Avezzano. È stato abbandonato in un luogo pericoloso che ne ha causato la morte. Queste le accuse mosse nei confronti di due giovani di San Benedetto per la morte di Collinzio D’Orazio, il 51enne trovato senza vita nel fiume Giovenco.
All’udienza di ieri mattina, davanti al giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Avezzano, Daria Lombardi, c’era anche mamma Teresa Di Nicola che più volte è intervenuta pubblicamente per chiedere giustizia e tempi certi per il processo. Insieme al figlio Ghery D’Orazio, fratello minore di Collinzio, si è costituita parte civile.
La prossima udienza è stata fissata al 28 marzo quando saranno affidate a un perito le trascrizioni delle intercettazioni, dopodiché il giudice potrà pronunciarsi sulla decisione del rinvio a giudizio dei due imputati.
Sotto accusa i due giovani di San Benedetto, Fabio Sante Mostacci, 30 anni, e Mirko Caniglia, 29, che quel 2 febbraio del 2019, dopo aver trovato D’Orazio nella piazza del paese steso a terra e averlo fatto salire in macchina, anziché riaccompagnarlo a casa, o comunque in un altro luogo sicuro, lo avrebbero abbandonato in evidente stato confusionale, anche a causa dei problemi psichici e dell’evidente stato di ebbrezza, sotto la pioggia e alle basse temperature notturne, in una situazione di oggettivo pericolo. Secondo l’accusa, rappresentata dal pubblico ministero Maurizio Maria Cerrato, lo avrebbero lasciato in un luogo pericoloso e più in particolare “in un terreno isolato, fuori dal centro abitato, attraversato da un reticolo di strade pericolose per un percorso pedonale e dal fiume Giovenco”.
Secondo la tesi accusatoria, i due giovani avrebbero continuato anche nei giorni successivi al presunto abbandono a non dire nulla e non fornire neppure dati utili per il rinvenimento della vittima che veniva cercato ovunque da volontari e da una task forze di vigili del fuoco, carabinieri e polizia. Anzi, secondo la procura, avrebbero addirittura tentato di depistare le indagini.
Nella seconda fase delle indagini l’accusa era diventata quella di omicidio volontario. Ora il capo d’accusa è tornato quello originario. Oltre che del reato di abbandono di incapace devono rispondere anche dell’aggravante di aver causato, con il loro gesto, la conseguente la morte del loro compaesano. Gli accusati rischiano fino a 8 anni di reclusione.
Nel corso dell’udienza il giudice Lombardi ha accolto la richiesta di trascrizione delle intercettazioni presentata dai legali degli imputati. Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Mario Flammini, Franco Colucci e Antonio Milo, i primi difensori di Mostacci, il terzo di Caniglia. Le parti civili, e cioè la mamma e il fratello della vittima, sono difesi dall’avvocato Stefano Mario Guanciale.