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Il serpente gigante di Angizia: tra testimonianze e credenze popolari, una leggenda che si perde nella notte dei tempi

Francesco Proia di Francesco Proia
26 Ottobre 2021
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Luco dei Marsi. In paese si tramanda l’antica leggenda di un gigantesco serpente, che più di qualcuno avrebbe avvistato tra la chiesa di Santa Maria, costruita dove un tempo c’era la zona del tempio dedicato alla Dea Angizia, e il cimitero del paese.

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Le apparizioni di questo enorme rettile sono particolarmente rare ed avvengono, secondo le testimonianze, ogni cinque/dieci anni circa. Diverse le tesi sulla presenza del serpente in quel punto, quasi tutte fondate su credenze popolari. Qualcuno sostiene che il rettile fosse diventato così grande cibandosi di cadaveri nella zona del cimitero, che prima della recinzione avvenuta nel 1894, era il posto dove venivano tumulate tutte le salme del paese. Un’altra ipotesi, che affonda le radici in molti miti e credenze simili, vuole il serpente come guardiano del “tesoro della Dea”. La “camera del tesoro”, così veniva chiamata anche nella pianta della città di Angizia disegnata da Francesco Ferrante e presente nel volume “Monumenti sabini” di Giuseppe Antonio Guattani, del 1830, era un’enorme camera tagliata nel vivo del monte, dove venivano stipati tutti gli ex voto, i donativi e le monete offerte alla Dea.

(nella pianta qui sopra la camera del tesoro è indicata con la lettera F, proprio nel punto in cui sorge il cimitero di Luco dei Marsi)

Tra le testimonianze più importanti c’è quella di Don Nicola Ansini, ex parroco di Luco dei Marsi, a cui un giorno di luglio tra il 1930 e il 1935 il suo anziano sacrestano raccontò di aver visto nei pressi della chiesa “un grosso trave” ostruirgli per intero la strada. Quando il sacrestano si avvicinò per spostarlo, il trave si dileguò in un istante, facendogli capire che in realtà era un enorme serpente. Don Nicola, recandosi sul posto, trovò una traccia tortuosa larga circa trenta centimetri, che l’animale aveva lasciato sulla strada polverosa. Un’altra testimonianza, molto simile a quella dell’ex parroco, la rilasciò un autista della corriera Avezzano-Luco, costretto a frenare all’improvviso per non investire un “grosso trave” che ostruiva la carreggiata, sempre nei pressi del cimitero di Luco dei Marsi. Gli avvistamenti di questo enorme rettile si sono susseguiti con regolarità, ogni 5/10 anni, sempre da persone che frequentavano la stessa zona, come ex guardiani del cimitero o addetti delle pompe funebri. E i testimoni, seppure a distanza di anni tra un avvistamento e l’altro, riportano più o meno tutti le stesse caratteristiche: il serpente misurava una lunghezza tra i 7 e i 10 metri, con una testa gigantesca e due occhi grandi e lucenti come pietre preziose.

Angizia e i serpenti, un binomio che sulla sponda luchese del Fucino affonda le sue radici nella notte dei tempi. Nell’antichità si diceva che Angizia “con la sua magia fosse capace di far scendere la luna dal cielo e le sue irresistibili nenie fermassero i fiumi e incantassero i serpenti placandone l’ira”. E sempre la dea Angizia salvò l’antica città di Anxa da un’apocalittica invasione di rettili, così numerosi e aggressivi che gli abitanti dovettero lasciare per svariate settimane le loro abitazioni. Ma forse il passo che più lega un serpente di grandi dimensioni alla dea Angizia lo troviamo nel poema drammatico Alessandra di Licofrone, risalente al terzo secolo a.C., in cui per far riferimento ad un ipotetico fiume di acqua purissima che attraversava il lago del Fucino senza mischiarsi con le sue acque, questo viene indicato in greco come ‘Python’, ossia pitone.

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