Avezzano. Se fino a poche settimane fa le schermaglie politiche ma soprattutto dialettiche tra gli esponenti del centrodestra erano state, salvo rari casi, relativamente soporifere, da alcuni giorni a questa parte i toni, invece, si sono notevolmente alzati. E di conseguenza il botta e risposta tra le parti, con annesse polemiche a tenere banco tra gli argomenti maggiormente di tendenza. Tra la Lega e Forza Italia, infatti, è ormai scontro quotidiano. Neanche più tanto nascosto, neanche più tanto fraintendibile.
Lo scambio di vedute, chiamiamole così, tra Tiziano Genovesi ed Anna Maria Taccone, entrambi candidati sindaci, il primo con la Lega a guida della coalizione di centrodestra, la seconda con quattro liste al seguito di cui tre civiche e una dei forzisti, è entrato nel vivo e ogni giorno si alimenta di nuovi dettagli e sfumature. A fare da eco alle parole di Genovesi che auspicava – e auspica – le dimissioni della Taccone da presidente dell’Aciam, è stato Luigi D’Eramo, coordinatore regionale del Carroccio, che non ha usato giri di parole per definire la candidata sindaca come figura al servizio dell’ex sindaco Gabriele De Angelis.
“Taccone dice che De Angelis è il passato e che lei non lo rappresenta? Beh, non si può affermare che lei non sia sua espressione. Non l’abbiamo mai vista nei tavoli e nelle trattative, ma al posto suo si è sempre presentato l’ex sindaco di Avezzano. Non è sincera e farebbe bene, invece, ad esserlo. Deve dire che qualora dovesse vincere le elezioni proseguirebbe il lavoro svolto da De Angelis”, ha dichiarato D’Eramo in occasione della conferenza stampa di presentazione della lista leghista su Avezzano.
Immediata e inequivocabile la replica di Crescenzo Presutti, ex assessore all’ambiente, tirato in ballo dal candidato sindaco leghista come colui che, assieme all’ex primo cittadino di Avezzano, sarebbe quello che muove i fili della strategia politica della Taccone.
“Il povero Genovesi dimostra ancora una volta di non avere alcuna qualità per rivestire la carica di primo cittadino, confermando di essere solo il candidato imposto dai ventriloqui aquilani. Per tentare di superare la sua manifesta inadeguatezza ricorre, sia pur inconsapevolmente, ad un vecchio stratagemma che Schopenhauer suggeriva nel trattatello “L’arte di ottenere ragione“: quando ci si accorge che l’avversario è superiore si diventi offensivi, oltraggiosi, violenti. Si passi dall’oggetto della contesa agli attacchi alla persona stessa del contendente. Questo stratagemma è molto popolare e lo usano istintivamente coloro che non sono all’altezza di sostenere altrimenti le loro tesi. Per cui può capitare, come nel mio caso, di doverlo subire. Per proteggersi non c’è che un mezzo: non discutere con tutti”, ha così scritto Presutti.
Uno scontro che, però, non tiene conto di due fattori. Il primo è quello che sancisce in maniera inequivocabile la rottura della coalizione che una volta era rappresentata dai tre partiti: Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. Tra i primi due vi è il gelo totale. Il secondo fattore è rappresentato proprio dai melonani che, nel gioco delle parti, si trovano tra l’incudine e il martello, nel silenzio dell’Udc e di Cambiamo il Futuro. Da un lato vi è l’inequivocabile volontà di non alimentare le polemiche e di non aizzare i toni, dall’altro la necessità di cercare, nei limiti del possibile, di preservare gli equilibri. Gli stessi che, ad ora, sembrano essere compromessi.
La rottura era definitiva già da prima, fin dal momento in cui era chiaro a tutti che Forza Italia non si sarebbe più seduta al tavolo delle trattative dopo la fuga in avanti della Lega. E se infuriano le polemiche, non si può che prendere atto del fatto che a far discutere non sono i programmi pre e post elettorali da condividere con i cittadini, o le migliori idee da presentare a essi, ma le solite diatribe e i soliti scontri personali e personalistici. Ancora una volta.