di lasciare i suoi fedeli e rifugiarsi altrove. Il 22 novembre 1895 fu arrestato con dodici cristiani e, avendo rifiutato di rinnegare la sua fede, fu ucciso insieme ai fedeli che erano con lui. Salvatore Lilli è stato proclamato beato da Giovanni Paolo II il 3 ottobre 1982.
– Gli ordini religiosi in Abruzzo nel XVIII e XIX secolo tra vicende politiche e calamità naturali
Il ‘700 si aprì in Abruzzo con un disastroso terremoto che nel 1703 colpì l’aquilano, molte furono le vittime e gravi i danni che subirono anche le chiese e i conventi.
Nel 1706 un nuovo terremoto portò distruzione a Sulmona e nei centri alle falde del Morrone e della Maiella. I religiosi si impegnarono a ricostruire chiese e conventi e a portare sostegno alla popolazione.
Tra il 1763 e il 1764 un altro evento naturale colpì l’Abruzzo, come altre parti d’Italia, ci fu infatti una tremenda carestia e le varie famiglie francescane si impegnarono nel soccorso ai bisognosi.
Il ‘700 fu anche un secolo molto difficile per gli ordini religiosi per il clima politico e sociale segnato dal pensiero laico, che portò rapporti non sempre sereni tra autorità politiche e religiose.
In Abruzzo, come altrove, in particolare nella seconda metà del ‘700, gli ordini religiosi, non solo francescani, ebbero a manifestare insofferenza nei confronti delle ingerenze del potere regio. Nel Regno di Napoli, al quale apparteneva l’Abruzzo, Gaetano Tanucci, giurista e politico di ideali illuministi, fu uomo di fiducia dei Borbone e con l’editto emanato il 28 giugno 1786 veniva bloccata ogni relazione tra le province religiose comprese nei confini del regno e Roma, in quanto lo Stato Pontificio non appariva conforme ai loro progetti politici. Ciò rese più difficile per i frati andare a seguire studi superiori a Roma. La legislazione che si sviluppò nei confronti delle case religiose, che coinvolse non solo l’Italia Meridionale ma anche altri stati della nostra penisola e i territori dell’impero asburgico, anche se intesa a un controllo riformatore delle case religiose, suscitò perplessità e scontento nei religiosi, gelosi della propria autonomia e contrari al rigido controllo regio.
Anche l’assemblea provinciale degli ordini religiosi era convocata “col regio permesso” e il re interveniva nelle nomine delle cariche religiose.
L’autorità regia non solo imponeva precise direttive per la scelta dei superiori, ma interferiva anche nella disciplina all’interno dei conventi, richiamando a sé il diritto d’intervento, attraverso gli ufficiali locali, per porre rimedio ai casi di scandalo e mancato rispetto della disciplina monastica.
Dopo la rivoluzione francese si verificò tra i francescani abruzzesi un evento drammatico quando, con la prima campagna di Italia, le truppe francesi, avendo occupato L’Aquila, nel dicembre 1798 depredarono la chiesa di San Bernardino portando via arredi sacri d’oro e d’argento e l’urna del santo, abbandonando a terra il suo corpo. Il Sabato Santo del 1799, dopo la proclamazione della Repubblica Partenopea che durò solo qualche mese, un manipolo di soldati francesi entrò nella chiesa e nel convento di San Bernardino e restarono uccisi 27 frati.
Nel giugno 1799 con la fine della Repubblica Partenopea tornarono i Borbone sino alle vicende del periodo napoleonico, quando con Giuseppe Buonaparte e poi Gioacchino Murat veniva radicalizzato il controllo statale sugli ordini religiosi, attraverso interventi che sfociarono nelle soppressioni che colpirono non solo i francescani ma anche gli altri ordini religiosi.
