Avezzano. Frodano lo stato percependo illecitamente denaro dall’Inps tramite assunzioni fittizie nella loro società in modo da chiedere l’indennità di disoccupazione per i “dipendenti”, somme che arrivavano anche fino a 13mila euro. Nei guai due amministratori della società a responsabilità limitata e sei dipendenti, secondo l’accusa “compiacenti”.
L’azienda, nel 2020 era andata fallita e per non essere scoperti, sempre secondo la tesi della procura di Avezzano, uno degli amministratori aveva fatto sparire la documentazione contabile. Sul caso sono state chiuse le indagini da parte della procura in attesa che si decida per un eventuale rinvio a giudizio.
Sotto indagine sono finite principalmente persone originarie della Campania, alcuni dei quali residenti però in Abruzzo, nella zona di Vasto. Si tratta di S.G., 67 anni, residente a Spoltore, primo amministratore della società fallita, dal 2017 al 2018, C.C, 51 anni, di Caserta, secondo amministratore, dal 2018 al 2020, accusati di bancarotta, oltre ai dipendenti: G.C, 27 anni, residente a Vasto, R.D.O., 23 anni, originaria di Napoli ma residente a Vasto, G.C., 54 anni, M.A., 24 anni, M.I, 51 anni, ed M.C., 26 anni, tutti di residenti a Vasto, accusati di truffa.
Secondo l’accusa, l’amministratore della “Basic srl”, dichiarata fallita dal tribunale di Avezzano il 14 maggio 2020, avrebbe distrutto o nascosto i libri e le altre scritture contabili, a eccezione dei registri Iva del 2018 e del bilancio d’esercizio del 2018. In tal modo avrebbe impedito la ricostruzione della situazione economica e patrimoniale della società. Nella sede non è stato rinvenuto alcun bene.
I due amministratori avrebbero indicato nelle comunicazioni trasmesse all’Inps l’assunzione e, in alcuni casi, la successiva cessazione del rapporto di lavoro mai instaurato, di sei lavoratori, tutti finiti sotto accusa.
Secondo la procura, il sistema consisteva nel presentare domande di indennità di disoccupazione in relazione a una attività lavorativa mai svolta, chiedendo che i relativi importi venissero accreditati su delle carte Postepay o conti correnti associati a Iban a loro intestati. In questo modo avrebbero indotto l’Inps a sbagliare riguardo ai requisiti per accedere alla disoccupazione. Indennizzi che arrivavano fino a 13mila euro per dipendente, per un totale di quasi 46mila euro. Soldi pagati dallo Stato per la disoccupazione di persone che non avrebbero in realtà mai lavorato.
L’inchiesta è coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica, Ugo Timpano mentre il collegio difensivo è composto dagli avvocati Emilio Amiconi, Sonia Fracassi, Luca e Pasquale Motta, Pierluigi Di Matteo, Andrea Pompei, Umberto Paris, Gianluigi Filauri.