Avezzano. “È dal dicembre 2022 che la ASL1 Avezzano Sulmona L’Aquila – una platea di circa 3.900 persone- lascia i dipendenti che ne hanno diritto senza buoni pasto con notevole ricaduta negativa sui bilanci famigliari.
In questo particolare momento storico ci troviamo ad affrontare un aumento generalizzato ed esponenziale dei beni di prima necessità e il diritto al buono pasto oltre a garantire il giusto ristoro al prestatore di lavoro assicurerebbe, soprattutto alle famiglie monoreddito, un sostegno concreto e tangibile.
Invece riscontriamo sul tema un’inspiegabile insensibilità e sordità aziendale.” Lo affermano il Segretario generale Provinciale FIALS Simone Tempesta e il Coordinatore Sanità Salvatore Placidi.
“Nel corso di questo lungo anno, nell’ambito degli incontri aziendali, abbiamo puntualmente sollevato la problematica a tutela dei diritti di tutti i lavoratori e in tali sedi siamo sempre stati rassicurati al punto che, di volta in volta, ci sembrava essere ad un passo dalla soluzione.
La verità che invece oggi emerge è che la stragrande maggioranza degli operatori della ASL, pur avendone diritto, non ha ricevuto né il buono pasto e neanche la scheda necessaria per poterne usufruire.
Ed ancora più inverosimilmente è stata sospesa l’erogazione anche a chi ne aveva sempre fruito senza alcun genere di motivo.
L’Azienda, incurante di eventuali contenziosi che certamente scaturiranno ha diramato una circolare il 7 novembre u.s. (a distanza di un anno dall’ultima corresponsione dei buoni) in modo unilaterale senza tener conto delle istanze delle organizzazioni sindacali e di quanto stabilito dalle sentenze della suprema corte di cassazione, e con la quale, però, comunica che la procedura è stata “attivata a titolo di test” e rimanda la distribuzione dei buoni spettanti a futuro “specifico avviso a cura dell’UOC Acquisizione Beni e Servizi ed anziché apportare elementi di risoluzione del problema, continua a far emergere innumerevoli criticità tra cui quella dell’obbligo per il personale, ai fini della maturazione del buono pasto, di una prestazione lavorativa aggiuntiva di 30 minuti oltre il normale turno di lavoro pari a 7 o più ore.
Posizione, questa, insensata e sconvolgente.
La dirigenza della ASL deve dare seguito alle sentenze applicandole e non interpretandole in pejus.
Le sentenze, stabiliscono, semplificando il concetto, che, qualora la prestazione lavorativa ecceda le 6 ore e la stessa non possa essere interrotta per l’effettuazione della prevista pausa, nel caso in cui la mensa aziendale non sia fruibile, i lavoratori hanno diritto al buono pasto.
Viceversa, il personale che presta servizio oltre l’orario contrattualmente previsto, svolge lavoro straordinario che, come tale, va retribuito.
Va precisato che dalla pubblicazione della prima sentenza della Suprema Corte di Cassazione, i rappresentanti dei lavoratori si sono fatti parte diligente cercando di trovare una soluzione bonaria alla questione ma, si è assistito soltanto ad innumerevoli rinvii ed all’emanazione di circolari di contenuto non condiviso e non condivisibile oltre che in palese contrasto con la costante giurisprudenza.
Ora, pur consapevoli del notevole impatto che questo avrà sul bilancio della asl, non resta altro che prendere atto del comportamento della direzione aziendale e procedere ai ricorsi giudiziali in quanto i diritti dei lavoratori, ancora una volta vengono scavalcati da questa azienda, nonostante le enormi difficoltà che ogni giorno si trovano ad affrontare per portare avanti l’attività lavorativa”, concludono.