Avezzano. Architetti studiano le opere dedicate a San Pio da Pietralcina e scoprono che sono state realizzate da uno gruppo di abruzzesi. Un filo rosso unisce l’Abruzzo e la Puglia nel segno di Padre Pio. A tracciarlo sono stati negli anni ’50 degli ingegneri e architetti che contribuirono alla creazione dell’ospedale dedicato al santo e a riscoprirlo è stato un team di architetti, del quale fa parte anche l’avezzanese Valeria Di Toro. Da mesi la squadra di professionisti formata da Dario Zingarelli, Gaetano Lombardi, Di Toro, Gaetano Centra, Rossana Straccialini, Angelica Ruberto, Antonella Pia Racano, Paolo Agostinone, Pierfrancesco Giammarco, Pietro Notarangelo, Silvana Corvino, Giampiero Bisceglia, Gino Lozzi, Pasquale Mastrobuono, Saverio Longo, lo studioso Vincenzo Colozza di Bojano, ha focalizzato la propria attenzione sul nucleo edilizio originario dell’ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza”, e sulla storia e i protagonisti che più si prodigarono per la realizzazione dell’opera ospedaliera. Da lì, poi, gli architetti hanno iniziato ad approfondire anche la storia della chiesa di Santa Maria delle Grazie, la cui costruzione iniziò nel 1952 con i lavori di scavo della cripta. La costruzione dell’intera chiesa sovrastante iniziò il 2 luglio 1956, con la cerimonia per la posa della prima pietra alla quale partecipò anche Padre Pio.
Queste opere architettoniche, mai catalogate fino a ora costituiscono l’oggetto dell’intera ricerca dal titolo “Le opere di architettura realizzate da Padre Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo”. Nella squadra di lavoro di questi importanti cantieri c’erano Gaetano Candelori di Casoli d’Atri, nella provincia di Teramo, primo direttore dei lavori per la costruzione dell’ospedale a San Giovanni Rotondo, Angelo Lupi di Castel Frentano, in provincia, di Chieti, l’ingegnoso e burrascoso “autodidatta” tuttofare, Attilio Vianale di Lama dei Peligni, in provincia di Chieti, secondo direttore dei lavori per la costruzione dell’ospedale, e poi ancora Tommaso Pomanti di Torricella Sicura, in provincia di Teramo. Il terzo e ultimo direttore dei lavori fu proprio Giannangeli che, trasferitosi a San Giovanni Rotondo per seguire giornalmente il cantiere riuscì a chiuderlo nel 1956. Fu proprio lui, poi, a dirigere i lavori per la costruzione dell’acquedotto del Monte Salviano, utilizzando il finanziamento della Cassa del Mezzogiorno.
“Il lavoro di tutto il team ci permette oggi di riscoprire per la prima volta una storia straordinaria”, ha commentato la Di Toro, “Giannangeli non ha mai cercato notorietà e il suo lavoro, svolto sempre in punta di piedi negli anni della “Ricostruzione” e del boom economico è significativo per far riemergere un legame profondo tra l’Abruzzo, Vittorito e San Giovanni Rotondo”. Il team di architetti vuole sensibilizzare i vittoritesi e l’amministrazione comunale a valorizzare la memoria storica di un loro concittadino rimasto finora sconosciuto collaborando alla loro ricerca.