Per quanto riguarda i francescani i primi ad essere colpiti furono i conventuali che avevano conventi belli e spaziosi nei centri urbani, vennero tuti soppressi e acquisiti per utilizzarli come sedi di municipi, scuole, caserme, tribunali…Molti religiosi che vivevano nei conventi soppressi si unirono al clero locale, se sacerdoti. Ai frati che vedevano il loro convento soppresso veniva offerta la possibilità di ricevere una pensione, diversi restarono nei centri ove erano stati a vivere con l’aiuto di confraternite, aspettando tempi migliori. La soppressione dei conventi dei conventuali ricchi di biblioteche portò alla perdita di libri, manoscritti, pergamene utili a ricostruire la storia dell’ordine, mentre i libri migliori furono portati nelle biblioteche reali. Il provvedimento soppressivo delle case religiose ad opera di Giochino Murat del 1809 escludeva dalla soppressione solo i conventi che avevano più di dodici frati, se non più collegati con le autorità dell’Ordine e con rapporto di sudditanza con il vescovo della diocesi. Poiché venivano soppressi i conventi con meno di 12 frati anche i tre quarti dei conventi degli osservanti furono soppressi, restarono così otto o nove conventi come Teramo, Roccamontepiano, Orsogna, Mosciano Sant’Angelo, Palena, etc.. nei quali si radunarono i frati dei conventi soppressi. Anche alcuni conventi dei Riformati vennero soppressi, su 13 conventi esistenti sul suolo abruzzese ne vennero soppressi cinque, non essendoci presenti 12 frati (tra loro fu soppresso anche quello di Sulmona sebbene avesse 12 religiosi). I Cappuccini videro la soppressione di diversi conventi, non si hanno dati precisi sulle soppressioni, ma è riportato nei documenti che ci sono giunti che nel 1817 vennero riaperti 15 conventi che erano stati soppressi.
Con le soppressioni del periodo napoleonico vennero chiusi anche i conventi del Terzo Ordine Francescano operanti in regione, come ad esempio il Convento di Sant’Antonio da Padova in Scurcola Marsicana, che già erano stati ridotti da dodici a sette con i provvedimenti innocenziani. Si trattava per lo più di luoghi modesti posti accanto a strutture assistenziali, quali infermerie, orfanotrofi, etc.., dove gli aderenti al Terzo Ordine prestavano la loro opera. In seguito i conventi del Terzo Ordine Francescano non furono riaperti, mentre nel periodo delle soppressioni i terziari spesso ebbero un ruolo di custodia delle chiese francescane.
Con la fine del periodo napoleonico e con il nuovo ritorno del regno borbonico si ristabilirono le regole precedenti e la situazione andò a normalizzarsi. Il Borbone restituì agli Ordini religiosi quelle libertà che egli stesso aveva limitato e che i napoleonici avevano cancellato, nel 1817 fu abolito l’obbligo della richiesta del permesso regio per la celebrazione dei Capitoli e nell’anno successivo venivano ripristinate le “libertà ecclesiastiche”. Nel 1818 fu stipulato un concordato tra il re Borbone e il papa Pio VII, che portò al riapertura di molti conventi, come quello di San Francesco di Teramo, che però fu poi soppresso dopo l’Unità d’Italia e venne ad accogliere l’intendenza di finanza e altri uffici pubblici.
Finito così il periodo napoleonico riprese nuova vita San Bernardino a L’Aquila, dove furono istituite cattedre non solo di teologia e diritto canonico, ma anche di grammatica, lettere, filosofia, diritto, matematica, fisica…, costituendo un’importante struttura, oggi potrebbe sembrarci un’università privata, dove studiavano anche i laici. Non tutti i conventi furono però riaperti, poiché molti erano ormai destinati ad altri usi. Così il convento di San Francesco di L’Aquila con decreto reale del 1816 era diventato sede del Real Liceo d’Abruzzo, dove poi sorgerà il Convitto Nazionale, e fu destinato ad usi civici anche il convento di San Francesco a Sulmona. La lunga storia del francescanesimo ha lasciato in Abruzzo molte tracce nella struttura delle nostre città, anche se non sempre palesemente visibili.
Nel 1822 l’Ordine dei Conventuali, provato da queste vicende, riunì la provincia di San Bernardino, che comprendeva il territorio abruzzese, con quella di Sant’Angelo, che comprendeva parte del territorio pugliese, costituendo così la provincia che venne denominata “dei Santi Bernardino e Angelo”, che comprendeva l’Abruzzo, il Molise e il foggiano.
Finito il periodo napoleonico vi fu dunque la riapertura di molti conventi, alcuni nuovi vennero aperti e ai francescani vennero affidati chiese e conventi che erano stati di altri ordini. Così ai Conventuali di L’Aquila, che avevano perso il convento di San Francesco, fu concesso nel 1821 di stabilirsi nel monastero di Santa Maria di Collemaggio, che poi nel 1899 passò alla comunità dei frati osservanti della basilica di San Bernardino.
Il Santuario di Maria Santissima dello Splendore di Giulianova, già Abbazia celestina, nel 1847 fu affidata ai Cappuccini e l’Abbazia di San Clemente a Casauria, di origine benedettina, nel 1859 fu affidata agli Osservanti.
