Avezzano. È di nuovo stallo totale al terminal bus di Piazzale Kennedy. Dopo una breve e illusoria ripartenza, i lavori si sono nuovamente fermati da oltre una settimana, alimentando frustrazione e indignazione tra i cittadini e i pendolari. Lo scenario, ormai noto, si ripresenta con inquietante puntualità: transenne, mezzi fermi e nessun operaio all’opera.
La vicenda ha ormai assunto i contorni di un paradosso. A distanza di quasi tre anni dalla stipula dell’accordo per la riqualificazione del nodo centrale del trasporto urbano avezzanese, l’intervento resta impantanato. L’amministrazione comunale, che da tempo denuncia ritardi e inadempienze, aveva accolto con cauta fiducia la ripresa dei lavori registrata poche settimane fa. Ma quella che sembrava una svolta si è rivelata solo un fuoco di paglia.
Il nuovo stop ha riportato la situazione a un punto morto. Un punto che pesa enormemente sulla mobilità cittadina: il mancato completamento del terminal ha costretto il Comune a mantenere una viabilità provvisoria, con disagi quotidiani per autobus, automobilisti e pedoni. Il tutto in un’area che doveva diventare un modello di efficienza e che invece oggi è simbolo di inefficienza e abbandono.
La società Tua, responsabile dell’intervento, aveva ricevuto già in passato due diffide ufficiali dall’amministrazione comunale, e più recentemente era stata oggetto di un ulteriore richiamo formale. Tuttavia, a fronte di queste sollecitazioni, i segnali di reazione restano insufficienti. Se non si assisterà in tempi brevissimi a un cambio di passo concreto, il rischio – già paventato nei mesi scorsi – è che i tempi si allunghino ulteriormente, aggravando i disagi e danneggiando l’immagine della città.
Da Palazzo di Città, intanto, filtra irritazione. L’amministrazione è intenzionata a non restare più alla finestra e valuta misure incisive per sbloccare una vicenda che si trascina da troppo tempo, sacrificando l’interesse della collettività. La pazienza della cittadinanza, già messa a dura prova, sembra essere giunta al limite. E ora, più che promesse o annunci, si chiedono risposte tangibili.