Collelongo. L’infanzia l’ha passata sulle ginocchia di nonno, sul trattore, in mezzo ai suoi terreni a Collelongo. “Nonno Carmine non era solo mio nonno”, racconta oggi il nipote, “tra noi alla fine era nato anche qualcosa che assomiglia a un’amicizia”.
Francesco Cerone ha 27 anni, è di Collelongo. Gianni, il suo papà, è un agente di polizia locale del paese. Mamma Pina è un’insegnante. Da qualche giorno ha inaugurato nel suo paese di origine, in località Aia Maiocca, l’azienda agricola che porta il suo nome “Francesco Cerone”.
Francesco ha 27 anni ma le sue idee sono già ben chiare. Anzi, probabilmente lo erano già dai tempi in cui aveva sei anni e iniziò a imparare come fosse un gioco il “coltivare la terra”.
Dopo la Maturità Classica ha iniziato a studiare Agraria all’Università di Viterbo. Alla domanda se si è mai pentito di aver frequentato il Liceo Classico risponde senza alcuna esitazione: “No, non rimpiango nulla di tutto quello che ho fatto finora. Lo studio al Classico mi ha fatto capire le esigenze della terra e mi ha aperto la strada a tutto quanto arrivato dopo”.
Nella sua azienda agricola, benedetta qualche giorno fa da don Patrizio Ciccone, alla presenza di tante persone dell’affiatata comunità di Collelongo, coltiva cereali, soprattutto orso e grano e zafferano. Nella stalla che era di nonno Carmine sono tornate anche le mucche. Per il momento sono cinque. Sono di razza marchigiana e vengono nutrite solo con quanto si coltiva nei suoi campi.
La storia di questo giovane marsicano inevitabilmente riporta alla mente le scene dell’ultimo film di Riccardo Milani, che racconta dell’Abruzzo più bello, quello che resiste, orgoglioso, audace, senza paura. Nella pellicola che ha sbancato in tutti i botteghini d’Italia, si vedeva il giovane che contro anche il volere dei genitori sognava solo un piccolo trattore e il lavoro della terra.
Ed ecco che arriva Francesco, che ricorda tanto la figura del film ma che fa parte della vita reale. Quella dell’aria “buona” e pulita, lontana dallo stress delle città, fatta di mani forti e piene di voglia di lavorare. Come quelle di nonno Carmine che gli ha lasciato in eredità un mestiere che oggi più che mai guarda al futuro.
Grazie alla vera ricchezza: quella che solo l’autenticità può regalare.