La situazione dei conventi sembrava essersi normalizzata, ma dopo l’unità d’Italia altre soppressioni colpiranno i conventi.
Va detto che anche all’interno dei conventi arrivavano le nuove idee. Diversi erano i movimenti che contestavano la monarchia assoluta e chiedevano l’introduzione della costituzione, così anche nei conventi abruzzesi alcuni religiosi si avvicinarono a queste idee e ai gruppi che le rappresentavano, ma vennero puniti all’interno dell’ordine religioso anche con penitenze corporali. Le nuove idee suggestionarono diversi religiosi e resta documentata la storia di un frate che si arruolò tra i garibaldini e negli Annali resta documentato che «padre Filippo da S. Eusanio apostatò dall’Ordine nell’ottobre del 1860, e con l’abito Cappuccino indossò le armi e si mise tra le file Garibaldine. Poi depose l’abito e continuò la vita delle armi».
Con l’unità d’Italia si aprì una nuova stagione di soppressione di istituti religiosi, un po’ per una questione politica un po’ per esigenze economiche, e ciò interessò anche l’Abruzzo. Con la legge emanata nel 1866 venne meno il riconoscimento giuridico di ordini e congregazioni religiose e ne venivano incamerati i beni, come conventi, biblioteche, terreni (che spesso erano tenuti incolti).
Il convento di San Giuliano a L’Aquila, che era stato il primo convento degli osservanti in Abruzzo, venne soppresso dallo stato sabaudo nel 1866 e incamerato dal demanio. Successivamente fu ricomprato per interessamento del Vescovo di L’Aquila e tornò ai francescani.
Poi dagli anni Settanta del secolo XIX si iniziarono a ricostituire le comunità conventuali, almeno le più consistenti; nel 1871 i Riformati riaprirono il convento di Santa Maria dei Bisognosi, che era stato affidato nel’700 agli osservanti; nel 1876 venne riacquistato il convento di Fara San Martino; nel 1879 fu la volta del Santuario di Pietraquaria in Avezzano e di S. Maria dell’Oriente in Tagliacozzo. Nel 1883 una nobildonna riconsegnò la proprietà del convento di Vasto ai Cappuccini; nello stesso anno si procedette all’acquisto in Sulmona del convento di S. Francesco di Paola, appartenuto ai Minimi prima della soppressione napoleonica.
La situazione non era comunque facile, molti frati erano ancora dispersi e non tutti rientrarono nelle loro comunità, ma dopo alcuni anni i conventi riuscirono a riorganizzarsi, anche per accogliere e formare novizi.
Intanto i francescani creavano anche missioni all’estero, vogliamo a tal proposito ricordare Padre Panfilo Pietrobattista, nato a Magliano dei Marsi, un abruzzese che ha lasciato un importante segno della sua attività negli Stati Uniti. Egli, frate dei Riformati, fu prima professore del Collegio Irlandese di Sant’Isidoro a Roma, poi, avendo il vescovo di Buffalo richiesto aiuto per assistere gli immigrati europei cattolici, il Pietrobattista fu inviato nel 1855 nella Diocesi di Buffalo con alcuni confratelli dove creò una missione. Dalla sua opera nacquero cinque parrocchie, un seminario, istituti di suore, etc..
In particolare il suo nome resta legato alla creazione di un “college”, che ha poi ottenuto nel 1958 il titolo di Saint Bonaventure University.
Anche i monasteri delle clarisse erano stati chiusi con i provvedimenti di soppressione del 1866 e quando cambiò la situazione in Abruzzo furono riaperti solo il monastero di Santa Chiara ad Atri, quello di Santa Chiara a Chieti e il monastero della Beata Antonia a L’Aquila, sebbene una parte del vecchio monastero venne abbattuta per realizzare Via Sallustio.
Il Terzo Ordine Francescano, attento alle persone in difficoltà, ebbe un ruolo importante durante il papato di Leone XIII e della sua Rerum Novarum, i terziari si impegnarono a far conoscere la dottrina sociale della chiesa, soccorrere i lavoratori poveri e le famiglie in difficoltà.
