L’Aquila. Potrebbero trovarsi senza lavoro già da domani i 150 lavoratori “somministrati” impiegati nei servizi di supporto amministrativo e tecnico della Asl provinciale dell’Aquila. Per ora è arrivata solo la comunicazione delle ferie forzate, ma lo spettro della cassa integrazione è imminente. Un passaggio che, secondo i sindacati e gli stessi lavoratori, potrebbe essere solo l’anticamera del licenziamento. Un colpo durissimo, in un territorio già segnato da crisi occupazionali, che rischia di diventare un vero e proprio dramma sociale.
All’origine della situazione c’è un intreccio di problemi finanziari e decisioni politiche. La sanità abruzzese, infatti, naviga in acque agitate: il disavanzo per il 2024 è salito a 113 milioni di euro. In questo contesto già critico, è arrivato il colpo di grazia con una nota firmata il 9 maggio dal direttore del Dipartimento Salute della Regione, Emanuela Grimaldi, che ha imposto alla Asl la sospensione immediata della procedura di aggiudicazione per il rinnovo dell’appalto del servizio esterno. Il servizio, attualmente in proroga, è affidato a un raggruppamento temporaneo di imprese (Biblos, Az Solutions e Vigilantes Group) che aveva vinto la precedente gara, scaduta ormai lo scorso 15 agosto.
La brusca interruzione del percorso di rinnovo ha bloccato ogni prospettiva di continuità lavorativa per i precari coinvolti, costringendo le società appaltatrici a prepararsi al disimpegno. L’assenza di una soluzione o di una comunicazione ufficiale da parte della Regione o della Asl alimenta incertezza e rabbia tra i lavoratori, che da anni garantiscono, con professionalità e spirito di servizio, il funzionamento della macchina amministrativa sanitaria, soprattutto durante le fasi più dure della pandemia.
I sindacati hanno già espresso la loro preoccupazione per quella che definiscono una “bomba sociale pronta a esplodere”. Dura anche la critica alla politica regionale, accusata di immobilismo e silenzio.
“Da domani 150 aquilani, lavoratrici e lavoratori della ASL 1, vengono sbattuti fuori dal posto di lavoro e tutti gli eletti della destra in Abruzzo e in particolar modo quelli che provengono dalla provincia dell’Aquila, sono responsabili”, ha commentato il consigliere regionale Pierpaolo Pietrucci, “il manager Romano, messo con le spalle al muro, dopo la lettera della Grimaldi e della direzione del dipartimento Sanità a Pescara, non farà la proroga. Tutti fuori. Molti di loro sono addirittura gli ex LSU del fallimento Irti, prossimi alla pensione e sono precari in Asl da 20 anni. Madri e padri di famiglia buttati fuori dal posto di lavoro dopo aver dedicato anni e anni di lavoro per tenere a galla servizi essenziali di una ASL in un territorio che ha dovuto affrontare diversi terremoti e tante calamità naturali.
Una ASL quella dell’Aquila, Avezzano, Sulmona che sovraintende la metà del territorio regionale e che eroga servizi sanitari su 73 punti di erogazione (il doppio rispetto a Teramo e Pescara 1/3 in più rispetto a Chieti). Come si può continuare a non tenere conto di queste differenze abissali? Dove sono gli eletti che durante il Covid portavano le ferratelle e torte in corsia o di recente si facevano fotografare mentre portavano le colombe nei reparti? Dove sono quelli che usavano la retorica chiamando i dipendenti Asl “Angeli del Covid”? Dov’è il Sindaco dell’Aquila che convinceva gli aquilani che era giusto colorare di nero l’Abruzzo, il comune dell’Aquila e il governo nazionale, facendo candidare proprio la Meloni sul nostro territorio, e prometteva che sarebbe stato un vantaggio per tutti?
Una vergogna infinita.
Questa destra è una vergogna. È in atto un tentativo di demolizione della ASL 1 in previsione della scelta che dovrà fare la Regione Abruzzo dei DEA di secondo livello. Daremo battaglia in tutte le sedi senza sconti e la protesta che c’è stata sull’aumento delle tasse è soltanto l’inizio”.