Avezzano. Non può essere condannato a pagare la multa prevista dalla legge il migrante irregolare che non ha rispettato l’ordine di espulsione e dice di non avere soldi per comprare il biglietto aereo per il proprio Paese: non sta a lui l’onere di provare di non possedere nulla, ma è il giudice che deve motivare se si tratta di un giustificato motivo o meno. Lo precisa la Cassazione che ha annullato con rinvio la condanna al pagamento di una grossa multa ad un trentenne, originario del Marocco, spiegando che il giudice di pace ha applicato erroneamente la norme sull’onere probatorio.
La legge prevede in caso di inottemperanza del decreto di espulsione da parte del questore una multa fino a 20mila euro, “salvo che non sussista giustificato motivo”. E in questo caso l’imputato, difeso dagli avvocati Luca e Pasquale Motta, e per il quale era stata disposta l’espulsione senza accompagnamento alla frontiera, aveva giustificato la mancata esecuzione dell’ordine con “lo stato di indigenza”, che gli avrebbe impedito di acquistare il biglietto aereo per ritornare volontariamente in Marocco.
La Cassazione aveva già annullato una prima volta la condanna al pagamento di una multa da 15mila euro, da parte del giudice di pace di Avezzano, rinviando a nuovo giudizio. E il giudice ha di nuovo condannato l’imputato perché “non ha fornito alcuna prova comprovante l’esistenza del giustificato motivo che avrebbe impedito di adempiere all’ordine di espulsione”. Una spiegazione che nuovamente non è stata accettata dalla Cassazione.
“Non è previsto un onere probatorio a carico dell’imputato”, ricordano i supremi giudici, ma vi è solo un “onere di allegazione in virtù del quale l’imputato è tenuto a fornire all’ufficio le indicazione e gli elementi necessari all’accertamento di fatti e circostanze ignoti che siano idonei, ove riscontrati, a volgere il giudizio a suo favore”. In questo caso, ha allegato lo stato di indigenza, “sicché illegittimamente l’affermazione di responsabilità è stata sostenuta dal prospettato mancato assolvimento dell’onere della prova da parte del ricorrente”. Il caso, che va avanti dal 2016, dovrà dunque essere affrontato per la terza volta dal giudice di pace.