Avezzano. Una lettera che parla di emergenza sanitaria legata al covid19 e di gestione del malato, destinata al presidente della Regione Marco Marsilio, all’assessore alla Sanità Nicoletta Verì e al manager della Asl Roberto Testa. È stata inviata dall’avvocato del foro di Avezzano, Guido Ponziani, che ha deciso di rendere pubblica la nota per cercare di richiamare l’attenzione sul sistema in cui si trova a vivere chi ad oggi contrae il coronavirus.
La lettera arriva dallo studio legale dei legali Regina Domenicucci e Vittorio Rinaldi ed è a firma dell’avvocato avezzanese Ponziani.
“Illustrissimi Signori”, scrive l’avvocato Ponziani, “invio la presente sperando possa offrire un contributo da parte di chi, suo malgrado, ha vissuto l’esperienza COVID-19 dall’interno del ‘meccanismo sanitario’. Vi racconto la mia esperienza, quindi, non con l’intenzione di denunciare ma con l’auspicio che l’intero sistema possa essere migliorato per andare maggiormente incontro alle esigenze del malato. Va detto che ad eccezione degli operatori sanitari (medici ed infermieri) tutto il resto è perfettibile e dire che il tempo per organizzare ed investire risorse dove era effettivamente necessario c’è stato. Contrarre il covid 19 ti fa innanzitutto paura…. passare per le mani della ASL invece ti terrorizza…. Dopo aver scoperto la positività ti metti in isolamento fiduciario e non ricevi nessuna informazione. Chiedi, domandi e ti vengono somministrate delle cure che, però, sembrerebbero adatte ad un’ipotesi più aggressiva della malattia. Scopri, quindi, che ancora non esiste un protocollo unico per le tre ipotesi della malattia (asintomatica – pauci sintomatica – sintomatica severa)”.
“Non sapendo cosa fare continui a chiedere e la confusione aumenta ed allora preghi…”, continua l’avvocato Ponziani, “ora, io credo sia indispensabile predisporre un vademecum da inviare via mail al soggetto positivo il quale deve avere un numero di telefono da chiamare e soprattutto deve sapere cosa fare e come comportarsi al di là dell’isolamento. Nel frattempo l’ottima macchina organizzativa ha predisposto una chiamata automatica che una o due volte al giorno ti telefona per sapere se hai la febbre, la tosse e se hai bisogno di un medico… Il sistema funziona talmente bene che la telefonata viene fatta anche se sei ricoverato e se il medico puoi chiamarlo suonando un campanello. Ovviamente dal secondo giorno in poi alla telefonata automatica non rispondi più. Non credo sia impossibile monitorare tutti i malati attraverso un database da aggiornare periodicamente”.
“Una volta terminata la fase della malattia (per fortuna senza conseguenze), vieni inviato a fare il tampone molecolare per conoscere l’eventuale permanenza della positività”, scrive il legale, “il giorno in cui fare il tampone è affidato al buon cuore di chi ti chiama, c’è una fase di negoziazione che si conclude nel giro di pochi minuti. Effettuato il tampone molecolare, però, torni nell’oblio. Nessuno ti dice nulla passano più di due giorni, provi a chiamare il numero verde per l’emergenza covid ma ‘tutti gli operatori sono momentaneamente occupati’. Ed il tuo tampone? Ma perché devo stare a casa dopo oltre 23 giorni se sono guarito? È indispensabile investire una buona parte delle risorse in macchinari per processare i tamponi molecolari in modo da dare risposte immediate. Il numero verde è utile se gli ‘operatori non fossero sempre occupati’. La disinformazione è talmente ad ampio spettro che non vieni nemmeno informato su come comportarti per buttare l’immondizia. Dulcis in fundo, a distanza di 96 ore non è ancora arrivata la mail con la risposta sul tampone (risposta che grazie all’amico dell’amico dell’amico…, riesci ad ottenere di straforo). Non è normale che accada tutto questo. Un soggetto ormai negativo DEVE conoscere la sua negatività entro 12 ore perché ogni ora in più che viene costretto a stare a casa è una limitazione della libertà personale e non è giusto. Basti pensare che lo Stato risarcisce le persone per l’ingiusta detenzione. Si potrebbe pensare ad un analogo risarcimento per la lentezza delle risposte Asl. Sì, perché il problema è solo della Asl in quanto se ci si reca nei centri privati (a pagamento dai 60 ai 120 euro) la risposta arriva entro 12 ore al massimo. Evidentemente qualcosa nel pubblico non funziona a dovere”.
“In sintesi”, conclude Ponziani, “ad un anno dall’inizio della pandemia non è ancora stato creato un protocollo unico per tutte le Asl e di facile consultazione per l’utente (poche risposte ma chiare ed univoche), non è stato creato un sistema per processare in modo rapido i tamponi (i tempi per una risposta non devono superare le 12 ore) non viene data alcuna informazione su come comportarsi durante e dopo la malattia (se in casa ci sono soggetti tornati negativi ed altri ancora positivi che fare?). Insomma chi doveva organizzare ha certamente sbagliato ma c’è ancora tempo per rimediare a condizione che venga fatto subito perché il malato deve stare al primo posto nei pensieri di tutti. Medici ed infermieri tutti, invece, meritano un plauso perché vivono questa situazione con una carica umana ‘aumentata’ che li rende certamente meritevoli di ogni bene. Con stretto ossequio”.