Tagliacozzo. Il Festival internazionale di Tagliacozzo omaggia Pino Daniele con Bennato e Montecorvino. Domani, nell’abituale cornice del Chiostro di San Francesco in Tagliacozzo, alle ore 21,15, il Festival Internazionale di Mezza Estate omaggerà il cantore di Napoli a dieci anni dalla sua scomparsa, con un originale progetto sinfonico affidato alla bacchetta di Dian Tchobanov.
La XLI edizione del Festival Internazionale di Mezza Estate, in pieno svolgimento in Tagliacozzo, entra nel vivo, dopo un preludio composito e partecipato, con un pubblico eterogeneo, pronto a sposare godere le ragioni estetiche dettate dalla direzione artistica e generale di Jacopo Sipari e Luca Ciccimarra, nonché dal Sindaco Vincenzo Giovagnorio e dalla sua delegata alla cultura Alessandra Ricci.
Cartellone prestigioso, realizzato grazie al Ministero della cultura, la Regione Abruzzo, il Comune di Tagliacozzo, e la sinergia con istituzioni quali la Sinfonica Abruzzese, resident orchestra e l’ Accademia musicale di Alto perfezionamento vocale “Daltrocanto” diretta da Donata D’Annunzio Lombardi e allo storico sostegno della Banca del Fucino.
Mercoledì 6 agosto, nel Chiostro di San Francesco in Tagliacozzo ore 21,15, si vivrà l’omaggio di Pietra Montecorvino ed Eugenio Bennato con l’orchestra dell’ Isa diretta da Dian Tchobanov a Pino Daniele, due artisti per un grande omaggio a Napoli. Dal repertorio classico della tradizione partenopea ai grandi successi del suo più famoso interprete con un tributo a Pino Daniele nell’anno di celebrazione dei dieci anni dalla sua scomparsa e dei 70 anni dalla sua nascita.
Un atto d’amore, un rito collettivo tra memoria e presente, che unirà sul palco due anime diverse e complementari della Napoli musicale. La notizia della scomparsa di Pino Daniele ci giunse all’alba del 5 gennaio di dieci anni fa. Immaginiamo Pino come una grande nave multietnica, che attracca, accolta nella sua città, certo il maggiore fra i cantori della Napoli moderna, perché napoletane e moderne sono alcune delle sue canzoni più belle, cantate ancora oggi dai posteggiatori e fatte proprie da tutti i napoletani.
L’operazione riuscita a Daniele è più di ogni altra straordinaria perché, pur contaminando e fondendo la melodia con rock, jazz e blues, è assolutamente presente in tutte le sue canzoni quell’originario Dna, che le fa riconoscere per tali, in una perfetta fusione di innovazione e tradizione.
La stagione della canzone napoletana è sembrata tante volte esaurita. E invece quel misterioso e sfuggente Dna ogni tanto ricompare, nelle canzoni dimostra la vitalità di una tradizione inesauribile, ed ecco che fra un’antica villanella di Velardiniello e la canzone di Pino Daniele passano più di quattrocento anni eppure, se provate a canticchiare o ad accennare al pianoforte, magari con un dito solo, qualche frase di Boccuccia de no pierzeco apreturo (1537) e di seguito qualcuna di Napule è (1977) vi accorgerete che hanno la stessa matrice, che sono figlie della stessa madre.
La poesia dei canti di Pino Daniele racconta di “mali antichi”, ancora oggi presenti in altre forme o che potrebbero ritornare: l’arroganza sicura dei potenti e la riverenza timorosa dei “sottomessi”, la subalternità della donna e il senso di supremazia dell’uomo, gli “strappi” provocati delle partenze di lavoro, i divieti sociali imposti alla libertà di amare, il malessere interiore di cui nessuno si accorge, le violenze e le ingiustizie taciute, quei tipi di lavoro che “consumano” il corpo e lo spirito, la paura di un futuro con magre prospettive o il grigio senso di rassegnazione.
Questo ed altro fa parte della storia collettiva e dei vissuti individuali raccontati in musica e poesia dai canti tradizionali i quali, tuttavia, sono portatori anche di un ricco patrimonio di “bellezza”: il fascino della melodia, la capacità di improvvisazione, la “libertà” di “rivestire di sé” un canto, la capacità di creare e usare metafore profonde e sorprendenti, l’originalità di melodie uniche, la forza del sentimento “vero” contro ogni divieto “artificioso”, il senso di ribellione alle ingiustizie, l’umorismo con cui affrontare le peripezie della vita.
Un amore particolare che abbiamo ritroviamo un po’ in tutti i brani del viaggio di Pino Daniele tra i diversi e comuni linguaggi del mare nostrum, un fluxus musicale ossessivo e mistico spaziante dall’Africa, all’oriente, a Napoli, dai colori caldi e avvolgenti, specchio del suo “contaminato” sentire interiore.
