Avezzano. L’ipotesi che Mariangela Mancini potrebbe essersi uccisa non convince. Se da un lato è la linea seguita dagli investigatori, dall’altro non appare plausibile ai familiari della trentatreenne di Borgorose, in provincia di Rieti, ai confini con la Marsica, trovata morta a poca distanza dalla casa della madre la mattina di venerdì scorso. L’esame necroscopico, eseguito all’ospedale De Lellis, ha stabilito che Mariangela, una donna molto attiva nel volontariato, in procinto di andare a convivere con il fidanzato falegname, ha ingerito acido muriatico.
Accanto al corpo della donna, trovato in una boscaglia a seicento metri dall’abitazione della madre, nella frazione di Spedino, era effettivamente stata rinvenuta una bottiglia di acido piena a metà. Secondo una prima, frammentaria ipotesi investigativa, i graffi e gli ematomi trovati sul corpo e in particolare intorno al collo della donna, potrebbero ricondurre a un tentativo di auto-impiccagione, poi deviato verso l’ingestione dell’acido muriatico. Una spiegazione non convincente, secondo i familiari della donna, ascoltati fino a notte fonda dai carabinieri.
La madre, disperata, il fratello Nazzareno e il fidanzato, hanno ricostruito le ultime ore di vita di Mariangela Mancini escludendo categoricamente il suicidio. Non era depressa, hanno riferito agli iquirenti, solo intristita a causa della recente morte del padre. La dinamica della spinta suicidiaria poi evoca incongruità di non lieve rilevanza. Nella boscaglia in cui è stato ritrovato il corpo, una prima ispezione non ha evidenziato la presenza della bottiglia di acido muriatico.