Avezzano. Il Tribunale di Avezzano ha accolto l’opposizione all’esecuzione presso terzi proposta dagli avvocati
Roberto e Cesidio Di Salvatore del Foro di Avezzano nell’interesse di una persona fisica consumatore,
contro Intesa San Paolo spa che aveva richiesto ed ottenuto decreto ingiuntivo di pagamento per la somma di
€98.000,00 oltre interessi di mora, quale garante (a mezzo due fideiussioni omnibus) in favore della moglie
commerciante a fronte di finanziamenti che non aveva potuto onorare per via della crisi di settore e generale.
Il Tribunale Monocratico, nella persona della dott.ssa Alessandra Contestabile, ha accolto le domande
proposte dagli avvocati Di Salvatore, e con ampia e circostanziata motivazione, ha prima sospeso
l’esecuzione promossa dalla banca e dopo revocato il d.i. su cui la procedura si fondava, scrutinando
preliminarmente le questioni pregiudiziali e poi il merito della vicenda.
Con le prime, ha ritenuto: – sussistente la qualifica di consumatore in capo all’opponente, posto che
risulta dagli atti che non ha agito nell’ambito della sua attività professionale o in base a collegamenti
qualificati con la ditta garantita e quindi pienamente applicabile nella specie la tutela consumieristica
prevista sia dal CdC e sia dalla normativa comunitaria a beneficio dei consumatori per l’appunto; –
qualificato i due contratti di garanzia in questione come mere fideiussioni e non contratti autonomi di
garanzia per i quali soltanto si potrebbe discutere sull’applicabilità o meno della normativa anti-trust
L.n.270/1990; – priva di pregio l’eccezione sollevata dalla banca opposta secondo cui la normativa anti trust
non sarebbe praticabile ai contratti fideiussori specifici quali, a suo dire, sarebbero quelli oggetto di causa,
ma solo su quelle omnibus, anche in tal caso facendo proprie le contrarie e articolate argomentazioni
illustrate dagli avv.ti Di Salvatore.
Con le seconde, ha invece rilevato: – la riproposizione nei contratti fideiussori delle clausole sulla reviviscenza, rinuncia ai termini ex art.1957 c.c. e sopravvenienza contenute nel cd. schema ABI dichiarato illegittimo dalla Banca d’Italia, all’epoca avente anche funzione di Autorità Garante tra gli operatori finanziari bancari, con provvedimento n.55 del 2.5.2005, avendo premura di precisare riguardo le due fideiussioni in esame, come una è stata sottoscritta il 4.3.2005 e quindi all’interno del perimetro temporale oggetto dell’accertamento della BDI (2003-2005), con la conseguenza che in detto caso, si deve ritenere che la produzione in giudizio del provvedimento n. 55 del 02/05/2005 costituisce idonea prova privilegiata dell’esistenza dell’intesa restrittiva della concorrenza invocata a fondamento della dedotta invalidità dell’atto negoziale; mentre l’altra è stata sottoscritta il 2.8.2011, ma l’opponente ha prodotto in giudizio, a mezzo degli avv.ti Di Salvatore, un numero considerevole di modelli fideiussori omnibus e specifici sottoscritte anche dopo l’emissione del provvedimento della BDI del 2005, contenenti sempre le tre clausole censurate.
Di guisa che è stata comunque fornita granitica prova dell’attualità, uniformità e conformità di tale prassi contrattuale anticoncorrenziale da parte di tutti gli istituti aderenti all’ABI, incluso (a buon diritto) Intesa SanPaolo, senza peraltro che sia emersa nel corso di causa, una volontà negoziale del fideiussore di ritenere essenziali, per la stipula delle garanzie, le clausole vessatorie in commento sanzionabili con la nullità.
Per gli effetti, il Tribunale ha dichiarato la nullità parziale di entrambe le fideiussioni in relazione alle clausole 2, 6 e 8, in quanto riproducenti quelle dello schema unilaterale ABI costituente l’intesa vietata e segnatamente la clausola di deroga al termine di cui all’art. 1957 c.c., e quindi la decadenza della banca, essendo a tal riguardo pacifica, perché documentalmente provata, la non tempestività dell’iniziativa da parte dell’opposta rispetto al termine previsto dal predetto articolo.
Ed invero, argomenta ancora il Tribunale, benché la messa in mora e la revoca dei rapporti intrattenuti dalla debitrice principale garantiti dal fideiussore odierno opponente, risale al 2012, risulta dagli atti che il d.i. è stato richiesto soltanto nel 2014, ovvero a distanza di due anni, mentre il pignoramento presso terzi è stato eseguito nel 2021, vale a dire dopo ben sette anni, con ciò evidenziandosi oltretutto come la banca non abbia nemmeno coltivata diligentemente l’azione giudiziale intrapresa con il d.i, entro il termine perentorio di sei mesi sancito dall’art.1957 c.c..
Sicché, in aderenza all’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ. n. 20648/) a mente del quale il termine istanza contenuto nell’art. 1957 c.c. fa riferimento ai soli mezzi di tutela giurisdizionale del diritto di credito, rimanendo estranee a tale perimetro le mere iniziative a carattere stragiudiziale, ha dichiarato la decadenza della banca ad esigere il pagamento di oltre 100.000,00 euro nei confronti del fideiussore-opponente (cfr. Cass. Civ. n. 20648/2024) e quindi revocato il d.i. opposto, condannando Intesa San Paolo SpA alla refusione in favore dell’opponente delle spese di lite liquidate in € 14,500, 00 oltre accessori di legge.
”Esprimiamo soddisfazione non solo per l’esito favorevole di una causa alquanto complessa”, hanno così commentato gli avvocati Roberto e Cesidio Di Salvatore, a margine dell’odierna sentenza , “ma anche per la sensibilità e l’attenzione posta dall’estensore dott.ssa Alessandra Contestabile in merito alle tematiche che interessano milioni di cittadini consumatori, in condivisione dell’orientamento comunitario non del tutto recepito altrove ed a cui sistematicamente cerca di opporsi il ceto bancario non sempre con l’esito sperato, e non solo come nella specie”.