Intanto si era giunti alla fine dell’800 con il desiderio espresso da più parti di unificare gli Osservanti con altre “famiglie” francescane generate dallo stesso albero, quali i Riformati, dei quali abbiamo già parlato, gli Alcantarini e i Recolletti. Poiché non si perveniva ad una definizione, il Papa Leone XIII prese in mano la situazione e fece presentare il problema dell’unificazione come argomento principale nel capitolo del 1895. Venne creata una commissione per stendere nuove Costituzioni per le quattro famiglie da riunire. Il 4 ottobre del 1897 Leone XIII pubblicava la Costituzione Apostolica “Felicitate quadam” con la quale decretava l’unificazione delle quattro famiglie, sotto il nome di Ordine dei frati minori. A seguito di ciò in Abruzzo le due famiglie degli Osservanti e dei Riformati furono fuse insieme il 30 ottobre 1898, ma di fatto la fusione tra le due famiglie non fu agevole. Nel 1911 vennero ad essere ristabilite le due province degli Osservanti e dei Riformati. Con la divisione la provincia di San Giovanni da Capestrano (o degli Osservanti) aveva in Abruzzo 9 conventi, mentre la provincia di San Bernardino da Siena (o dei Riformati) aveva 15 conventi.
Le due province tornarono a riunirsi nel 1946. Pio XII aveva invitato tutte le province dei frati minori a riorganizzarsi per una vita religiosa più autentica e svolgere un’attività di apostolato consona ai nuovi tempi. I frati non erano molto favorevoli, ma il ministro generale con decreto del 12 giugno 1946 riunì le province, tenendo conto del desiderio del papa. In Abruzzo le due province dei Riformati e degli Osservanti furono fuse nell’unica provincia che prese il nome di “Provincia Abruzzese di San Bernardino da Siena” che comprendeva 32 conventi.
– Ordini francescani in Abruzzo nel XX secolo
All’inizio del ‘900 la vita di molti conventi francescani abruzzesi venne fortemente segnata dal drammatico terremoto che colpì la Marsica nel 1915. Il convento della Madonna di Vico di Avezzano venne raso al suolo e sei frati restarono sepolti sotto le rovine del convento. Si segnala inoltre la distruzione del convento di Luco e i gravi danni subiti da quelli dell’Aquila, di Pietraquaria, di Sulmona, di Manoppello e di Caramanico. Il sisma aveva prodotto i suoi disastrosi effetti per un ampio raggio, fino a raggiungere le pendici nord-orientali della Maiella. Erano ancora aperte le ferite inferte dal terremoto quando l’Italia entrò nella Prima Guerra Mondiale, per la quale vennero richiamati alle armi anche diversi religiosi.
Intanto dagli inizi del ‘900 gli ordini francescani si impegnarono a riaprire i conventi, che erano stati chiusi con le soppressioni dello stato unitario. Padre Luigi Buzzelli, mettendo a disposizione anche beni della sua famiglia, nel 1906 ricomprò parte del convento di San Francesco in Castelvecchio che era stato venduto a un privato e, ottenuti i permessi, riprese possesso del vecchio convento.
A Penne l’antica chiesa di San Francesco era stata distrutta per realizzare la villa comunale, per tornare in città i frati aprirono, nel 1923, un conventino con la rettoria della chiesa di Sant’Agostino, poi nel 1930 i frati ebbero in dono da una donna del posto un orto accanto alla chiesa e, acquistato dal municipio un altro terreno, poterono costruire una grande struttura che venne adibita a collegio missionario.
Il convento San Francesco di Chieti era stato incamerato dallo stato ed adibito a sede dell’intendenza di finanza, ma i frati con l’appoggio dell’Arcivescovo e della popolazione nel 1930 tornarono a Chieti, utilizzando i locali della Confraternita dell’Immacolata che comprendevano la sacrestia e alcune camerette al piano superiore, che ristrutturarono a proprie spese, tornando a celebrare la messa nella chiesa di San Francesco.
A Lanciano la chiesa del Miracolo Eucaristico fu riconsegnata ufficialmente nel 1953 al ministro provinciale dei frati conventuali, che negli anni ’70 avviarono accertamenti scientifici sul Miracolo Eucaristico.
Un personaggio francescano che nella prima metà del Novecento operò in Abruzzo diventando importante anche nella società civile fu Padre Settimio Zimarino, nato a Casalbordino nel 1885 e morto a Chieti nel 1950. Apparteneva all’Ordine dei Frati Minori, era sacerdote, diplomatosi in composizione al liceo musicale di Pesaro, oltre ad impegnarsi nelle attività musicali della sua comunità, fu compositore (ad esempio è sua la canzone natalizia “Alla fredda tua Capanna”) e raccolse canti popolari della tradizione contadina locale. Zimarino viene considerato tra i promotori della riscoperta della canzone abruzzese.
