Avezzano. Interruzioni volontarie di gravidanza, fatto mai accaduto prima, anche da parte di coppie marocchine, l’etnia straniera più prolifica nella contabilità complessiva delle nascite all’ospedale di Avezzano. Lo scorso anno, al reparto di ostetricia, 6 donne provenienti dal paese nordafricano hanno detto stop alla gravidanza. Una goccia che si perde nelle 250 interruzioni volontarie praticate nel 2016 ad Avezzano ma che certifica un’inversione di marcia rispetto alla grande prolificità degli anni precedenti da parte degli immigrati. Il trend generalizzato del calo delle nascite (in Italia lo scorso anno sono nati 50.000 bimbi in meno rispetto al 2015) all’ospedale di Avezzano ha interessato ovviamente anche le coppie marsicane.
Tuttavia, rispetto a molte altre realtà ospedaliere d’Abruzzo e della Penisola, il reparto di ostetricia di Avezzano ha mantenuto ampiamente la cifra a 4 numeri, attestandosi sui 1.080 parti, con una flessione di circa 80 bebè rispetto al 2015. Sulla scacchiera delle etnie ce n’è una che, sempre nel 2016, in base ai dati del reparto, ha raddoppiato la propria capacità procreativa: è la cinese, passata da 10 a 21 parti. I vagiti del Dragone salgono sempre più di numero in seguito alla massiccia, crescente presenza della comunità orientale ad Avezzano e Marsica. A dispetto del regresso delle nascite, l’ostetricia di Avezzano mantiene pressoché intatte le voci di mobilità attiva in aree contigue del Lazio, come Rieti e Frusinate che continuano a dare fiducia alla professionalità di un reparto che in Abruzzo vanta performance che fanno la differenza nella valutazione. Spicca, in particolare, il dato sulla ridotta percentuale di parti cesarei, attestati al 29% (contro il 35% della media nazionale), riferimento che il Ministero della Salute prende in considerazione per valutare la qualità dei punti nascite in Italia: più il dato è basso, più un reparto viene giudicato efficiente. Avezzano è nettamente al di sotto della soglia nazionale e l’anno precedente era persino riuscito a fare meglio. Altra novità, nel confronto 2015-2016, il raddoppio dei parti gemellari, passati da 6 a 15.
“Questo aumento”, dichiara il direttore di ostetricia, Giuseppe Ruggeri, “è dovuto al ricorso sempre più diffuso alla procreazione assistita perché le donne fanno il primo figlio a un’età sempre più avanzata e ciò rende meno agevole il concepimento naturale. Basti pensare che in Italia, la media anagrafica delle donne che fanno il primo figlio è passata dai 26 anni del 1975 agli oltre 33 attuali. Crisi economica e incertezza del futuro sono sicuramente i fattori che frenano la libera espressione del desiderio di maternità”.