Avezzano. Da testimone sincera a bersaglio di odio e minacce. È la parabola di una studentessa dell’Istituto Comprensivo 2 “Corradini-Pomilio” di Avezzano, finita al centro di una vicenda dai contorni sempre più gravi, dopo aver semplicemente detto la verità durante l’esame di terza media.
Tutto è iniziato con una domanda rivolta dalla professoressa durante la consegna degli elaborati scritti: “Ma questa traccia non l’abbiamo già fatta?” La ragazza, con semplicità e senza malizia, ha risposto: “Sì, professoressa.” Parole che hanno portato all’annullamento dell’intera prova d’italiano per 120 studenti, con una nuova convocazione per rifare il compito. Ma per lei, la vicenda si è trasformata in un incubo personale.
Secondo quanto ricostruito dall’avvocato Silvia Tiburzi, che la assiste, da quel momento la ragazza è stata presa di mira da una parte dei suoi coetanei. Prima nelle chat di classe, poi sui social, il suo nome ha cominciato a circolare come “la colpevole”, con commenti violenti, insulti, vere e proprie minacce. Si parlava apertamente di “farle pagare tutto” , una vera e propria “spedizione punitiva”. In un clima che ha assunto toni da caccia alla strega.
“Abbiamo letto messaggi di una gravità inaudita”, dichiara l’avvocato Tiburzi, intervistata anche da Mediaset, “nei quali si incitava a colpirla fisicamente o isolarla socialmente, per aver risposto onestamente a una semplice domanda di una docente. Il suo comportamento è stato frainteso e tradotto in tradimento. Siamo davanti a una dinamica che si configura chiaramente come bullismo.”
La studentessa, per paura, il giorno successivo si è fatta scortare a scuola da un compagno più coscienzioso Sui social, in particolare su TikTok, è stata bersagliata in diversi video offensivi, nei quali veniva derisa per “non aver colto la scorciatoia” o per “non essere stata furba”. Una narrazione tossica, che promuove l’idea che aggirare le regole sia più furbo che rispettarle.
“Oggi denunciamo tutto questo”, afferma l’avvocato Tiburzi, “con una querela per minacce già presentata. Questa ragazza ha condiviso anni di scuola con i suoi compagni, con cui ha trascorso più tempo che in famiglia, e si è ritrovata improvvisamente esclusa, accusata, attaccata. Il prezzo che sta pagando per la sua correttezza è inaccettabile.”
“Le responsabilità sono da valutare attentamente: i ragazzi sotto i 14 anni non sono imputabili, ma dai 14 sì, ci tengo a sottolineare però che oltre al profilo giuridico, c’è una profonda questione culturale ed educativa” prosegue l’avvocato.
“Non è accettabile che l’onestà venga dipinta come una colpa, conclude l’avvocato, e che i ragazzi di 13-14 anni crescano con l’idea che la scorciatoia valga più del merito. Serve un’azione educativa forte, immediata, da parte della scuola, delle famiglie, delle istituzioni.”
Nel frattempo, la dirigente scolastica Irene Bracone ha annunciato un’indagine interna per accertare eventuali irregolarità nella somministrazione della prova scritta. Ma ciò che resta è l’immagine di una giovane ragazza che, nel momento in cui ha scelto di essere onesta, si è ritrovata sola. In un’aula che avrebbe dovuto proteggerla.
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