Se diversi furono i conventi riaperti, ne nacquero anche di nuovi.
A Pescara nacque una nuova chiesa dei francescani conventuali, quella di Sant’Antonio. La società dei ferrovieri “Casa nostra”, che aveva ricevuto in dono un appezzamento di terreno nelle adiacenze della chiesetta di Santa Teresa, già dei francescani, offrirono il terreno al Vescovo, che chiamò i francescani per realizzare una nuova chiesa. La chiesa, costruita in stile romanico lombardo, fu costruita nel 1936 e poi si mise mano alla costruzione del convento, che venne terminato nel 1947. La chiesa promosse nel dopoguerra e negli anni del Concilio Vaticano II numerose attività pastorali.
Negli anni della seconda guerra mondiale i frati furono di sostegno morale alla popolazione e tra le tante storie di quegli anni tragici, vogliamo ricordare un francescano di origine abruzzese, padre Stefano Bianchi (1913-2013), originario di Villavallelonga (AQ), sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori, che, stando a Roma durante l’occupazione tedesca, svolse un importante ruolo nella protezione degli ebrei in pericolo per la persecuzione nazista.
Nel secondo dopoguerra i francescani avviarono molte opere sociali per fare fronte ai bisogni delle popolazioni colpite dai lutti della guerra, soccorrere tanti bambini privi delle cose più essenziali e favorire la ricostruzione. Il convento di San Nicola di Sulmona nell’immediato dopoguerra ha raccolto orfani e ragazzi bisognosi in un orfanotrofio che è stato funzionante sino al 1971 e venne aperto anche un centro di addestramento professionale.
Nel convento di San Bernardino a L’Aquila nel 1949 sorse un orfanotrofio che accoglieva oltre 100 ragazzi, si diede anche vita a un convitto universitario e a un centro artistico e artigianale per giovani che cercavano lavoro. A Sant’Angelo della Pace a Lanciano nel 1951 fu aperto un orfanotrofio e negli anni ’60 un centro di addestramento professionale.
A L’Aquila i francescani si insediarono al Torrione, dove venne edificata la Chiesa di San Pio X, che dagli anni ’60 svolse molte attività catechetiche, apostoliche e sociali per giovani, anziani e famiglie, avendo fatto propri anche i fermenti del periodo conciliare.
Anche le suore francescane delle varie famiglie hanno assunto in Abruzzo un ruolo attivo in attività educative e assistenziali, solo per citare qualche esempio si ricorda la loro presenza nella Casa di Riposo di Caramanico Terme, delle suore francescane a Celano in un istituto per l’infanzia e nella scuola, delle suore di Santa Filippa Mareri nella Casa di Riposo di Magliano dei Marsi.
Questi costituiscono alcuni esempi della rinascita francescana del ‘900, seguita al periodo delle soppressioni postunitarie, che si intrecciò con le vicende tragiche di questo secolo, con la ricostruzione post bellica e il rinnovamento conciliare della chiesa, mentre negli ultimi decenni si vide iniziare il calo delle vocazioni, che interessò i francescani, come gli altri ordini religiosi.
– I Francescani oggi in Abruzzo
Attualmente i conventi francescani sono in numero ridotto rispetto al passato, pur con una interessante presenza sul territorio, e le provincie originarie sono state accorpate. Sono tuttora presenti nella nostra regione conventi che rappresentano i vari ordini francescani.
Per quanto riguarda l’Ordini dei Frati Minori(ex Osservanti e Riformati) il 9 maggio 2017 il Ministro Generale Frate Michael A. Perry unì la Provincia Romana e la Provincia d’Abruzzo erigendo la Provincia di San Bonaventura (Lazio-Abruzzo), di tale provincia fanno parte i seguenti sei conventi abruzzesi: Santa Maria di Valle Verde a Celano, Sant’Antonio a Lanciano, Santissima Annunziata o Sacro Ritiro a Orsogna, San Bernardino da Siena a L’Aquila, San Giuliano a L’Aquila e il Santuario della Madonna delle Grazie a Teramo.
Per quanto riguarda invece i frati conventuali dal 17 al 21 Marzo 2025 si è svolto il I Capitolo Provinciale della nuova Provincia Italiana di San Giuseppe da Copertino, che comprende Abruzzo, Molise e Puglia, eretta per unione della Provincia dei Santi Bernardino e Angelo (Abruzzo-Molise) e della Provincia dei Santi Nicola e Angelo (Puglia).
