Avezzano. Una vera e propria “fabbrica di finti matrimoni”, guidata da una donna già nota alle cronache come la “maga dei promessi sposi”, consentiva a migranti non regolari di ottenere il permesso di soggiorno: a smantellarla sono stati i carabinieri di Caserta, coordinati dalla DDA di Napoli, che hanno notificato 18 misure cautelari (5 in carcere, 11 domiciliari e 2 obblighi di dimora) tra Napoli e Caserta.
Complessivamente sono 66 gli indagati, come riporta l’Ansa campana, “e oltre 40 i matrimoni fittizi accertati tra il 2019 e il 2020, per un giro d’affari di circa 200mila euro. La banda, che aveva ramificazioni anche ad Avezzano, era capeggiata e composta soprattutto da donne: 13 quelle colpite dai provvedimenti del gip. Al vertice c’era “Zia Maria”, al secolo Matilde Macciocchi, nota anche come “a bionda”, 61enne residente nel quartiere napoletano di Ponticelli – base operativa di tutto il gruppo – finita in carcere con la factotum Antonietta Noletto e i collaboratori Gennaro Di Dato e i due marocchini Nabil El Hazmi e Hisham Metrache, incaricati di reperire gli immigrati, anche nel loro Paese d’origine. Zia Maria intascava fra 5000 e 6500 euro dagli immigrati (perlopiù marocchini e tunisini) in contanti o via Western Union.
In totale, spiega nei dettagli l’Ansa, sono state 25 le donne italiane, tra 21 e 49 anni, a essersi sposate con stranieri più o meno della stessa età; in alcuni casi è stata fatta solo promessa di matrimonio, che ha validità di 6 mesi, ma consente comunque allo straniero di avere permesso di soggiorno.
Le spose erano scelte tra ragazze spesso indigenti, come le sorelle Jessica e Francesca Riccardi Catino, 27 e 29 anni, o la 21enne Enrica Russo (per loro sono stati disposti i domiciliari) che, come le altre “spose”, hanno contratto più matrimoni, figurando anche come testimoni per altre nozze di comodo; Francesca Riccardi, che lavorava in un bar di Ponticelli, si è sposata cinque volte. Ma sono emersi anche casi di ragazze forse riluttanti a sposarsi: in una intercettazione Di Dato dice a zia Maria di “avere tutto pronto” per il finto matrimonio, e di attendere solo la “sposa”. “La sto andando a prendere” risponde la Macciocchi, spiegando di essere stata costretta ad andare a casa della ragazza, una 22enne solo indagata, per convincere la madre. Il “marchio dell’impresa criminale” gestita dalla Macciocchi è emerso non solo dalle intercettazioni, ma anche dall’analisi della documentazione per il permesso di soggiorno inviata dai migranti, in particolare, al Commissariato di Ps di Castel Volturno, comune del litorale casertano dove dimorano molte migliaia di stranieri non regolari; gli stessi agenti si sono accorti della falsità dei documenti. Alcuni stranieri infatti, si legge nell’ordinanza cautelare, “hanno indicato come consorte sempre la stessa donna” e, inoltre, “tutte le richieste sono state avanzate con kit postale presentato nella maggior parte dei casi presso l’ufficio postale di Cercola (Napoli), i prestampati sono stati compilati tutti dalla stessa mano e le residenze, spesso coincidenti, ricadono tutte a Mondragone. Almeno cinque finte spose hanno contratto più volte matrimonio con clandestini.
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