Dall’approdo al gruppo di Napoli centrale nel 1976, anno anche del suo primo 45 giri, Che calore. Poi, Terra mia, con Napule è, e Na tazzulella ‘e cafè, il grande successo nel 1980 di Nero a metà, ripreso in questi ultimi tempi, che ha salutato la grande reunion con il nero del sax, James Senese, Gigi De Rienzo, Agostino Marangolo, Ernesto Vitolo, Rosario Jermano, Tony Esposito, Joe Amoruso, anche Tullio De Piscopo, con al suo interno “Quanno chiove” e “A me me piace ‘o blues”, “Non calpestare i fiori nel deserto” (1995) che conteneva hits come “Io per lei” e “Se mi vuoi“, “Medina” (2000), il primo progetto con la grande major BMG che “Sara“, dedicata alla figlia, e “Mareluna“ e, sempre per ciò che concerne il territorio “inediti”, l’ultima fatica “La Grande Madre” (2012) che aveva al suo interno “Wonderful Tonight”: diversi generi, che tendono ad evolvere in modo originale ciò che è il sentire mediterraneo, con canti e musiche di propria composizione, riconoscendo Napoli quale crogiuolo e incrocio di tutte le culture musicali, un consesso universale all’ombra del Vesuvio, che come una carta porosa, mira ad unire in musica quello che nella vita di tutti i giorni è tragicamente disunito.
Lontani da ogni imitazione, Bennato e Montecorvino hanno scelto la via più difficile e sincera: non replicare Pino Daniele, ma attraversarlo, con rispetto, coraggio e poesia. Con la sua voce graffiata, emozionata, viva, la Montecorvino interpreterà alcune delle pagine più intime e struggenti del repertorio di Pino: Assaje, Bella ‘mbriana, A pucundria, fino a I’ so’ pazzo.
Eugenio Bennato, porterà anche il personale ritmo e l’impegno civile, con brani del suo repertorio come Il mondo corre, Grande minoranza, Sponda Sud, Ritmo di contrabbando, intersecandosi con l’amato amico Pino Daniele, con la commovente Napul’è, ed elevando anche quell’invocazione di speranza che è Che il Mediterraneo sia. Un viaggio emozionale attraverso titoli quali Chi tene o’mare, Terra mia, Notte che se ne va, Tutta n’ata storia, Quanno chiove, A me me piace o blues, e la poetica Anna verrà.
Questo il merito di quel Vesuview power di Pino Daniele, Eugenio Bennato, Pietra Montecorvino, della Nuova Compagnia di Canto popolare, e di tanti musicisti nati musicalmente alle falde da’ Muntagna, quell’aver disegnato nuove cartografie sonore, una questione di avvenire, la domanda dell’avvenire stesso, la domanda di una risposta, di una promessa e di una responsabilità per il domani, per dirla con Derrida.
Come il mare, che un tempo ha agevolato il passaggio della maggior parte delle culture, i processi sonori e poetici propongono un’economia affettiva, destinata a scardinare le configurazioni fisse di tempo, spazio e appartenenza, in una continua ricerca. Tradizioni antiche e sonorità inusitate sono arrivate filtrate da una sensibilità leggiadra, capace di evocare nel corso della stessa canzone il fumo e il mistero, di Napoli da parte della Montecorvino, il volo metafisico, l’ umorismo sperimentale e le più genuine risonanze etniche.
Ogni cosa sotto l’egida di una palese imprevedibilità, di un gusto assolutamente melodico, di uno spirito libero, fautore di un’arte che si ribella. Un’altra faccia del progetto del Festival Internazionale di Mezza Estate che di anno in anno restituisce alla terra d’Abruzzo, un’estate culturale viva, raffinata e popolare insieme, emozionando il suo pubblico eterogeneo con sincerità.
Prossimo appuntamento figlia della poesia lo è in particolare la grande romanza italiana, che vivrà giovedì 7 agosto in Visioni all’alba del Novecento, con Francesco Paolo Tosti e i grandi poeti del suo tempo in cooproduzione con l’Accademia Adalo, l’istituto nazionale Tostiano di Ortona, un’idea di Donata D’Annunzio Lombardi, che la poesia la porta nel cognome e nella voce, con i suoi allievi Lorenzo Martelli, Ginevra Gentile, Daniela Esposito, Simona Ritoli, Rosanna lo Greco e Yu Ding. Un progetto che andrà ad evocare quel mondo, che seppe essere gesamtkunstwerk tra le arti e che verrà raccontato e declamato dalla voce recitante di Annunziata Vestri, mentre al pianoforte siederà Isabella Crisante.