Tagliacozzo. Sembra l’argomento del momento, ma in realtà il capannone di Tagliacozzo preso di mira questi giorni è in via Lungo Imele da anni. Il deterioramento delle tegole in amianto è abbastanza evidente anche dalle foto, ma solamente un esame ufficiale e dettagliato potrà stabilire di preciso le condizioni del tetto e le eventuali le modalità adatte per la bonifica. Nella giornata di ieri, i carabinieri di Tagliacozzo hanno effettuato un sopralluogo nello stabile in collaborazione con la Noe di Pescara, mentre gli operatori della Asl si erano presentati già a novembre, per un semplice controllo esterno (come hanno comunicato alla signorina Silvia Federici, vicina della struttura, che aveva sollevato il problema alle autorità preposte) e per l’esame più dettagliato sul tetto hanno riferito di attendere un permesso dei curatori della parte fallimentare per poter accedere nella struttura. La situazione del capannone è a cuore di molti cittadini, specie perché recentemente è stata aperta una scuola materna proprio di fronte e sono scoppiate quindi numerose polemiche. Nel contempo, la condizione burocratica dello stesso stabile è molto delicata: dal momento che una metà è in fallimento, in cura agli avvocati del tribunale e la proprietà risulti agli atti indivisa, i proprietari della restante metà non possono agire personalmente alla bonifica del tetto, senza un proprietario dell’altra parte. Tuttavia, si parla di eternit, bandito dallo Stato Italiano con la lontana legge n.257 del 12 marzo 1992, dato che le polveri del materiale deteriorato, sparse nell’aria, possono provocare un tumore alla pleura (la doppia membrana liscia che racchiude i polmoni), al pericardio (la membrana che racchiude il cuore), oppure al peritoneo (la doppia membrana che ricopre l’interno della cavità addominale). Data la potenzialità del pericolo, sembra che il sindaco, garante della salute pubblica di tutti i cittadini, nel caso di ottemperanza da parte dei proprietari, potrebbe intervenire sostituendosi temporaneamente alla parte in causa e provvedere alla bonifica. Il tutto può avvenire solo in seguito ad una notifica ufficiale degli organi preposti (in questo caso la Asl) sullo stato di deterioramento dell’amianto, ma che attende ora un’ufficiale permesso del tribunale per effettuare l’esame. Dal 2013, petizione di cittadini, i quotidiani locali e recentemente perfino il Prefetto de L’Aquila hanno sollecitato il sindaco attuale Maurizio Di Marcotesta all’intervento e finalmente nel novembre 2015, il primo cittadino ha fatto la sua mossa. Se dal 1992, sono trascorsi quasi ventiquattro anni per far sì che un’amministrazione chiamasse la Asl, quanto altro tempo ci vorrà per l’eventuale e definitiva bonifica? Raffaele Castiglione Morelli
Il sopralluogo dei carabinieri