Avezzano. “L’infinita telenovela del CRAB non sembra avere prospettive di soluzione”. Questa la posizione di Fabrizio Lobene, presidente di Confagricoltura, sulla vicenda del Crab. “La politica politicante è responsabile dello sfascio, ha sempre considerato i centri di ricerca regionali degli strapuntini per soddisfare appetiti e promesse elettorali”, ha continuato, “i dipendenti che, giustamente, protestano per il loro futuro non appaiono in grado di fare delle proposte se non quelle di rivendicare la conservazione del posto di lavoro ed il pagamento degli stipendi attraverso le casse regionali. In questa desolante situazione Confagricoltura L’Aquila prova a dare una via di uscita a questo scontro inconcludente. Non siamo del tutto convinti, come dicono autorevoli politici e commentatori locali, che il CRAB sia necessario o addirittura indispensabile a risolvere e rilanciare l’agricoltura del Fucino. I motivi di questo scetticismo risiedono nel fatto che gli agricoltori del Fucino, a parte alcune rare eccezioni cui il CRAB è intervenuto negli ultimi tempi, non se ne servono, anche se poi spendono centinaia di migliaia di euro per assistenze specialistiche e analisi richieste a università, laboratori esterni e tecnici privati anche fuori regione. Il personale del CRAB in questa lunga vertenza non ha lesinato, e diciamo giustamente, critiche molto pesanti, nei confronti delle varie governance nominate con il metodo spartitorio dalla politica. Presidenti e Consigli di amministrazione sono stati incapaci a cercare commesse, predisporre piani industriali economicamente sostenibili, sganciare il Centro dalla logica della esclusiva o prevalente commessa pubblica o privata ma sempre con il cofinanziamento pubblico. Ed allora cosa proporre? I dipendenti, se ritengono che i laboratori, le strutture tecniche, produttive e tecnologiche del Centro di Via Pertini siano ancora all’avanguardia per continuare a svolgere un lavoro di ricerca applicata di qualità perché non chiedono alla Regione di affidare gratuitamente tutto il complesso industriale ad una cooperativa di lavoro da loro stessi costituita? Se gli stessi dipendenti non si ritengono sufficientemente pronti per gestire la struttura scelgano loro stessi un manager in grado di farlo per lo meno non avranno più motivo di prendersela con la politica che nomina incompetenti e litigiosi amministratori. Si mettano alla prova, inizino ad operare con criterio privatistico, dimostrino concretamente tutte le loro qualità e, sicuramente, otterranno commesse non solo dal mondo agricolo del Fucino ma saranno appetibili anche alle imprese dell’industria agroalimentare e agrochimica anche fuori regione. Credere alle chiacchiere dei politici su un intervento privato si sta rilevando una pura illusione. L’ultimo dei pensieri per un privato è quello di farsi carico di un centro di ricerca parapubblico con tutto il suo personale. Ci sono alcune positive esperienze nel Fucino ed in Abruzzo in cui, sui disastri della politica, sono state costruite realtà cooperative di agricoltori che rimboccandosi le mani hanno trasformato stabilimenti decotti in strutture al servizio del territorio, profittevoli per i soci e per l’economia complessiva pur conservando alla proprietà regionale i siti produttivi. Confagricoltura ritiene questa proposta, allo stato, l’unica praticabile, guardare alla soluzione Abruzzo Engineering è sempre lecito si sappia però, che subito dopo dovrà scattare la soluzione per il personale dell’ARA e quella di qualche Consorzio di Bonifica e così via. Tutto è possibile, la politica fa digerire ai cittadini bocconi indigesti, ma ci chiediamo se per chi svolge attività di ricerca sia più importante il posto fisso o lavorare con dignità e libertà di espressione, partecipare ed essere artefici concretamente dello sviluppo dell’economia abruzzese? Confagricoltura L’Aquila è disposta fin da ora a rivedere i propri giudizi e sostenere una iniziativa in tal senso e diventare la maggiore difenditrice di un CRAB che funziona e rende servizi avanzati al mondo agricolo. Resteremo del tutto indifferenti alle soluzioni pasticciate finalizzate esclusivamente alla salvaguardia del posto pubblico, perché troppo abituati, e le cronache di questi giorni ce lo ricordano, alla chiusura di aziende private che lasciano i dipendenti senza lavoro ma soprattutto senza prospettive”.