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Alla scoperta dei fari che guidavano i pescatori del lago Fucino

Francesco Proia di Francesco Proia
5 Agosto 2015
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IMAG1133Trasacco. Il lago Fucino, con i suoi 150 km quadrati, era il terzo lago più grande d’Italia. Più estesi del nostro c’erano solo il lago di Garda e il Maggiore. L’attività più diffusa prima del prosciugamento era la pesca che, seppur praticata con metodi poco avanzati, dava da mangiare agli abitanti dei paesi rivieraschi.

Ogni notte il pescatore del Fucino doveva svegliarsi, preparare la barca e uscire sulle acque di quello che Strabone, padre dei geografi moderni, amava definire “un mare trasportato tra i monti”. Essendo però il lago così grande, e con i contorni pieni d’insenature irregolari, i pescatori si perdevano facilmente durante la navigazione, fu così che decisero di edificare lungo il perimetro del lago numerosi fari che, brillando per tutta la notte, aiutassero i pescatori a tornare a riva dopo le notti di pesca più buie.

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Alcune di queste costruzioni, di cui pochi conoscono l’esistenza e che molti erroneamente scambiano per vecchi casolari diroccati, sono ancora in piedi. Uno di quelli conservati meglio si trova poco prima di entrare a Trasacco, all’incrocio tra la via Circonfucense e via Pecorale. Una caratteristica costruzione circolare fatta in pietra risalente al XVIII secolo d.C., ma è anche quello che, come purtroppo spesso succede, versa in uno stato di totale degrado. Non è segnalato in alcun modo e anni d’incuria hanno permesso che tutt’attorno vi crescessero dei cespugli e all’interno addirittura un albero.

Mi auguro che il comune di Trasacco si adoperi tempestivamente per valorizzare l’ennesimo reperto di una terra che non finirà mai di stupirci. Nel bene e nel male.

Francesco Proia
Autore del romanzo “Polvere di Lago”
(Per la consulenza si ringrazia il Professor Giuseppe Grossi)

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