Della Provincia Italiana di San Giuseppe da Copertino fanno parte i seguenti sette conventi abruzzesi: San Francesco in Castelvecchio Subequo, San Francesco in Tagliacozzo, il Santuario di Santa Maria dei Lumi in Civitella del Tronto, San Francesco o Santuario del Miracolo Eucaristico in Lanciano, la Parrocchia di San Pio X in L’Aquila, la Parrocchia di Sant’Antonio in Pescara, la Parrocchia di Maria Santissima Assunta di Silvi Marina.
Per l’Ordine dei Frati Minori Cappuccini il 3 luglio 2020 il Ministro Generale Roberto Genuin unì la Provincia degli Abruzzi, la Provincia Romana (Lazio) e la Provincia dell’Umbria costituendo la Provincia Serafica Immacolata Concezione (Abruzzo-Lazio-Umbria), di tale provincia fanno parte dieci conventi abruzzesi: Santa Maria Mater Domini in Chieti, Madonna del Popolo a Guardiagrele, il Santuario di Maria Santissima dello Splendore in Giulianova, il convento dei Santi Francesco e Chiara in L’Aquila, il Santuario del Volto Santo in Manoppello, il convento della Natività di Maria Santissima in Penne, la Basilica della Madonna dei Sette Dolori in Pescara Colli, la Parrocchia di San Francesco di Paola in Sulmona, il Santuario e Parrocchia della Maria Santissima Incoronata in località Incoronata di Vasto e la Parrocchia Maria Santissima Stella Maris in Marina di Vasto, va menzionato pure il Convento Maria Santissima di Loreto in Leonessa, che ora è in Provincia di Rieti nel Lazio, ma in passato era parte degli Abruzzi.
Nel 1956 viene istituita la Federazione “Cuore Immacolato di Maria” dei Monasteri delle Sorelle Povere di Santa Chiara delle Marche e dell’Abruzzo, di tale federazione fanno parte i seguenti monasteri abruzzesi: Santa Chiara in Atri, Santa Chiara in Chieti e Santa Chiara in Paganica.
Il Terzo Ordine Francescano, che ebbe origine già quando era in vita San Francesco, è ora denominato Ordine Francescano Secolare; è costituito da cristiani che non sono frati né suore, ma si impegnano a vivere il Vangelo alla maniera di San Francesco d’Assisi, nel proprio stato secolare, osservando una regola specifica approvata dalla chiesa, che attualmente è quella confermata da Papa Paolo VI nel 1978.
Dell’Ordine Francescano Secolare d’Abruzzo, per il quale il 19 ottobre 2008 si è svolto il primo capitolo elettivo regionale, vi sono in regione le seguenti fraternità: Chieti – San Francesco al Corso, Chieti – Sacro Cuore, Brecciarola, Guardiagrele, Lanciano, Orsogna, Ortona, Vasto, L’Aquila – San Bernardino, L’Aquila – San Pio X, Balsorano, Capestrano, Celano, Sulmona, Tagliacozzo, Pescara – Madonna Sette Dolori, Pescara – Sant’Antonio, Penne – Cappuccini, Penne – Colleromano, Teramo, Campli, Silvi Marina, Civitella cel Tronto, alle quali dovrebbero aggiungersi le fraternità di L’Aquila – Santa Chiara, Manoppello, Garrufo di Sant’Omero e Giulianova.
Il francescanesimo attraverso i secoli ha mantenuto la sua vitalità, l’attenzione ad esso è rinata anche con papa Bergoglio che ha scelto il nome di Francesco e dato il titolo di “Laudato sii” a una sua enciclica. I luoghi francescani si danno spesso una vita nuova, come è successo ad Avezzano, dove possiamo raccontare la storia secolare che parte dall’antica Chiesa cappuccina della Madonna di Vico, che fu totalmente distrutta dal sisma del 1915, la chiesa, con il convento, venne poi riedificata nella parte nord della città e nel 1922 fu aperta al culto. Inizialmente dedicata al Sacro Cuore fu poi intitolata a San Francesco d’Assisi e divenne parrocchia negli anni ’70. Per la crisi delle vocazioni i Cappuccini hanno poi lasciato il convento, ma il 13 maggio del 2020 la chiesa ha trovato una nuova vita quando il vescovo di Avezzano ha ufficialmente elevato la chiesa a Santuario Diocesano della Madonna del Silenzio in San Francesco, del quale è rettore il Cappuccino Padre Emiliano Antenucci. La chiesa è tornata così ad ospitare celebrazioni religiose e momenti di formazione spirituale.
Di Matteo Biancone.