Avezzano. Fra meno di qualche ora, sul palco del Teatro dei Marsi di Avezzano, si esibirà il maestro Davide Cabassi, pianista dal talento sopraffino e artista polivalente in grado di esplorare le diverse sfumature che il suono del pianoforte riesce a produrre. Nella tappa avezzanese, Cabassi proporrà un repertorio composto da Thomas Adès (Mazurche), Fryderyk Chopin (Sonata n.3 op.58) e Modest Mussorgsky (Quadri di una esposizione). Intercettato telefonicamente prima di mettersi in viaggio verso l’Abruzzo, con grande gentilezza e simpatia si è messo a disposizione dei microfoni di MarsicaLive per rispondere a qualche domanda e curiosità. Buona lettura.
Qual è il primo ricordo che le viene in mente quando pensa a questo meraviglioso strumento?
“Sicuramente quello di un suono affascinante che proveniva dalla casa della mia vicina. Questo è stato il mio “colpo di fulmine”. Passavo moltissimo tempo con l’orecchio poggiato sulla parete ad ascoltare questo suono così dolce, elegante e raffinato. Mi rapì immediatamente, come una magia. Da piccolo, poi, ero molto vivace, e i miei genitori, anche per tenere a bada la mia iperattività, mi regalarono un pianoforte all’età di cinque anni. Da quel momento, non me ne sono più separato”
Come mai la scelta di presentare questo repertorio?
“Onestamente? E’ semplicemente musica che adoro. E’ una domanda che ci viene posta spesso ma, lontano da risposte elaborate e studiate a tavolino, la verità è esattamente questa, e cioè che sono brani che mi appassionano da sempre. La “Sonata n.3” di Chopin è uno dei pezzi più belli scritti nel romanticismo e i “Quadi di un’esposizione di Mussorgsky” sono un’opera geniale, unica, dalla qualità straordinaria. E’ universalmente riconosciuta come tale. Deriva tutto dal grandissimo amore, in definitiva”
In che modo lei riesce a portare la sua esperienza, la sua competenza e passione in questi brani? Si può dire che l’obiettivo è anche quello di migliorarli?
“Certamente, si. Non si è mai arrivati all’esecuzione definitiva. Nello specifico, questi due pezzi li suono da circa una decina di anni e, quando li ho ripresi in questo periodo (anche un po’ casualmente), mi sono accorto che sono molto cambiati rispetto a come erano dieci anni fa. E cambieranno ancora, perché la musica che proponiamo varia con i cambiamenti della nostra stessa esistenza”
In che senso?
“Quando avevo venti anni, suonano con meno vigore e più trasporto, mentre ora c’è una fase più razionale, più logica, ma sempre mutuata per l’affetto che ho per questi capolavori. Magari quando avrò sessanta anni li eseguirò in maniera ancora diversa, chissà”.
In che modo, però, queste note possono prendere forme diverse?
“C’è una percezione diversa anche a seconda del luogo in cui si suona o del pianoforte usato. Ci sono tante variabili, ma la magia della performance live è quella che può creare una performance particolare nel momento in cui si crea un’alchimia e un feeling importante tra il musicista e ciò che lo circonda”
Quali sono le sfide da affrontare per il futuro?
La più grande, e la più utopica, è quella di trasmettere il più possibile tutte le competenze che ho accumulato in questi anni alle generazioni più giovani. Il lavoro con pianisti della nuova generazione è sempre fonte di sorpresa poiché sono tutti preparatissimi e di gran talento. E’ davvero una gran bella sfida. Giulia Antenucci